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L’induismo che svezza l’odio

"Svegliare" il popolo indiano, dicono nel loro programma, col sostegno del governo e il sorriso del premier Modi, indaffarato nella mega geopolitica, per quanto questa sia lo specchio di quanto ha già fatto e quanto vuol fare in India e dell’India, anzi del Bharat. 

Sono i ragazzotti, le forze nuove dell’induismo militante, fanatico, razzista, fascista riunito nelle file del Bajrang Dal, ala giovanile del Vishva Hindu Parishad, uno dei vari raggruppamenti hindu che alla fondazione, quasi sessant’anni fa, non si mostrava fra i più esasperati. Il partito diceva di voler consolidare la tradizione hindu fra feste, celebrazioni e ricette culinarie (sic), ma gli intenti si rivelarono diversi. La struttura giovanile di Vhp, sorta nel 1984, immediatamente ha subìto il fascino delle anime nere dell’hindutva, la teoria razzista di Vinayak Damodar Savarkar in voga nei primi anni del Novecento e sopravvissuta allo stesso creatore. Dunque s’è spinta a organizzare campi d’addestramento e parate militanti più che liturgie. Solo quando queste esaltavano il culto hindu in contrapposizione ad altri esistenti, magari non primigeni ma radicati secolarmente nella cultura del Paese, gli attivisti di casa Bajrang Dal si sentivano a proprio agio. Sfilavano ruotando mazze e bastoni non solo a scopo dimostrativo. Non era trascorso un decennio dalla nascita che l’ala giovanile venne messa fuorilegge per aver partecipato, assieme a gruppi paramilitari hindu del Rashtriya Swayamsevak Sang, alla distruzione del Babri Masjid nella municipalità Ayodhya nell’Uttar Pradesh. Fu questa una delle azioni eclatanti d’un fondamentalismo che in trent’anni è cresciuto anche per la tendenza a ‘lasciar correre’ messa in atto dagli organi di prevenzione e giustizia. Nel 1993, un anno dopo quella distruzione che costò la vita a duemila musulmani indiani, Bajrang Dal si rivedeva ammesso nell’agone politico, che il gruppo intendeva con funzioni crescentemente pugnaci.

In alcune aree, come il Gujurat (non a caso lo Stato dove Modi è esploso politicamente), che costituiscono una roccaforte del gruppo, gli attivisti di Bajrang Dal autorganizzati in una sorta di “polizia territoriale” lanciano iniziative illegali costellate di azioni violente: assalti ad abitazioni musulmane, distruzioni delle loro rivendite, divieto di commercio di cibo halal, fino a espliciti crimini con sequestri e uccisioni di nemici di fede, islamici e cattolici. Negli ultimi tempi la stampa internazionale s’era occupata della persecuzione rivolta alle coppie che si baciano in strada o manifestano pubblicamente il reciproco affetto. In base alla teoria che “simili gesti sono in contrasto con la cultura indiana” chi lo fa viene aggredito dai controllori Bajrang Dal e denudato. La Corte Suprema s’è pronunciata, sentenziando che: baciare in pubblico non è un reato penale. Però i moralizzatori hindu proseguono indisturbati le ronde. La diffusione di operazioni discriminatorie, come il Citizenship amendament act in vigore dal dicembre 2019, con cui l’India impedisce solo a migranti di religione musulmana una possibilità d’accoglienza, costituisce un’istituzionalizzazione della persecuzione su base ideologico-confessionale. E mentre nulla o quasi viene fatto nei confronti di video e programmi televisivi che invitano all’uso delle armi per difendersi dal Jihad che può insidiare la quotidianità, gli obiettivi mostrati non sono gruppi fondamentalisti islamici, che pure esistono, ma direttamente la cittadinanza pacifica della porta accanto che prega Allah o quei bambini che condividono la classe coi propri figli. Più d’un pedagogo si mostra profondamente preoccupato per la diffusione delle armi fra i ragazzi, finora prevalentemente armi improprie o spade, ma l’escalation di violenze parla di armi da fuoco. Accanto a simili convinzioni a ricorrere alle armi, c’è da parte d’un numero crescente di genitori e insegnanti la tendenza a odiare anziché accettare, confrontarsi, comprendere chi è diverso ed esprime altri pensieri. Un noto professore universitario di Delhi lancia il grido d’allarme: ”una generazione di bambini hindu viene trasformata in criminali inconsapevoli”. 

Enrico Campofreda

 

 

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