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Iran, prima ammissione del regime sull’alto numero di vittime della repressione

Per la prima volta il regime ammette l’uccisione di oltre 300 manifestanti in questi primi 75 giorni di rivolta pacifica. Lo ha affermato il capo delle forze aereospaziali, generale Ami Ali Hajjizadeh, durante un incontro televisivo. “Tra questi martiri vi sono anche dei bambini”, ha ammesso. Un’espressione che denota i malumori anche all’interno del sistema degli ayatollah. La cifra citata si avvicina a quella fornita dalle organizzazioni iraniane per i diritti umani – 442 vittime, tra i quali oltre 60 bambini e minori.

di ANBAMED

(Foto di https://twitter.com/IHRights)

Questi sono alcuni degli avvenimenti di ieri: Siavash Mahmoudi, 16 anni, è stato colpito alla testa dalle milizie delle guardie rivoluzionarie.

Hasan Nasseri, campione di boxe del Khorasan, aveva sostenuto le manifestazioni anti regime in Iran. È stato arrestato davanti a sua moglie e ai suoi figli ed è stato torturato a morte la stessa notte.

Ieri, il regime ha impiccato in gran segreto sette prigionieri e ha minacciato i parenti perché tacessero. Lo rivelano gli avvocati delle famiglie dei condannati a morte.

Due giorni fa, dopo la vittoria della squadra iraniana nei mondiali di calcio, sono stati liberati oltre 1.100 prigionieri, tra i quali molti manifestanti. Amnesty International è preoccupata per i processi in corso, nei quali centinaia di persone, tra cui molti minori, rischiano la condanna a morte e invita i Paesi che hanno ambasciate a Teheran a inviare osservatori alle udienze per monitorare le violazioni alle norme internazionali.

Il regime trema, ma ha ancora risorse repressive. Lo rivela una registrazione carpita da hackers informatici che si sono introdotti nel sito dell’agenzia stampa ufficiale IRNA. Nell’audio, il vice comandante dei Basiji, generale Qassem Qureishi, stava impartendo ai direttori e capi redattori dei media ufficiali le linee di condotta nella comunicazione al pubblico. Il generale ha ammesso nella sua esposizione, che risale a metà novembre, che lo sciopero generale è stato osservato nel 70% degli impianti produttivi in tutte le province del Paese. “Non dobbiamo avere tentennamenti: questa sollevazione è più pericolosa di quella del 2019, perché mina i nostri principi morali… Questa gente va presentata al popolo come agenti di forze straniere”.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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