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In tempo di crisi tra Gorizia e Trieste alcune note stonate

Crisi, crisi, per quanto tempo ancora sentiremo parlare di crisi?

Il problema è che con il passare del tempo la situazione reale sembra peggiorare.

Gorizia è una cittadina che soffre particolarmente la crisi. Una crisi visibile anche ad occhio nudo. Sono rimasto impressionato dal fatto che nelle vie principali della Città è in itinere una fuga di molti commercianti. Tra chi chiude definitivamente e chi semplicemente decide di trasferirsi in qualche via parallela ove i costi di locazione probabilmente sono più sopportabili.
 
 
Una moria di attività commerciali che deve fare riflettere.
Il problema è che questa problematica non è solo tipica di Gorizia ma anche di altre città come Monfalcone, ove nelle vie centrali della città si assiste periodicamente alla chiusura di varie attività.
Giunte le ore 20.00 tra i soliti suoni di campana che sembrano mai giungere alla fine, vedrai Gorizia svuotarsi e vivere quasi una situazione di copri fuoco. Ciò mi ha lasciato con un sapore amaro.
Note stonate in una giornata di afosa crisi.
 

 

 

Ma se a Gorizia le cose sembrano non andare bene, a Trieste si assiste a qualcosa di particolare, ma forse tipico del sistema Italia. Vedrai sia l'amministrazione comunale che quella regionale attivarsi per la ristrutturazione di una Chiesa, mi riferisco a quella di S.Antonio Taumaturgo che è chiamata popolarmente S.Antonio Nuovo, che da tempo è soggetta a vari interventi ed ora sembra che il Comune dovrà scendere nuovamente in campo per garantire il completamento della ristrutturazione della Chiesa, visto che la facciata, pronao e colonnato sul lato di piazza Sant’Antonio e la parte che dà su via delle Torri non potranno essere ristrutturate per mancanza di fondi.
 
Domanda più che legittima, ma la Chiesa con tutti i patrimoni e soldi di cui gode perché non provvede, specialmente in tempo di crisi, direttamente ad effettuare con i suoi soldi i lavori di ristrutturazione delle Chiese? Perché si deve usare danaro pubblico? Si dirà che lo prevede la legge o il buon senso. Ma buon senso vuole che in tempo di crisi si decidano le priorità e ristrutturare una Chiesa con i soldi pubblici non è una priorità, che lo faccia la Chiesa con i suoi immensi capitali.
Ed a proposito di danaro pubblico e beni comuni, visto che per alcune cose i soldi del Comune sembrano venire meno, ecco che si sperimenta il progetto Piazza Hortis Pulita.
 
Nel sito del Comune triestino si legge che l'Operazione Piazza Hortis pulita” si tradurrà in una serie di puntuali e costanti lavori di pulizia da parte della Italspurghi (per inciso valutati in 12 mila Euro annuali + Iva 12%) “ricambiati” dal Comune con l’autorizzazione alla ditta a collocare tre propri cartelli di pubblico avviso in corrispondenza dei tre ingressi al Giardino recanti la frase “La pulizia di questo giardino viene offerta da Italspurghi Ecologia S.r.l.”, oltre a effettuare altre eventuali azioni di pubblicizzazione di questo servizio collegate al nome della Società esecutrice.
 
Probabilmente toccherà la medesima sorte al parco del Castello di Miramare, che si trova in una situazione di degrado a dir poco scandalosa. Ma non si può intervenire diversamente? Si devono per forza di cose coinvolgere i soggetti privati e la loro pubblicità per la gestione ordinaria del bene comune? Perché non coinvolgere direttamente la cittadinanza anche in attività di volontariato, oppure prevedendo sconti sulle tasse comunali o agevolazioni non necessariamente fiscali,per realizzare attività di pulizia e cura del bene comune?
 
Forse sarebbe il caso di consultarsi con la popolazione preventivamente e non successivamente all'adozione del provvedimento con cui è stato disposto l'accordo con la società interessata per la pulizia della Piazza Hortis, dico ciò perché sulla pagina facebook del Sindaco di Trieste, che nonostante tutto ho reputato un buon sindaco, è stato chiesto alla cittadinanza un parere in merito a tale questione e dai commenti che emergono non mi pare che i triestini siano molto contenti della soluzione adottata.
 
Se democrazia partecipata e diretta deve essere, che lo sia sostanzialmente e non solo formalmente ed in via di facciata, oggi non abbiamo bisogno di operazioni di facciata ma di sostanza. Ancora si può rimediare, per esempio annullando quella delibera e valutando soluzioni alternative, come quelle che per esempio ho proposto in precedenza. Altrimenti che senso ha chiedere alla cittadinanza se concorda o meno con la soluzione adottata?
Se vuoi, puoi.

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Marco Barone

Marco Barone

Blogger,avvocato,storico.Propri scritti sul fiumanesimo sono stati pubblicati nel libro Ronchi dei Partigiani edito da Kappa Vu Edizioni, ottobre 2019. Ha pubblicato a gennaio 2020, Sguardi sul '900 di Ronchi: Come la storia ha "macchiato" l'identità di una località. Ronchi, un caso nazionale. La Banda dei neri, giugno 2020. Gli anni neri nella Venezia Giulia e (...)

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