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L’amore proibito di de Magistris per la giustizia

“Assalto al pm” è la biografia professionale dell’ex magistrato più giovane, più coraggioso e più discusso d’Italia (www.chiarelettere.it, 2010).

Ho deciso di iniziare questa recensione dalla descrizione degli effetti della prima inchiesta di Luigi de Magistris: “Anche nel Palazzo di giustizia l’atmosfera era surreale. Sembrava una giornata di lutto. Io e miei collaboratori avevamo fatto di tutto affinché nessuno sapesse dello sviluppo dell’indagine stava per avere e degli arresti imminenti. Quel giorno si leggeva il terrore nelle facce di chi aveva ruoli di responsabilità, perché non aveva avvertito gli amici, o gli amici degli amici, perché non aveva impedito il cataclisma. Se qualcuno degli indagati avesse deciso di collaborare, avrebbe potuto cedere un intero sistema di potere con tutte le sue articolazioni di complicità, anche all’interno del Palazzo di giustizia” (inchiesta “Shock”, p. 24).

Dopotutto sistemi simili sono abbastanza comuni in molti parti d’Italia: “la classe politica è composta sempre dagli stessi notabili o dai loro “clientes”, e il modo di governare non muta se si passa dal centrosinistra al centrodestra o viceversa. Attraverso il voto di scambio questa casta controlla il territorio, nella maggior parte delle zone insieme o in accordo con la malavita. Il voto è gestito grazie al controllo della spesa pubblica e del mercato del lavoro, poiché la casta decide a chi elargire i finanziamenti, a chi affidare appalti, opere, progetti” e consulenze di comodo a costi astronomici, poiché è difficile determinare il valore effettivo dell’opera di un professionista (p. 36).

Il trattamento riservato a de Magistris è abbastanza comune in Italia: troppi dirigenti onesti e intraprendenti vengono trasferiti, “ridimensionati” o diffamati. Anche Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso da funzionari statali filo-mafiosi, si è reso conto che oggigiorno esistono metodi più moderni e facili per gestire un magistrato scomodo: “Non serve più neanche il tritolo, oggi basta, alla luce del sole, avocare un’indagine nella quale uno dei pochi giudici coraggiosi rimasti stava per arrivare al livello degli intoccabili”. Sono quindi i politici nazionali e la massoneria infiltrata a tutti i livelli dello stato che in questa orgia del potere preferiscono gestire direttamente i funzionari statali che non si adeguano alla filosofia dell’amoralità familiare e “amicale”.

Infatti de Magistris aveva attaccato direttamente anche la “Correntocrazia” che sta distruggendo le fondamenta della magistratura italiana: “Ormai non c’è foglia che si muova all’interno della magistratura se non lo vuole l’associazionismo giudiziario. Le correnti controllano tutto: le nomine per gli incarichi direttivi, le scelte dei formatori professionali, la composizione dei comitati scientifici, l’individuazione dei relatori nei corsi di aggiornamento, la distribuzione di incarichi extragiudiziari – spesso anche lautamente retribuiti –, la selezione dei membri del Consiglio superiore della magistratura e dei Consigli giudiziari. È un sistema di lottizzazione da fare invidia alla partitocrazia della Prima Repubblica; un giro abbastanza ristretto di magistrati ci sguazza, un gruppo un po’ più ampio ci campa o ci vivacchia, la maggioranza delle toghe lo subisce e una piccola parte lo contrasta nella convinzione che il magistrato voluto dai Costituenti del 1948 deve essere un altro: autonomo e indipendente da ogni potere, anche da quelli esistenti all’interno dello stesso ordine giudiziario” (p .42).

E ora se volete rendervi conto dell’infimo livello delle gerarchie della magistratura italiana e della teatrale requisitoria del procuratore generale Vito D’Ambrosio a danno di de Magistris, rileggetevi bene queste due righe: “de Magistris è un è un grande lavoratore, niente da dire su questo. Lavora talmente tanto, che interpreta il suo lavoro come una missione, e non è questo il modello di magistrato che vuole la Costituzione” (D’Ambrosio era stato presidente della Regione Marche per i Ds). Come affermò il maestro del diritto Piero Calamandrei in “Elogio dei giudici scritto da un avvocato”, il peggior nemico della giustizia è il conformismo burocratico opportunista e ipocrita al servizio del potente di turno.

