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L’esperimento: inchiesta sul Movimento 5 Stelle

Recensione di GIAN MARCO MARTIGNONI al libro di Jacopo Iacoboni

L’ondata xenofoba che ha investito anche il nostro Paese e le politiche neoliberiste perseguite dal PD, in perfetta continuità con le misure assunte dal precedente governo tecnico guidato da Mario Monti, ci hanno consegnato un Parlamento mai così spostato a destra. 

Milioni di elettori hanno abbandonato il PD per rifugiarsi nell’astensionismo o per sostenere in una discreta percentuale la Lega e soprattutto il M5S, che proprio per questa ragione viene ritenuto, in un quadro politico così disastrato, la forza utile, stante l’inconsitenza di una sinistra di classe, per arginare la tracotanza del centro-destra a trazione Salvini. Chi nutre qualche dubbio sulla genuinità del “nuovo che avanza”, oltre a rimarcare che la genesi del M5S non ha nulla a che vedere con quella dei movimenti sociali che hanno favorito la costituzione di Podemos, Syriza, France Insoumise ecc può trovare nel libro «L’esperimento. Inchiesta sul Movimento 5 Stelle» di Jacopo Iacoboni (p. 234, €16, Editori Laterza) la conferma delle molteplici contraddizioni che attraversano il “non partito”, diretta emanazione della Casaleggio Associati. 

Non è un caso che in palese antitesi all’articolo 21 della nostra Costituzione al giornalista inviato del quotidiano «La Stampa» è stato negato l’ingresso a un recente convegno organizzato a Ivrea dalla Casaleggio Associati. Cosa ha scritto Iacoboni – fra l’altro avvalendosi delle testimonianze dei tanti epurati dalla gestione verticistica e autoritaria del movimento – di così lesivo per l’immagine del M5S? Se è vero che i politici e i giornalisti sono stati i bersagli privilegiati della demonizzazione virale grillina, dietro le quinte le cose funzionano in tutt’altro modo: mentre originariamente la tv a partire da Beppe Grillo, megafono di Gianroberto Casaleggio, veniva brutalmente disprezzata, giocoforza con il successo elettorale del 2013 è scattata la necessità di una costante presenza nei vari talk-show. 

Pertanto Rocco Casalino, nominato capo della comunicazione grillina, si è distinto con modalità “tardo-berlusconiane” per le pressioni e le intimidazioni dei giornalisti non accomodanti con le istanze del movimento. Al contempo le conventions della Casaleggio associati vengono gestite da un’agenzia di comunicazione, la Visverbi, che è diretta dalla moglie del “vaticanista” del Corriere della sera, Gianluigi Nuzzi, che da tempo è fra gli interlocutori privilegiati di Davide Casaleggio. L’apertura di credito del Corriere della sera nei confronti dell’M5S, stante il trasformismo italico, ha significato per la Casaleggio Associati una certa tessitura di rapporti con gli apparati del potere – dai banchieri ai militari, dai giuristi ai professori così disprezzati da Renzi – nel mentre il deputato fiorentino Massimo Artini, che voleva creare un sistema di comunicazione informatico indipendente per i parlamentari, è stato immediatamente allontanato da Gianroberto Casaleggio, su segnalazione del gruppo vincente in Parlamento, con la pretestuosa accusa di non aver rendicontato correttamente le spese. 

Che poi nel gruppo di vertice del M5S giochino un ruolo rilevante alcuni esponenti provenienti dagli ambienti della destra romana (tanto che l’antifascismo è un tasto alquanto imbarazzante per il movimento) ci permette di comprendere perché nel Parlamento europeo Beppe Grillo abbia cercato l’accordo con l’UKIP di Nigel Farage, uno dei fautori della Brexit in Europa, amico di Donald Trump e di Robert Mercier, l’azionista e propietario di Cambridge Analityca e Aggregate IQ (due società non a caso specializzate nell’estrazione dati e microtargeting elettorale) e sostenitore di tesi violentemente anti-immigrati. Questo posizionamento a destra del M5S viene troppo facilmente rimosso nel dibattito politico ma oltre al fatto che l’entrata in un gruppo parlamentare a livello europeo permette di assumere del personale e disporre di fondi certi e sostanziosi, è indicativo di come l’istrione e volubile Beppe Grillo sia attratto da un certo antieuropeismo xenofobo e soprattutto dall’invocazione dell’uomo di stato forte: Trump o Putin, per intenderci. 

Perciò, al di là del credito e degli stretti rapporti che il M5S (come la Lega) ha intessuto con gli esponenti di primo piano di Russia Unita, il partito di Putin che non ha fatto mistero di stringere un patto con tutte le nuove destre europee – dal Front National in Francia, a Yobbik in Ungheria e l’Afd in Germania – Iacoboni giustamente evidenzia come la “disinformazione organizzata” abbia influenzato tutti gli eventi elettorali che si sono susseguiti in Europa a partire dall’elezione di Donald Trump. Dedicando meritoriamente attenzione particolare a una dimensione internazionale ove la manipolazione del consenso ha a che fare con il complesso militare-industriale, la psicometria e la teorizzazione della «guerra asimmetrica condotta al più puro livello». In questo senso l’esperimento tecno-politico di Gianroberto Casaleggio può essere definito felicemente riuscito, poichè individuando la centralità della rete nelle competizioni politiche falsate sul piano della rappresentanza dai sistemi elettorali di tipo maggioritario, ha intravisto come fra il declino dei partiti di massa e l’affermazione dei partiti personali poteva ben inserirsi la variante del partito-piattaforma.

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