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L’incredibile uscita di Legnini sui magistrati ed il referendum.

Non credo che nessuno possa accusarmi di giustizialismo e di essere un fans della magistratura, che critico molto spesso. Ed in particolare, più di una volta ho sostenuto che i magistrati dovrebbero essere politicamente più riservati, evitando di interferire nel dibattito politico, ma la Costituzione è un argomento nel quale i magistrati hanno pieno diritto di parola. Anzi, direi che hanno il dovere di far sentire la propria voce.

Immaginiamo che una scellerata riforma costituzionale proponga di abrogare la Corte Costituzionale o il Consiglio Superiore della Magistratura, mettendo i magistrati direttamente sotto il controllo del governo. Avrebbero diritto di dire qualcosa o no? E se la riforma stravolgesse la parte riguardante i diritti individuali, sociali e politici dei cittadini? Direi che i magistrati avrebbero il dovere morale, proprio in quanto tecnici del diritto, di informare i cittadini e metterli sull’avviso. O sembra strano?

Qui si sta per varare una riforma costituzionale di minoranza (primo obbrobrio), che intende trasformare in organi di parte la Presidenza della Repubblica e la Corte Costituzionale e i magistrati dovrebbero tacere?

Ma sulla base di quale norma, di quale principio costituzionale, si pensa di togliere la parola in tema di Costituzione a chi, prima ancora di essere magistrato, è un cittadino nella pienezza dei suoi diritti? E adombrando tacitamente la minaccia di un procedimento disciplinare.

Quando si parla delle regole del gioco tutti hanno diritto di parlare ed i tecnici del diritto prima degli altri, o forse il diritto di parola è riservato ai soli tecnici di fede renziana?

Il fatto è che nel Pd prevale una cultura politica di tipo plebiscitario che è la negazione della democrazia liberale (orecchio al quale il Pci non ha mai sentito granché, a dire il vero). Badate, non sto dicendo che il Pd sia fascista: sarebbe una sciocchezza solenne, date le evidenti differenze rispetto al Pnf. Non immagino neppure lontanamente che il Pd possa organizzare l’omicidio dei suoi oppositori come Matteotti o Don Minzoni, né penso che voglia sciogliere gli altri partiti o istituire in tribunale speciale. Come, peraltro, penso che i fascisti avessero un po’ più di senso dello Stato di quel comitato d’affari che va sotto il nome di Pd. Dico soltanto che è una concezione della democrazia fra De Gaulle e Trump, tutto qui.

Legnini interviene nella questione a gamba tesa (lui che, non fosse altro per l’immediatopassaggio dai banchi del governo a quelli del Csm, dovrebbe essere un po’ più prudente), si consente addirittura apprezzamenti sul livello culturale delle contestazioni di Armando Spataro. Non so a cosa si riferisca l’ultra renziano Legnini, del quale tutti conosciamo le fondamentali opere di pensiero giuridico.

Io Spataro l’ho sentito la settimana scorsa ed il suo intervento mi è parso rigoroso, puntuale, ricco di riferimenti dottrinali, come peraltro Spataro è sempre. Ma forse Legnini voleva semplicemente dire che non schierarsi contro il governo è di per sé è sintomo di scarso livello scientifico.

Vi pongo un quesito: ma come abbiamo fatto a scendere così in basso da affidare istituzioni così delicate a uomini che, così platealmente, non sono pari al compito?

C’è una sola cosa peggiore di Renzi e sono i renziani. Almeno Renzi ha più senso della realtà ed arriva anche a dire cose come il fatto che esista una questione morale nel Pd o che non c’è nessun complotto dei magistrati contro il Pd. Ma questo divario fra il leader ed i seguaci è un classico dei regimi plebiscitari. Si poteva dire la stessa cosa di Peron e dei peronisti: al solito, la servitù è sempre peggiore del padrone.

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