Così secondo de Magistris “la storia d’Italia è molto più complessa di quanto appare. Se esiste un rapporto – diretto o indiretto – tra Berlusconi e la mafia, c’è anche un rapporto tra il crimine organizzato e pezzi del centrosinistra. La corruzione sistemica e il partito unico della spesa pubblica sono il nerbo della questione morale che investe la politica e le istituzioni in maniera assolutamente trasversale” (p. 185). E de Magistris non è un ipocrita: ha indagato a destra e a sinistra e ha quindi dimostrato la sua imparzialità. E mi dispiace dirlo, ma quasi la metà degli italiani al potere dai 50 anni in su è inaffidabile. Se davvero si vuole cambiare l’Italia occorre la volontà politica di avviare una massiccia campagna di prepensionamenti di quasi tutti i dirigenti di molti settori della pubblica amministrazione. Questi dirigenti infatti sono stati educati da educatori educati da fascisti o dalla partitocrazia della Prima Repubblica piena di raccomandati riciclati.

E il capo di tutti questi riciclati è il Presidente della Repubblica Napolitano, che in qualità di Presidente del Consiglio superiore della magistratura ha addirittura criticato l’operato della procura di Salerno ha difesa delle azioni di de Magistris. Quel grand’uomo di Napolitano (poiché è molto alto), non si è nemmeno degnato di rispondere alla lettera di dimissioni di de Magistris. Del resto Napolitano è sempre stato dalla parte dei potenti fin dalla rivoluzione d’Ungheria, quando appoggiò l’intervento armato dei sovietici. Purtroppo a questo mondo ci sono persone che non hanno il minimo sentimento del valore della giustizia e pensano solo a difendere l’interesse di categoria delle caste che gesticono i diversi poteri.

Del resto l’opinione di due italiani senza scheletri negli armadi è in linea con la mia: infatti Antonio Ingroia ha affermato che “La vera anomalia del nostro paese sta nella classe dirigente, assai più incline ai comportamenti illegali di quanto non accada in qualsiasi altra democrazia avanzata” (Antonio Ingoria,postfazione), e Marco Travaglio ha detto che è un bene che gli italiani sappiano queste cose, perché dal momento che viene “Espulso il disturbatore de Magistris, la classe dirigente può tornare alla serenità di sempre” (prefazione).

Inoltre sono pienamente convinto di una cosa: ci sono almeno tre regioni in Italia che andrebbero commissariate dall’Unione Europea e dove le elezioni andrebbero sospese per almeno cinque anni, a causa dei continui ricatti politici e criminali. Si tratta della Sicilia, della Campania, della Calabria, dove vige questa regola: “Evviva l’Italia di ‘sti cazzi!”. Sarebbe ora che una moderna Unione Europea iniziasse a strutturarsi per occuparsi di meno delle nazioni e di più delle regioni.

Comunque l’Italia dev’essere ricreata al più presto dai giovani e dagli adulti più giovani, altrimenti finirà in un bagno di sangue alimentato dalle guerre intestine dei maneggioni e dei malavitosi che approfitteranno dell’imminente crisi finanziaria per comprarsi dei gran bei pezzi d’Italia per pochi euro, grazie a l’immensa quantità di liquidità accumulata con le loro attività di predazione più o meno oligopolista e più o meno criminale.

Luigi de Magistris discende da una famiglia di magistrati e si è laureato nel 1990 a 23 anni con 110 e lode. Si è specializzato nel contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione. Le sue indagini hanno coinvolto politici e imprenditori locali e nazionali. Le sue inchieste più rinomate sono state le seguenti: “Artemide”, “Splendor”, “Global service”, “Spectre”, “Why not”, “Poseidone” e “Toghe lucane”. Nel corsi di questi anni è stato sottoposto ad attacchi ed ispezioni, ed è stato spostato da Catanzaro a Napoli per “incompatibilità ambientale”, senza più la funzione del pm. Nel 2009 si è dimesso dall’ordine giudiziario e oggi è parlamentare europeo nelle liste dell’Italia dei Valori (è stato l’italiano più votato, dopo il candidato civetta Berlusconi).

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