• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Il business della comunicazione nella comunicazione

Il business della comunicazione nella comunicazione

"Nuvole di byte", edizioni della sera, è un libretto ben strutturato che esamina i vantaggi e le funzionalità del Web 2.0 per la comunicazione nei contesti aziendali.

Il business della comunicazione nella comunicazione

L’autore è Alessandro Prunesti, un giovane docente e consulente, che riesce ad essere didattico, sintetico e preciso senza diventare troppo accademico. L’opera può risultare molto utile ai dirigenti pubblici e agli imprenditori di piccole e medie imprese, perché, come spiega Andrea Falzin nella prefazione del testo: “ogni azione di successo ha un suo tempo (carpe diem); se arriva troppo presto non si riesce a interagire e ci si trova inefficienti e a volte incompresi… se si arriva troppo tardi altri hanno già preso il nostro differenziale competitivo” (Andrea Falzin, prefazione).

In sintesi ogni impresa pubblica o privata veramente partecipativa dovrebbe seguire tre principi fondamentali: l’interattività (l’accesso immediato alle informazioni in entrata e in uscita), la condivisione (delle attività di gestione e integrazione delle conoscenze), la partecipazione (l’autoproduzione dei flussi informativi da parte dei clienti, dei reparti interni o dei fornitori). Si tratta perciò di facilitare il classico scambio “egoisticamente altruista” descritto dall’antropologo Marcel Mauss, che valorizza beni relazionali di valore emotivo senza un valore economico definito.

Seguendo questa prospettiva nasce il “buzz marketing” che diffonde i messaggi virali a tutti i livelli della società. Questo tipo di messaggi possiedono quattro caratteristiche: devono suscitare molta attenzione e interesse per il divertimento o l’utilità, devono stimolare la valutazione e l’utilizzo di parole chiave, devono poter essere integrati in molti strumenti di comunicazione (Twitter, blog, ecc.) e infine devono essere condivisi da chi frequenta i blog e i social network. Quindi Internet è anche uno strumento molto “utile per superare gli steccati tra i saperi” (Edgar Morin).

Purtroppo però la maggior parte delle aziende pubbliche e private italiane “sono organizzazioni di tipo “1.0”, chiuse ai flussi di comunicazione partecipativa e ai processi di condivisione della conoscenza… le imprese orientate al web 2.0 sono quelle che utilizzano le piattaforme di social software sia all’interno dell’azienda che nelle relazioni con le altre imprese e nei rapporti con i propri partner e clienti” (Andrew McAfee, p. 40). Se proseguiremo di questo passo la concorrenza ci affamerà, dato che in molti altri paesi i dirigenti sanno che i migliori clienti e i migliori cittadini possono diventare i migliori “professionisti del controllo qualità” ed i migliori consulenti esterni. 

Infatti “sono le persone i veri driver del cambiamento; oggi è in base alle loro esigenze che le tecnologie si adattano e non viceversa… In particolare i blog, le wiki, i social network, le folksonomie e gli spazi di lavoro online permettono alle persone di interagire e condividere grandi quantità di informazioni con tempi e costi contenuti. Essi abilitano inoltre le persone a superare i limiti geografici e le barriere organizzative che possono limitare le attività di comunicazione interna e il trasferimento della conoscenza”, soprattutto ai diversi livelli gerarchici (p. 43, p. 47). 

Ma occorre apprendere e divulgare le abilità di filtraggio delle informazioni, poiché è quasi sempre la qualità delle informazioni che conta, e inoltre le quantità più significative andrebbero smaltite preferibilmente entro il limite delle 24 ore giornaliere per non sovraccaricare i limitati processi di attenzione. Ma una tale missione è molto difficile da compiere, poiché le nostre scuole e le nostre università non insegnano a lavorare in gruppo. Inoltre molti vecchi dirigenti non riescono a comprendere la situazione attuale, e i giovani non vengono assunti, promossi o responsabilizzati. E così ci perdiamo le nuvole di affari e le provvidenziali e vitali piogge di denaro.

 

Note – Ubuntu è il nome di un sistema operativo “open source” che deriva da una parola africana che significa “io sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti”. Questa definizione incarna perfettamente la filosofia di totale apertura e attenzione ai bisogni della collettività di ogni sistema “open source”, compresi quelli accessibili online come “Cloudo”.

In Italia la lettura dei quotidiani a pagamento è passata dal 67 per cento del 2001 al 54,8 per cento del 2009. E l’utilizzo di internet è passato dal 20,1 per cento del 2001 al 47 per cento del 2009, per un totale di circa 22 milioni di internauti (aumentano del 15 per cento ogni anno). Le attività più diffuse su internet sono la partecipazione ai social network, la visione di filmati e la consultazione di wiki ed enciclopedie. Nei primi tre mesi del 2010 le vendite online sono cresciute del 16 per cento.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares