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“La Cravatta”: il film che svela la destra della Francia periferica

La Cravatta è un film documentario di Mathias Théry e Etienne Chaillou che entra nel cuore della destra provinciale per raccontarne senza filtri i suoi contenuti e i suoi attori, per un risultato inedito dal grande valore cinematografico. 

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Ancora una volta Macron e Le Pen si troveranno faccia a faccia per il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi come già accadde nel 2017. Nonostante il buon punteggio realizzato dal leader della France Insoumise Jean-Luc Mélenchon, la sinistra non è riuscita a strappare la vittoria all’estrema destra per passare al secondo turno. Negli ambienti universitari, questo eterno ritorno della destra ha scatenato una reazione immediata di occupazioni e proteste. Lo stesso non si può dire di alcune aree interne della Francia, dove lo spirito con cui è stata accolta la riqualificazione di Le Pen al secondo turno ha completamente un altro registro. È proprio in queste realtà che il discorso reazionario e conservatore di Le Pen trova il più vasto consenso, alle spalle di una sinistra che si crede portavoce delle classi popolari ma che non riesce nei numeri a farsene rappresentante. Marine è infatti la candidata favorita dagli operai (36%), da chi guadagna meno di 1250 euro al mese (31%), dagli elettori che non hanno conseguito il diploma di maturità (35%) e dai residenti in comuni con meno di 2000 abitanti (27%).

Per entrare in quella Francia che vota RN e che abbonda nei meeting di Le Pen, ci viene in aiuto lo stupefacente documentario La Cravatta (originale La Cravate) girato durante le elezioni del 2017 da Mathias Théry e Etienne Chaillou e uscito al cinema nel 2020. Di una verità disarmante tanto da essere scomoda, La Cravatta racconta senza filtri – pur mantenendo una distanza critica – la vita di un giovane ventenne, militante di estrema destra nella sezione del Rassemblement National di Amiens, nel dipartimento della Somme.

Bastien è un giovane patriota piccardino infervorato dai discorsi di Marine, che per svariate circostanze si trova a prendere parte in maniera attiva alla campagna elettorale di FN. Attento e dedicato, lavora sotto la guida di Eric, il giovane consigliere regionale che accompagnerà nei suoi spostamenti a Parigi, offrendoci uno sguardo privilegiato sulla gerarchia del partito che dai piani bassi di un centro di provincia confluisce nei salotti della capitale. Al lavoro di introspezione, si accosta dunque un abile lavoro di osservazione del funzionamento interno al partito, delle sue strategie comunicative di svecchiamento e del processo di dediabolizzazione che proprio in quegli anni va realizzandosi, simbolicamente rappresentato nel 2018 dal cambio di nome da Front National a Rassemblement National.

L’ombra che si staglia su Marine del fantasma paterno non è poi lontana dagli scheletri nell’armadio di Bastien, protagonista di un passato molto problematico. Figlio di una famiglia del ceto medio, sovraccaricato da un sistema scolastico rigido che non riconosceva i suoi sforzi, Bastien cova una rabbia inespressa verso il mondo al punto da spingersi al disperato gesto, fortunatamente sventato, di replicare le sparatorie delle high school americane che vedeva in televisione. Una volta inserito in comunità dopo il tragico evento, la rabbia non simbolizzata di Bastien troverà nei compagni skinheads un nuovo sfogo. Seguirono anni di lotta in palestre che gli permisero di allenare il fisico per metterlo al servizio di un’ideologia altrettanto violenta, nutrita da slogan xenofobi e razzisti. Bastien si allontanerà solo in seguito da questo gruppo, quando troverà nelle parole dell’ex FN una via a suo dire più funzionale e lanciata in un progetto di società per dare eco alle sue posizioni di estrema destra.

Il film si struttura dunque su due piani, in un gioco di continuo rinvio tra l’identità di Bastien e il partito a cui appartiene. La cravatta, da cui il film prende il nome, diventa al tempo stesso lo strumento di Bastien per una nuova credibilità, e il simbolo della trasformazione di un partito antisistema come FN in un partito normalizzato in cerca di rispetto. Il microcosmo si riflette nel macrocosmo. Bastien come portavoce di una realtà estranea a Parigi, che trova consolazione e vicinanza in una destra capace di intercettarne i malumori, le paure e i fantasmi. È forse questo il boccone più amaro da mandare giù guardandoLa Cravatta(e che per molti l’ha reso un film controverso): l’inconfessabile simpatia mista a compassione che si prova per Bastien. Nonostante la simpatia non sia un parametro per giudicare le idee, che restano chiaramente di estrema destra, la figura di Bastien ci lascia perplessi. Lo scopo del film non è quello di dediabolizzare un partito di estrema destra rendendolo più amichevole, ma al contrario di offrire uno spaccato sulla società francese attuale ed entrare nel merito dei motivi che possono spingere dei giovani ad abbracciare il programma di Marine, e sventolare la bandiera tricolore cantando ‘on est chez nous’. Sotto la maschera diabolica del mostro dell’estrema destra, si nasconde una realtà ben diversa dal nemico che ci si dipinge e forse vale la pena interrogarsi su dove la sinistra abbia fallito nel rispondere a certe esigenze del nostro tempo. Sul versante del lavoro, non stupisce che di fronte al massiccio processo di robotizzazione, deindustrializzazione e delocalizzazione degli ultimi decenni nei dipartimenti del nord, il voto sia passato dal PCF a RN, già in testa al primo turno di quest’anno. Nel vuoto lasciato dalla sinistra, Le Pen ha saputo dare voce a una rabbia interiore che accomuna giovani smarriti come Bastien. «Nonostante tutto, dice Bastien dialogando con i registi e sfogliando la sceneggiatura, penso di essere una brava persona, o almeno lo spero», «questo fa di me uno stronzo?».

[Bastien da qualche tempo ha abbandonato il Rassemblement National per raggiungere Florian Philippot nel partito di estrema destra Les Patriotes, in prima linea per l’uscita della Francia dall’Unione Europea]

 

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