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 Home page > Attualità > Cronaca > Giuseppe Gatì: questa è la mia terra ed io la difendo

Giuseppe Gatì: questa è la mia terra ed io la difendo

Giuseppe Gatì stava colpendo nel segno. La sua prematura scomparsa ha messo in evidenza l’affetto e la stima di cui godeva da parte di tanta gente. Di moltissimi giovani. Dal mondo della Rete. Aveva motivato la nascita del suo blog con l’esigenza “di dire basta al clima di illegalità e ingiustizia che si respira nel nostro Paese, e soprattutto in Sicilia”, sulla scia di Piero Ricca aveva deciso di “esercitare senza inibizioni il diritto alla libertà di espressione, difendere i valori della legalità e dell’etica pubblica. Opporsi alla manipolazione e alla censura dell’informazione, non appartenendo ad alcun partito”.

Scrisse sul blog che “E’ arrivato il nostro momento, il momento dei siciliani onesti, che vogliono lottare per un cambiamento vero, contro chi ha ridotto e continua a ridurre la nostra terra in un deserto, abbiamo l’obbligo morale di ribellarci”, “questa è la mia terra ed io la difendo”. Alle parole seguirono i fatti: la coraggiosa contestazione pubblica nei confronti di Sgarbi al grido “viva Caselli, viva il pool antimafia” lo fece entrare nel cuore di tanti.


In quel video, però, c’è il ritratto della Sicilia. Il volto oscuro di una terra arcaica e conservatrice. Impermeabile al cambiamento. Un popolo sovrastato dalla mentalità mafiosa. Una società civile piegata al potere. Raccontava Gatì: “sono stato subito preso e spintonato da un vigile, mentre qualcuno tra la folla mi rifilava calci e insulti. Sgarbi, prima chiedeva che venisse sottratta la videocamera alla mia amica, e dopo cercava lui stesso di impossessarsene”, “i miei amici vanno via perchè impauriti, mentre io vengo trattenuto dai vigili”, “si avvicina un uomo in borghese, che dice di appartenere alle forze dell’ordine e cerca di perquisirmi perchè vuole la videocamera (che ha portato via la mia amica). Io dico che non può farlo e lui mi minaccia e mi mette le mani addosso”, “arriva un altro personaggio, e minaccia di farmela pagare, ma i vigili lo tengono lontano”, “mi congedano con una frase che non posso dimenticare: devi capire che ti sei messo contro Sgarbi, che è stato onorevole e ministro…”. Risulta evidente la compattezza del sistema e l’ostilità verso qualsiasi elemento di estraneità. Chi alza la testa e prova ad informare e criticare le malefatte dei potenti viene criminalizzato. Gatì voleva smuovere gli acquitrini fangosi della politica isolana. Da solo urlava. E’ morto in un incidente sul lavoro. La procura indaga.

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