• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > La fuga delle aziende italiane verso i paradisi fiscali

La fuga delle aziende italiane verso i paradisi fiscali

Nel quotidiano trionfo dell’ipocrisia, nessuno si meraviglia più se la morte riabilita emeriti cialtroni. Ogni giorno sui manifesti di lutto pessimi padri e disastrosi mariti diventano esempi da seguire. Poiché poi al peggio non c’è davvero mai fine, da un po’ si moltiplicano i casi di uomini d’affari a dir poco discutibili, che la morte conduce difilato alla santità. 

Siamo al punto che persino un uomo simbolo dello sfruttamento capitalista, uno che non ci ha pensato due volte a spostare la sede legale e fiscale della maggiore azienda italiana nei Paesi Bassi, resa l’anima a Dio, s’è immediatamente aggiunto alla lunga storia dei santi e ora è venerato come Sua Santità Marchionne.

D’altra parte, i confini dell’inferno non sono più un ostacolo nella santificazione dei cialtroni. Diamo tempo al tempo e alla gloria degli altari giungeranno di certo gli uomini simbolo di Amazon, ADP, Alibaba, Alphabet, Booking, Expedia, Facebook, Microsoft, Oracle, Otto, Qurate Retail, Salesforce, SAP, Uber Technologies, Vipshop e Apple. I loro titoli di merito sono miracoli già oggi; accampati dalle nostre parti, infatti, dopo aver fatturato due miliardi e mezzo di euro e ridotto in schiavitù 10 mila lavoratori italiani, hanno lasciato nelle casse del nostro Stato 64 milioni di euro. Una miseria peggiore d’una bestemmia, che in futuro però li aiuterà certamente a formare una serie di nuovi santi.

Poiché si dice ed è vero che qua “nisciuno è fesso”, sull’esempio di Marchionne e della FCA – Fiat Chrysler Automobiles – anche Cementir, Illy, Ferrero, Luxottica, Saipem, Telecom Italia e le grandi partecipate statali come Eni ed Enel – hanno spostato sede legale (e fiscale) in Olanda e in Irlanda, “paradisi fiscali” collocati nel cuore della rigorosissima Unione Europea, che come tutti sanno, “un po’ vede e un po’ ceca”. Una vita da beati, con possibilità di carriera in Paradiso, attende certamente tutta la brava gente che guida queste aziende avendo a cuore l’amor patrio e la sorte dei lavoratori.

Storicamente all’avanguardia nelle cialtronerie del mercato, l’ex Fiat, profittando della tragedia che attraversiamo, si è fatta bene i conti e ci ha provato. L’Italia che ci deve tanto – si è detto l’erede di Agnelli – può mollare quattrini a destra e a manca senza riempire le tasche pure a me?
Detto fatto, beato e poi di certo santo alla chiusura dei conti, Jhon Elkann ha chiesto il massimo consentito dal “Dl Liquidità”: il 25% del fatturato registrato dalla società lo scorso anno. Quanto? Sei miliardi e trecento milioni di euro! Allo Stato – quindi a noi – tocca garantire per l’80% del prestito. Vi chiedete che accadrebbe se – Dio non voglia – il beato Agnelli, futuro santo non potesse o non volesse far fede all’impegno? Nella storia dei santi c’è scritto che ci dovrebbero pensare le casse dello Stato. In altri termini, pagheremmo noi.
Il futuro, che abbiamo sperato migliore dopo la pandemia, comincia così e somiglia maledettamente all’imbroglio di sempre; diciamocelo chiaro, perché la verità il libro dei santi non ce la dirà mai: il futuro cambia solo quando i dannati all’inferno danno d’assalto al paradiso e riescono a trascinare nella Giudecca la mala genìa dei santi e dei beati.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità