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Federico Caffè, il consigliere dei cittadini

“Contro gli incappucciati della finanza” è un libro che raccoglie i principali articoli pubblicati dal famoso economista Federico Caffè (a cura di Giuseppe Amari, Castelvecchi Rx, maggio 2013).

Federico Caffè è stato uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana e amava il ruolo di “consigliere del cittadino”, rispetto a quello di consigliere del principe e dei poteri finanziari, caratteristico di quasi tutti gli economisti. Infatti Caffè ha sempre sottolineato il valore di una programmazione economica democratica e partecipata, rispetto alla “liberalizzazione senza programmazione”, di cui oggi l’Italia paga tutte le conseguenze possibili e inimmaginabili. 

Giuseppe Amari ha riunito per la prima volta tutti gli articoli di Caffè, usciti su “l Messaggero di Roma (1974-1986) e L’Ora di Palermo (1983-1987), che rappresentano l’attività più duratura in campo pubblicistico. A livello istituzionale Caffè collaborò con il ministro Meuccio Ruini, uno dei tre ministri del Partito Democratico del Lavoro nel breve governo Parri del 1945, che durò dal 21 giugno al 10 dicembre e stabilì le basi costituzionali per garantire le libertà personali e sociali.

Comunque, nonostante le tematiche economiche, la lettura è molto scorrevole e permette di conoscere meglio la personalità di un economista umile e gentile, che purtroppo non riuscì a mangiare nella mensa degli studenti a causa di una regola burocratica classista e stupida. Per Caffè i buoni rapporti umani erano fondamentali ed erano alla base della sana e robusta costituzione di ogni nazione. E forse fu il declino sociale italiano oppure la grande decadenza psicofisica della vecchiaia a fargli maturare la decisione di scomparire dall’Italia e dal mondo il 15 aprile 1987.

Infine aggiungo le considerazioni del professore emerito Paolo Leon, che ha conosciuto Federico molto da vicino:

“Il grande insegnamento di Caffè, per me, è stato proprio il riconoscere nello stato sociale universale, non una sorta di benevolenza o tolleranza laica per i più poveri, né uno strumento redistributivo per correggere i fallimenti del mercato, e nemmeno un modo per tagliare le unghie alla protesta sociale, ma una misura di politica economica che si autofinanziava e non aveva bisogno di nuove imposte, sia perché la spesa pubblica metteva in moto il moltiplicatore [di ricchezza], sia perché il servizio pubblico poteva essere più efficiente ed efficace del servizio privato (è ancor oggi così, contro il pregiudizio privatizzatore che Caffè tanto criticava), ed era falso il dilemma, tipicamente microeconomico (quando non ipocrita), tra equità ed efficienza”

(Postfazione a pag. 257).

 

Giuseppe Amari si è laureato in Economia alla scuola di Caffè presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Ha svolto attività sindacale nel ramo del credito e lavorato in diversi istituti bancari.

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