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I frutti dei tempi migliori: l’abbandono del cristianesimo nel Regno Unito

In un articolo scritto per Psycology Today, il sociologo Phil Zuckerman, già autore del celebre Society without God, individua quelli che secondo lui sono i motivi che hanno portato la Gran Bretagna a raggiungere — con le parole già usate da altri — il grande sorpasso ateo

Questo britannico sorpasso, già avvenuto in altre nazioni d’Europa come l’Estonia, la Repubblica Ceca e l’Olanda, viene certificato da una ricerca condotta dal teologo Stephen Bullivant e riguarda le percentuali di coloro che in Gran Bretagna non si identificano in nessuna religione (48,3%), rispetto a chi si definisce cristiano (43,8%).

Zuckerman ci fornisce una sua chiave di lettura della ricerca partendo da alcuni elementi significativi. Mette in evidenza come, sulla base dei dati raccolti nel rapporto, per ogni britannico cresciuto senza religione che da adulto è diventato cristiano, ce ne sono ben ventisei che sono stati cresciuti come cristiani, ma una volta adulti si dicono sostanzialmente non affiliati ad alcuna religione. Nello specifico, la stragrande maggioranza dei bambini provenienti da contesti sociali e familiari religiosi hanno poi abbandonato la religione da grandi.

Viceversa, solo una piccola percentuale di quelli che hanno vissuto sin da piccoli senza un indottrinamento religioso hanno adottato una religione nel corso della vita. Segnale, scrive il sociologo, che nel corso del tempo il proselitismo religioso ha perso la sua efficacia, mentre invece sembra ancora tenere abbastanza forte una socializzazione di tipo più laico.

Tra le ragioni di questo aumento di non credenti indicate dal sociologo, c’è anche il maggior impiego delle donne come forza lavoro retribuita. Riprendendo lo storico inglese Callum Brown, Zuckerman scrive che dalla metà del secolo scorso sono venuti gradualmente a mancare il tempo e le energie che precedentemente venivano impiegate dalle donne per il coinvolgimento nelle pratiche religiose a livello domestico e familiare. In altre parole, l’emancipazione femminile e la messa in discussione del loro ruolo domestico tradizionale ha incentivato il distacco dalla pratica religiosa e di conseguenza il disinteresse per la religione.

A questo vanno ovviamente aggiunte le considerazioni già emerse con gli studi di Ronald Inglehart e Pippa Norris. Dove l’individuo è più “sicuro”, ovvero dove ha un maggiore accesso all’istruzione, alla salute, al lavoro, alla casa e al benessere in generale, la religione tende ad essere abbandonata. È nei fatti quanto accaduto in Gran Bretagna — e sta accadendo in altri paesi europei — dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Infine ma non certo l’ultimo dei motivi, in questa Gran Bretagna già terra natia di menti brillanti come David Hume, John Stuart Mill e Charles Darwin, che con il loro pensiero libero da dogmi hanno contribuito a porre la religione sotto una prospettiva critica, Zuckerman individua nell’esistenza stessa della National Secular Society una delle principali ragioni dell’aumento della popolazione britannica non religiosa. In buona sostanza afferma che dopo oltre 150 anni di attivismo per tenere separati Stato e religioni, ribadire l’uguaglianza di tutti e sostenere i diritti umani, è naturale che ora si passi a raccoglierne i frutti.

In Italia non possiamo certo attestare un sorpasso. I cittadini che si ritrovano nelle istanze laiche sono sempre di più ma ancora sono costretti a convivere quotidianamente con una pesante interferenza della religione nella sfera pubblica. Soprattutto politica. Nonostante la secolarizzazione abbia fatto dei passi da gigante anche qui, specie negli ultimi 30 anni, la separazione tra Stato e religioni nel nostro paese è ancora soltanto teorica. Per nulla concreta. Abbiamo degli ottimi indicatori che dovremmo tenere presente per il futuro. Per esempio, solo il 7% dei giovani tra i 25 e i 36 anni considera oggi la religione importante: meno di un terzo rispetto al 2003. Questo nonostante il MIUR stia per immettere in ruolo 4600 nuovi insegnanti di religione cattolica. Come sempre scelti dal vescovo e pagati dallo Stato. Le chiese sono costrette a chiudere i battenti per assenza di fedeli.

Nonostante ciò, il pulpito sembra ancora avere un certo appeal per molti dei nostri politici. Andare a testimoniare il presunto miracolo, fare un’improvvisata per un po’ di propaganda elettorale, o dare comunicazioni in vista del voto imminente ha sempre il suo perché. Sembra. Insomma, tanti indicatori, tutti di sostanza, ignorati puntualmente dal solito baraccone politico clericale. Verranno tempi migliori e anche noi, qui in Italia, raccoglieremo i nostri frutti.

Paul Manoni

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