• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Europa > La Polonia fra tradizione e cambiamento

La Polonia fra tradizione e cambiamento

Il governo polacco è tra i più clericali in Europa. Le sue politiche destano preoccupazione in gran parte della società civile, che si sta secolarizzando e si mobilita per fronteggiarle. Ne abbiamo parlato sul numero 6/2022 di Nessun Dogma con Fabio Turco, giornalista free-lance che vive e lavora in Polonia dal 2012 ed è tra i fondatori del sito Centrum Report. 

La Polonia è uno stato monoliticamente cattolico, come a volte viene rappresentato?

Assolutamente no. La Polonia viene spesso presentata all’estero, che si tratti della sua classe politica, del suo governo o anche della società nel suo complesso, come paese fortemente cattolico e coeso. La realtà è molto più variegata, e in questi anni stanno prendendo piede diversi movimenti che stanno modificando, o tentando di modificare, la situazione.

Per fare un esempio recente, nel maggio di quest’anno lo Związek Harcerstwa Polskiego, la più grande organizzazione di scout del paese, con circa centomila associati, ha deciso di togliere un riferimento a Dio nel giuramento che viene fatto al momento dell’adesione, per rispetto delle persone che «non sono pronte a definire la propria fede». Naturalmente, si è attirata critiche feroci da parte della chiesa e da esponenti politici come il ministro Jan Dziedziczak, che l’ha definita una cattiva decisione che nasconderebbe lo scopo di «implementare un’ideologia atea e costruire un mondo senza Dio».

Come si spiega il forte radicamento cattolico in Polonia?

Nei 123 anni della spartizione del paese tra Austria, Prussia e Russia la religione cattolica, insieme alla lingua, ha costituito un forte elemento identitario nazionale, che si è mantenuto anche dopo l’unificazione del 1918 e nel periodo del regime socialista. Con la nascita del movimento sindacale Solidarność, fortemente appoggiato dalla chiesa cattolica, quest’ultima ha ottenuto anche un ruolo di opposizione al regime, e con la fine di esso un ruolo di primo piano nel paese: si pensi che da Solidarność provengono buona parte dei politici sia dei partiti di governo sia di quelli di opposizione.

La secolarizzazione del paese però avanza anche qui: secondo un sondaggio pubblicato lo scorso anno, il 47% dei polacchi ha un’opinione negativa della chiesa e solo il 9% ne ha una positiva; il tasso di frequenza dell’ora di religione è passato dal 93 per cento del 2010 al 70 del 2019 su scala nazionale, e nelle grandi città abbiamo tassi del 50 per cento (Cracovia e Łódź) e addirittura del 40 per cento (Varsavia e Poznań).

A beneficio della secolarizzazione hanno giocato anche fattori culturali quali l’uscita del film documentario Tylko nie mów nikomu (Solo non dirlo a nessuno) che ha raccontato vicende di pedofilia nella chiesa cattolica, e Kler (Clero), film di fiction che racconta vicende di pedofilia, alcolismo, corruzione nell’ambito del clero.

Considerato il fatto che Giorgia Meloni ha più volte dichiarato di apprezzare le politiche del governo conservatore polacco, ci puoi descrivere queste ultime?

Il partito attualmente al potere, PiS (Prawo i Sprawiedliwość, Diritto e Giustizia) governa dal 2015, rappresentando un apparato conservatore, nazionalista e fortemente legato alla chiesa cattolica. Nell’autunno 2019 centodiciannove deputati, per la maggior parte di PiS, ma anche di Konfederacja (11) e uno di Psl-Kukiz’15, chiesero al Tribunale costituzionale un parere sulla costituzionalità della legge sull’aborto che era in vigore dal 1993 ed era considerata una legge di compromesso, visto che sotto il regime comunista l’aborto era consentito e con quella legge la possibilità fu ristretta ai casi di stupro, incesto, pericolo per la vita della madre e malformazione del feto.

Nel 2020 il Tribunale costituzionale sentenziò che l’aborto nel caso di malformazioni del feto doveva considerarsi non costituzionale in quanto violerebbe il principio per cui lo stato è garante della vita e per vita si deve intendere anche quella del feto. Con questa decisione, si è di fatto resa ancora più restrittiva una legge che già lo era molto e che costringeva molte donne polacche a recarsi all’estero per l’interruzione volontaria di gravidanza.

Già dal 2016 i partiti di governo e le associazioni “pro-life” avevano tentato la modifica della legge per via parlamentare, incontrando l’opposizione di gran parte della cittadinanza e l’avvio delle iniziative del movimento Strajk Kobiet (Sciopero delle donne) e del Comitato per la difesa della democrazia.

