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La paura del Pdl

Era senza anima quell’inno d’Italia, cantato davanti al tribunale, era senza anima perche non c’era calore, non c’era rabbia, ma solo tanta sofferenza e tanta paura. L’emarginazione politica e mediatica del PDL messo all’angolo dallo scontro Bersani/Grillo, e il rischio di perdere il capo, sottratto alla politica da qualche provvedimento giudiziario, rendono la situazione insostenibile piena di ansie e di incertezze per il futuro che non conciliano il sonno.

Le notti bianche diventano sempre più frequenti, senza il protagonismo del capo e le prime pagine di giornali e tv, senza ribalta, si perdono i voti, e con essi anche i posti di deputati e senatori.

Erano cupi e tristi quei volti, mentre entravano in tribunale. Il mestiere della politica è duro, e spesso capita che esso sia posto a rischio da qualche complotto delle toghe rosse e dalla perdita della ribalta televisiva. E allora bisogna uscire dall’angolo, riconquistare l’attenzione dei media e se c’è da protestare si protesta, con i vestiti griffati, con gioielli e brillanti, ma si protesta, costi quel che costi a chi non è abituato a questo duro esercizio, che è roba da poveri.

Era piena di sofferenza e di rabbia quella minaccia di scatenare la piazza evocata da Berlusconi. La manifestazione dei parlamentari non aveva avuto l’effetto sperato, era stato un boomerang. La ribalta televisiva non era stata riconquistata, e i giudizi negativi si erano moltiplicati fino all'insulto di Lucia Annunziata, un vero e proprio schiaffo in faccia al povero Alfano, incapace di una replica degna di questo nome. Non aveva saputo fare altro che ripetere il solito goffo rituale, di alzare al voce e soffocare quella della giornalista per impedire a lei di parlare e ai telespettatori di ascoltare. Il solito triste noioso espediente, che si ripete ogni volta che la gente del PDL si trova in difficoltà.

Non c’era convinzione nel cavaliere, ma solo l’amara consapevolezza di un Paese impegnato a pensare alla crisi, ai posti di lavoro, e non ai suoi affari giudiziari. Ma bisogna uscire dall’angolo, riconquistare l’attenzione dei media, e se c’è da protestare, si protesta.

E se l’iniziativa è inopportuna poco importa, c’è la tv, quella pubblica e quella privata, che fa le riprese con l’angolatura giusta, i giornali amici che magnificano l’impresa. "Il 23 marzo andremo in piazza” ripete uno stanco e sfiduciato Angelino Alfano, e faremo con tutte le nostre forze ogni rimostranza, per evitare che questa nostra magistratura politicizzata vada contro la sovranità popolare. Il solito ritornello, il complotto e il voto popolare come una lavanderia che punisce ogni macchia, anche i reati.

Dimentica, il povero Angelino, che la sovranità popolare non è un potere assoluto e illimitato, essa si esercita nei limiti stabiliti dalla legge.

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