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Il Pakistan contro internet

Il Pakistan contro internet

Un governo debole, associazioni islamiche arrabbiate che fanno causa, la giustizia di quella che è una repubblica islamica che riconosce le loro ragioni ed ecco che metà internet sparisce dalla vista dei pachistani. Almeno in teoria.

La pietra dello scandalo è stata un gruppo su Facebook che invitava gli internauti a disegnare il volto di Maometto, pratica vietatissima per l’Islam che già ritiene sacrilego rappresentare la figura umana in generale, figurarsi il Profeta. Il gruppo a sua volta voleva essere una reazione alle proteste e alle minacce per le ormai famose vignette danesi con Maometto protagonista.

Lo scontro di civiltà che degrada in faida mediatica, nella quale più o meno a caso si prendono e si danno colpi senza pensarci troppo e si finisce così per scivolare nel ridicolo. Che è poi quello che meriterebbe chiunque decida di scannarsi per motivi del genere.

Fatto sta che in Pakistan c’è stato molto rumore, che i partiti islamici non hanno potuto astenersi dal cavalcare la difesa del Profeta e che il governo, annusata l’aria, ha pensato bene di gratificare almeno questa parte dell’elettorato e di compiacerne i rappresentanti. Il governo pachistano ha una consistenza eterea e le istituzioni stanno dando vita a una riforma costituzionale in senso democratizzante, mentre allo stesso tempo hanno la guerra e la grande crisi in casa. Se pure la crisi si risolve facendola pagare agli sponsor occidentali e sauditi e la guerra potrebbe anche andare peggio, c’è comunque il bisogno e la necessità di contare su una base di consenso minima tra la popolazione musulmana e di tenerla lontana dalle influenze radicali.

Così il governo ha deciso dalla sera alla mattina la chiusura di oltre 250 siti "osceni", tra i quali YouTube e Facebook. Pessima mossa e calcolo probabilmente azzardato, sia perché scarsamente efficace nei confronti di una comunità d’utenti tra le più smaliziate del pianeta, che per la rabbia che ha scatenato in chi si è vista bruscamente interrotta la quotidiana e ormai abituale internet experience. Tutta gente che si è arrabbiata tantissimo, inondando proprio internet di proteste.

Il governo ha sbandato di nuovo è si è detto disponibile a trattare con i siti incriminati, ma spazi di trattativa ce ne sono pochi, visto che proprio YouTube e Facebook su tutti, hanno già rifiutato di rimuovere i contenuti su indicazioni del governo pachistano.

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