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Ieri sera alla stazione Termini

Ieri sera ero alla stazione Termini di Roma, in attesa del treno che mi doveva riportare nella mia città.

Erano circa le 21 e nei pressi dei binari sostavano alcuni “irregolari”. Qualche “barbone” con le sue cose in valigie non certo nuove e una ragazza, non credo italiana, ma di carnagione chiara, vestita piuttosto bene, seduta su una panchina di quelle che da poco tempo sono ricomparse improvvisamente in quella stazione, che si vedeva che non stava bene. Forse aveva bevuto troppo, aveva in mano una bottiglia di birra. Si avvicinano a lei dei volontari, in gran parte di carnagione scura, chiaramente africani, alcune donne in primo luogo, che la invitano a seguirli, probabilmente per condurla in un luogo dove passare la notte, migliore di una stazione ferroviaria come Termini. E la ragazza, dopo una iniziale attesa, li segue, camminando con qualche difficoltà. Probabilmente, grazie a quei volontari, avrà passato una notte in un luogo abbastanza accogliente e in un letto caldo, sotto qualche coperta.

Questa “scena”, devo riconoscerlo, mi ha un po’ stupito, forse perché tutti, e anche io quindi, pur non volendo, veniamo influenzati dalla propaganda leghista che spesso “dipinge” gli uomini e le donne di colore come i soli che vivono in condizioni disagiate, per colpa loro ovviamente secondo i “padani”, e quindi i soli ad aver bisogno di un aiuto per un pasto decente e per un letto accogliente, prima forse di essere respinti e inviati alla frontiera.

Invece ieri sera a Termini è avvenuto esattamente il contrario. Delle donne e degli uomini di colore hanno aiutato una ragazza “bianca”.

Si è rivoltato il mondo? Certamente no. Si è semplicemente dissolto, almeno per quanto mi riguarda, uno stereotipo e si è affermata una realtà, che solo nelle nostre teste appare strana: il disagio sociale come l’aiuto nei suoi confronti non conosce diversità di “colore”, di razza.

Forse dei “padani” avrebbero dovuto essere presenti eri sera a Termini, intorno alle 21. Forse avrebbero imparato qualcosa che le loro “chiusure” mentali gli impediscono di comprendere.

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