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Forse sotto quei tetti ci sono dei talebani. Bombardiamoli

In molti hanno letto in questi anni "Il cacciatore di aquiloni" di Khaled Hosseini, e scorrendo pagina per pagina tutti si saranno trovati a vagare per un mondo incantevole, fatto ancora di caste, e tuttavia di fiducia nell’uomo. I bambini possono andare allo spaccio a comprare da mangiare per casa con un bastone. Il commerciante incide tante linee, quante monete vale l’acquisto, a fine mese pagherà il padre. Qui da noi sarebbe una corsa, un disboscamento alla ricerca di nuovi bastoni da utilizzare.

Poi la guerra.
Ed è facile pensare che di quel mondo non sia rimasto nulla in piedi. Gli Stati Uniti, come dichiarano documenti emersi nelle indagini, avevano bisogno di un nemico, di una nuova Pearl Harbor, in modo che i cittadini sostenessero, o quantomeno non rifiutassero integralmente una nuova guerra di occupazione.
E a un timido segnale si è scatenato l’inferno.

Era il 2001, sono passati otto anni e solamente l’altroieri circa cento persone, tutte civili, hanno perso la vita sotto le bombe di un raid americano. La loro colpa stava tutta, ci dicono i funzionari dell’esercito, nella probabilità che sotto i loro tetti abitassero anche miliziani talebani.

Che adesso non si possa più appurare non importa.



"Il presidente Hamid Karzai e il comando militare Usa hanno ordinato l’apertura di un’inchiesta sulla morte di 150 persone nei bombardamenti condotti sulla provincia di Farah".

"Tra le decine di persone uccise ci sono donne e bambini" ha detto Jessica Barry, portavoce della Croce Rossa, a conclusione degli accertamenti condotti dall’organizzazione dopo le denunce degli abitanti della zona di Farah "la cui impressione era che ci fossero decine di morti". "Possiamo confermare senza ombra di dubbio che ci sono vittime civili" ha aggiunto la Barry, e tra questi un volontario della Mezzaluna Rossa ucciso con 13 membri della sua famiglia.

"Karzai ha già fatto sapere che discuterà della questione in occasione del suo incontro di oggi con il presidente statunitense Barack Obama." (da Rainews 24)



E’ il modo di portare la democrazia a spasso per il mondo, tutto americano. Non furono, e non sono, differenti le cose in Iraq, non lo furono in Vietnam, non risparmiarono nemmeno l’Italia. Anzi, come dote per gli italiani, si fecero aprire la strada da uno sbarco di mafiosi che dovevano "preparare il terreno" all’arrivo alleato. (per chi non ci crede un link come un altro)

La cosa sbalorditiva è che nemmeno questo fiore all’occhiello che è il nuovo presidente Obama, nemmeno lui, nero, rivoluzionario, vicino al popolo e ai diritti umani, nemmeno lui è in grado, o vuole, di sottrarsi alla carneficina afghana.



Qualcuno dovrebbe spiegarci perchè dopo quasi un secolo dai quattordici punti della dottrina Wilson, che garantirono all’Italia una "vittoria mutilata" della prima guerra mondiale, e di conseguenza un vivace e ridente ventennio fascista, e che sosteneva la "autodeterminazione dei popoli", alcune nazioni si sentano in grado di opporsi al volere popolare di una determinata nazione. Perchè ci siano presidenti di stato che si arroghino il diritto di imporre un cammino forzato, falciando vite, seminando le bombe a grappolo, uccidendo generazioni di bambini, seminando morte.

Qualcuno dovrebbe spiegarci da dove possa venire una tale forza e presunzione nel supporre di avere ragione, nell’impedire lo sviluppo di qualsiasi criterio di vita che non sia il proprio.

I No dal Molin protesteranno proprio davanti alla caserma delle Ederle, asserendo che Vicenza non vuole ospitare assassini. Proprio a proposito qualcuno dovrebbe spiegarmi cosa ci faccia l’Italia, in Afghanistan.

Che una buona volta, che sia Silvio o Romano, qualcuno me lo spieghi, come se avessi un anno.

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