I nuovi media e l’alleanza tra giornalisti e cittadini
“Giornalismo e nuovi media” è un pregevole saggio di Sergio Maistrello che racconta l’attuale evoluzione delle diverse forme di giornalismo (www.apogeonline.com, 2010, anche ebook).
A quanto pare per il giornalismo professionale tira una brutta aria: si sono fatti numerosi tagli di personale a “La Repubblica”, al “Corriere della Sera”, a "La Stampa” e pure la free press è in crisi. Tutto ciò è dovuto alla crisi economica e al forte calo degli investimenti pubblicitari: “Il periodo gennaio-novembre 2009 registra le seguenti variazioni percentuali: stampa quotidiana -22,5, periodici -29,1, radio -10,1, televisione, -11,1, Internet +4,6” (Nielsen Media Research, p. 60). Perciò gli investimenti nel Web sono i soli in aumento, però non è facile incassare grosse cifre con la pubblicità online, forse perché gran parte di questo business è in mano a Google (attraverso i servizi AdSense e DoubleClick).
Si apre così un porta privilegiata di ingresso nei palazzi dell’informazione al cittadino qualunque, alle diverse categorie di professionisti e a tutti quelli che ne sanno più degli altri. Infatti per aumentare le vendite bisogna dare una scossa al sistema e per avvicinare i cittadini più giovani occorrono dei bravi cittadini. E “dato un qualsiasi argomento, esiste almeno un lettore là fuori che ne sa più dei giornalisti. Trovarlo (o fare in modo di farsi trovare) e metterlo in condizione di partecipare al processo di costruzione delle notizie” è fondamentale (Russo e Zambardino, Eretici digitali).
Infatti i giornali e le reti vivono di relazioni: “compito di ciascun nodo è alimentare quelle relazioni… il giornale dovrebbe trarre spunto dalla liquidità, dall’elasticità, dall’intensità, dall’umanità che emergono nei social network e nei luoghi più vitali della Rete. Il giornalista non produce più sintesi precotte buone per il maggior numero possibile di persone, ma frammenti di conoscenza a disposizione dei percorsi di approfondimento soggettivi e creativi di ciascun lettore” (p. 94).
Per fare ciò occorrono persone con buone capacità di analisi, di sintesi e di interpretazione dei fatti, e bisogna stabilire un rapporto privilegiato di fiducia con i lettori, poiché l’informazione è eccessiva e quindi inflazionata. E invece l’attenzione individuale è un bene sempre più limitato.
Per Maistrello ogni moderna redazione dovrà avere “una figura indipendente che possieda strumenti tecnici e culturali per fare sintesi, per gettare ponti tra le specializzazioni, per comporre scenari. Un professionista consapevole di non avere più né l’esclusiva né deleghe in bianco, che si accontenti spesso di arrivare in seconda battuta sui fatti a fronte di maggiore approfondimento e che sia in grado di lavorare insieme ai tenti nuovi soggetti che affollano lo spazio pubblico delle idee e delle opinioni, a cominciare dai suoi stessi concittadini".
Oggigiorno “tutti hanno accesso a tutti i contenuti, tutti possono produrre tutti i contenuti che ritengono opportuni. È riduttivo inquadrare ciò che sta accadendo soltanto come la spinta di un esercito di aspiranti giornalisti e attivisti a cui la tecnologia ha dato la chance che il mercato [e i favoritismi all’italiana] aveva a loro negato. È l’idea stessa di cittadinanza che evolve verso una dimensione più ricca e completa” (p. 17). E “su internet si lavora, si ruba, ci si innamora, si gioca, si studia. Insomma si vive. E dove c’è gente che vive ci deve essere qualcuno che indaga e riferisce” (Vittorio Zambardino e Massimo Tedeschini Lalli, Repubblica, 1995).
La figura centrale di questa nostra nuova epoca è quindi il “social media editor”, che interagisce con i diversi social network per percepire le nuove tendenze e capire come viene recepito il lavoro dei giornalisti professionisti. E ogni testata online dovrebbe fornire un buon contenuto originale abbinato con l’aggregazione delle notizie migliori che escono quotidianamente su altri siti.
Quindi “la produzione dell’informazione non sarà mai più una questione riservata soltanto ai giornalisti, non ci sarà più un giornale senza interazione e collaborazione tra i professionisti delle notizie, gli esperti e i loro concittadini” (p. 167). Probabilmente nasceranno delle forme di giornalismo più accurate e più scientifiche, in versioni simili a quella già attuata dalla piattaforma www.wikileaks.org (Julian Assange è il portavoce e uno dei fondatori). Aumenteranno le fonti di informazione indipendente dalle multinazionali e dai gruppi industriali nazionali più o meno specializzati nell’editoria (per documentarsi sui diversi gradi di libertà della stampa in ogni nazione e a livello mondiale segnalo il sito di Reporter Sans Frontières: http://rsfitalia.org).
In questa pubblicazione ci sono inoltre numerosi riferimenti a siti che si occupano di giornalismo: centri studi, scuole, divulgatori, ecc. Io segnalo l’impareggiabile www.ejo.ch, un centro studi no profit dell’Università della Svizzera italiana. Questo osservatorio sul giornalismo europeo ed internazionale pubblica approfondimenti e ricerche in diverse lingue.
Infine c’è da sottolineare che il web semantico, su cui sta lavorando anche l’italiano Massimo Marchiori (ricercatore all’Università di Padova e collaboratore del MIT di Boston), favorirà la diffusione del giornalismo di qualità. E una cosa è certa: “Permettere ai vincitori di ieri di dettare le condizioni della competizione economica di domani sarebbe una scelta disastrosa” (Yochai Benkler, La ricchezza della rete).
Sergio Maistrello è coordinatore editoriale di Apogeonline (la webzine di Apogeo) e docente di Giornalismo e nuovi media all’Università di Trieste. In precedenza ha pubblicato altri due saggi relativi all’universo Web: “La parte abitata delle rete” e “Come si fa un blog” (Tecniche Nuove).
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