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Fatevi il vostro piccolo paradiso fiscale domestico

Ieri, sul quotidiano francese Les Echos, compare un articolo su quella che sta diventando una tendenza in Europa: la concessione di visti pluriennali a cittadini extracomunitari che investono somme elevate nel paese. Perché, in tempi disperati, servono rimedi disperati.

Il paese analizzato da Les Echos è il Portogallo, che da circa un anno ha lanciato il programma detto “Visto d’oro”, attraverso il quale concede un permesso di soggiorno quinquennale a cittadini extracomunitari che acquistino un immobile del valore di almeno 500.000 euro, oppure effettuino un investimento finanziario di almeno un milione di euro o ancora creino almeno dieci posti di lavoro nel paese. Dai dati disponibili, ad oggi sono stati concessi circa 350 permessi di soggiorno su base “censitaria”, di cui circa 280 a cittadini cinesi, che hanno così conseguito un agognato (?) permesso valido nell’area di Schengen. L’incasso per Lisbona è stato sinora di circa 220 milioni di euro. Il Portogallo ha anche un programma di immigrazione qualificata, che prevede una cedolare secca Irpef del 20% per professioni dette “ad alto valore aggiunto”. In questo caso il programma vale anche per cittadini di altri paesi europei.

Il programma dei “visti d’oro” non è esclusività portoghese: analoghe iniziative esistono anche in Regno Unito, Olanda, Spagna, persino le disastrate Grecia e Cipro. E in Italia? Al momento nulla, anche se ricordiamo tempo addietro l’estemporanea proposta di Giulio Tremonti sulla “portabilità temporanea” del regime fiscale per residenti di altri paesi, per giunta nell’odiato (dal coerente Tremonti) settore della finanza. Una proposta problematica, a dire il vero: perché mai un cittadino estero dovrebbe trasferirsi in Italia per mantenere temporaneamente lo stesso regime fiscale del proprio paese, ed in omaggio andare incontro ad un incubo burocratico e alla mancata tutela dei propri diritti di proprietà? Mistero. Infatti non se ne fece nulla.

Ma questa tendenza ai “visti plutocratici” ed ai regimi fiscali privilegiati per attrarre capitali e esteri è interessante, e pure potenzialmente foriera di conseguenze di ampia portata. Intanto, un’azione di questo tipo tende ad aumentare la diseguaglianza, importandone altra. Non è detto che questo sia un problema, però: ci sono paesi in cui queste situazioni non sono un problema, ed altri in cui lo sono al massimo grado. Voi immaginate cosa accadrebbe in Italia, se una prassi del genere prendesse piede, per puro assurdo?

Ad un certo punto, cominceremmo ad avere appelli alla popolazione per mettere una bella patrimoniale sullo straniero che viene ad affamarci, visto che in questo paese siamo sempre attivamente in modalità “assalto ai forni”. Avremmo invocazioni di patrimoniale “a botta secca”, diremmo che questa gente sfrutta il nostro paese, che dietro c’è una rete internazionale di riciclaggio (potrebbe anche essere, comunque), eccetera. Ed avremmo anche levate di scudi contro l’immigrazione qualificata, che verrebbe definita “classista”.

Ma ribadiamolo: al momento l’Italia non corre il rischio né di avere una immigrazione qualificata con regime fiscale agevolato né di avere insediamenti di imprenditori esteri. Siamo al riparo, e possiamo orgogliosamente rivendicare la patrimoniale per tutti i nostri connazionali “ricchi”; definizione che finirà col sovrapporsi all’intera popolazione residente, per noti motivi di cassa e di attiva ricerca della felicità attraverso la redistribuzione della povertà in un paese sempre più smarrito e rinc0glionito dalle fiabe della sua sinistra onirica e dei suoi Grillusconi d’assalto.

 

Foto: Philippe/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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