Moltissime le persone giovani coinvolte, che si sono trovate su posizioni radicalmente diverse, su questi temi, rispetto a quelle dei loro genitori e dei loro nonni, con manifestazioni in grandi e piccole città e attacchi espliciti alla chiesa cattolica, tanto con il risultato di far perdere consenso sia al PiS sia alla chiesa cattolica (ad esempio con numerose dichiarazioni di apostasia) e far invocare, nell’ottobre 2020, dopo il pronunciamento della sentenza, a Jarosław Kaczyński, presidente del PiS, un intervento degli attivisti della destra radicale a difesa “fisica” delle chiese (intese come luoghi di culto).

A minare il rapporto tra società civile e partiti governativi c’erano stati anche diversi casi, tra il 2019 e il 2020, di risoluzioni e delibere da parte di municipi e voivodati per stabilire le cosiddette “zone libere dall’ideologia Lgbt” con cui si erano bandite le marce dell’uguaglianza e altri eventi Lgbt; tali provvedimenti avevano messo a repentaglio finanziamenti da parte dell’Unione Europea e accordi di partenariato tra enti locali e sono stati dichiarati illegittimi, nel giugno di quest’anno, da parte della Corte suprema amministrativa, in quanto essi «ledono la dignità e la vita privata delle persone omosessuali».

Tornando alla questione dell’aborto, quali sono stati gli eventi più recenti su cui si è concentrata l’attenzione dei politici polacchi e della società civile?

Una delle cose più importanti da osservare è che una parte di cambiamenti avviene non per iniziative legislative ma con l’uso del Tribunale costituzionale che, in seguito a una riforma attuata dal governo, lo ha reso di fatto dipendente dal potere esecutivo e non più indipendente, tanto da mettere in discussione lo “stato di diritto” e attivare degli attriti con la Commissione europea, che però sono stati messi, fino all’estate 2022, in secondo piano dalla guerra in Ucraina per cui l’appoggio della Polonia è stato giudicato indispensabile per la politica estera europea (in molti, in Polonia, si sono sentiti traditi da questo cambiamento di relazioni, che hanno visto accantonare la questione dei diritti civili). Dopo l’estate i nodi si sono ripresentati e i fondi Ue rimangono ancora bloccati.

La guerra in Ucraina ha portato alla ribalta uno dei problemi della legge attualmente in vigore, quello relativo al fatto che l’aborto è ammesso in caso di gravidanza derivante da stupro, che però deve essere dimostrato: e molte donne, ora rifugiate in Polonia, sono state stuprate da soldati russi, ma hanno avuto difficoltà ad accedere all’aborto per non averlo potuto dimostrare.

Intervista di Loris Tissino a Fabio Turco

Commento dell’intervistatore

La sentenza del Tribunale costituzionale ha avuto effetti negativi anche perché pone i medici in una zona grigia nella quale non sanno come agire: in un caso di parto gemellare, uno dei due feti era malato e l’altro no, per cui i medici pensavano di correre il rischio di essere incriminati nel caso avessero praticato un aborto, con la conseguenza che la madre è morta dopo il parto per un’intervenuta setticemia; in un’altra situazione, i medici avrebbero aspettato troppo a lungo per praticare l’interruzione di gravidanza in un caso di feto con malformazioni, e la madre è morta (attualmente i medici sono stati incriminati per non aver rispettato le buone pratiche mediche).

Sempre attraverso i tribunali, è messa a rischio anche la solidarietà femminile: l’attivista Justyna Wydrzyńska, dell’organizzazione Aborcyjny Dream Team, è sotto processo per aver procurato a una donna incinta delle pillole abortive che aveva in casa. Nel processo a suo carico è stato riconosciuto il diritto alla presenza, in rappresentanza dei diritti del feto, del think tank reazionario Ordo Iuris.

La vita delle donne è talmente a rischio che due su tre, tra loro, ritengono che le leggi restrittive in materia di aborto di fatto scoraggino le gravidanze e diminuiscano il numero delle nascite, come è recentemente emerso da un sondaggio.

Tutto questo in un contesto in cui anche la libertà di espressione è a rischio. Si pensi al fatto che nel paese è reato, punibile con due anni di carcere, l’«offesa del sentimento religioso» e che una recente proposta di legge sponsorizzata dal ministro della giustizia Zbigniew Ziobro vorrebbe punibile allo stesso modo anche chi «pubblicamente insulti o ridicolizzi la Chiesa».

Chissà se il neocostituito governo Meloni vorrà percorrere strade così pericolose e liberticide.

Loris Tissino

 


Per leggere la rivista associati all’Uaarabbonati oppure acquistala in formato digitale.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità