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Il 34% dei neoimprenditori è "costretto" ad avviare un’azienda

Numerosi sono i dati interessanti ricavabili dall’indagine realizzata dal centro studi dell’Unioncamere sui neoimprenditori. Ma quello di maggiore rilievo riguarda l’elevata percentuale, il 34%, dei neoimprenditori che dichiarano di aver scelto di creare un’azienda perché, di fatto, non avevano alternative. Avrebbero preferito di diventare lavoratori dipendenti ma non ci sono riusciti. Ora questo elemento è importante perché ridimensiona, per certi aspetti, la notevole diffusione di microimprese in Italia, di molto superiore a quanto avviene, ad esempio, negli altri paesi europei. Infatti tale tendenza, viene dimostrato dall’indagine, non dipende solo da una maggiore volontà che contraddistingue gli italiani di mettersi in proprio ma anche dall’impossibilità di trovare un lavoro alternativo, un lavoro dipendente. E la conseguenza può essere che talvolta i neoimprenditori non sono affatto preparati, perché nemmeno pienamente convinti, ad affrontare la decisione di mettersi in proprio, cosa che potrà creare loro nella gestione aziendale difficoltà di non poco conto.

Tornando ai risultati dell’indagine si può rilevare che il neoimprenditore, in media, ha tra i 31 e i 40 anni, è maschio e diplomato. In più della metà dei casi, è certo di poter contare sulle proprie capacità e sull’esperienza già acquisita per fare il grande “salto” e affrontare il rischio di aprire un’impresa, lasciando magari un lavoro che non lo soddisfa. Ma un altro terzo dei neoimprenditori è stato indotto a mettersi in proprio perchè ha perso o ha difficoltà a trovare un lavoro alle dipendenze. Le difficoltà a trovare un lavoro alle dipendenze oppure l’instabilità di un precedente contesto occupazionale sono state invece la motivazione principale per il 34% dei neo capitani d’azienda. Questo il profilo dei capitani d’impresa del 2010, ovvero di coloro che hanno deciso di fondare, da titolari o da soci di maggioranza, una nuova azienda, rischiando in prima persona anche investendo proprie risorse economiche. Il ritratto emerge dall’indagine condotta dal centro studi di Unioncamere su un campione di 5.200 imprese attive nate nel 2010 e per le quali è possibile identificare il settore di appartenenza, rappresentativo di quelle oltre 213.000 “vere” nuove imprese iscritte nel corso dell’anno.

I 31-40enni costituiscono la quota più consistente dei fondatori di una vera nuova impresa nel 2010 (41,3%). Il 24,4% ha invece come fondatore un giovane meno che trentenne, il 23,4% una persona di 41-50 anni e solo il 9,7% dei neoimprenditori è un over 50. L’iniziativa delle donne resta minoritaria, visto che solo il 26,6% delle nuove imprese è riconducibile alle rappresentanti del gentil sesso, a fronte di un 73,4% legato all’iniziativa di uomini. La grande maggioranza dei neomprenditori ha un titolo di studio elevato: quasi il 45% è in possesso di un diploma di scuola superiore e oltre il 17% del titolo di laurea. L’elevata quota di imprenditori con titolo di studio secondario o universitario, osserva Unioncamere, è indicativo dell’innalzamento della cultura imprenditoriale nel nostro Paese, fattore primario per la diffusione dell’innovazione nell’offerta di prodotti e servizi, anche in settori come il turismo, i servizi alle persone e il commercio. Circa il 16% dei neoimprenditori ha invece una qualifica professionale, mentre un 22,5% non va oltre la scuola dell’obbligo. Ma cosa incide sulla scelta del mettersi in proprio? Innanzitutto la scelta di assumere su di sè il rischio d’impresa e la volontà di (ri)mettersi in gioco.

Per quasi il 27% dei neo-imprenditori, prevalgono fattori come l’esperienza acquisita, la consapevolezza delle proprie capacità e la convinzione di avere un’idea di business innovativa. Un ulteriore 25% di persone mostra di aver deciso di mettersi in proprio spinto dall’insoddisfazione per l’attività svolta e dal desiderio di affermarsi sotto il profilo personale e professionale. Ma non tutti sono imprenditori per scelta. La necessità di trovare uno sbocco lavorativo, magari anche per le difficoltà incontrate nel cercare un lavoro alle dipendenze, ha infatti guidato la decisione del 24,7% dei neoimprenditori. A questi si va ad aggiungere un ulteriore 9,3% mosso non solo da motivazioni occupazionali, ma anche dalla voglia di cogliere alcune opportunità come, ad esempio, quella di lavorare in proprio per l’impresa presso la quale era precedentemente occupato ovvero di valorizzare la propria esperienza professionale in un momento in cui il lavoro alle dipendenze presenta alcune criticità.

Un ulteriore 14,3% degli imprenditori del 2010 ha scelto di avviare l’impresa per altre motivazioni, quali, ad esempio, la tradizione familiare o la possibilità di accedere ad agevolazioni fiscali e creditizie. Tra i giovani (siano essi alla ricerca di un primo lavoro o ancora studenti), ovviamente, la necessità di trovare un’occupazione (28% delle risposte fornite) ovvero la difficoltà a trovare un lavoro alle dipendenze (14%) sono le motivazioni predominanti. Ma altri giovani neoimprenditori hanno intrapreso quest’anno la via dell’azienda con l’obiettivo principale di conseguire un maggior successo personale ed economico (19% delle indicazioni raccolte) o perchè conscio (nel 27% dei casi) di avere buone opportunità legate alla conoscenza dei bisogni del mercato e alla fiducia nelle proprie capacità. Per gli impiegati e operai, invece, le motivazioni che presentano una frequenza superiore alla media rimandano a un senso di insoddisfazione verso il precedente lavoro (il 15% delle risposte fornite dagli impiegati e l’11% dagli operai, contro una media del 9%). Elevata però anche la spinta all’autoimpiego: il 30% si è messo in proprio perchè il lavoro alle dipendenze era a rischio e sembrava molto difficile trovare un altro “posto fisso”. Per dar corpo alla propria idea d’impresa, il neoimprenditore del 2010 ha investito di suo. Il 55% dei fondatori d’azienda, infatti, ha utilizzato esclusivamente mezzi propri per l’avvio dell’attività. Marginale il ricorso a incentivi di varia natura (finanziamenti in conto capitale, in conto esercizio, incentivi fiscali), ai quali ha fatto ricorso solo il 6,2% dei neo capitani d’impresa. Oltre ai mezzi propri (utilizzati, nel complesso, dal 90% circa dei neo-imprenditori), la nuova attività viene realizzata grazie ai prestiti di amici e parenti (19,5%) o a quelli bancari (21,1%). Ma si tratta di cifre in generale molto contenute e nella maggior parte dei casi lo strumento del micro-credito potrebbe ulteriormente favorire lo start-up di queste nuove realtà.

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