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Fine d’anno

Un anno negativo per il nostro Paese, cominciato male e finito peggio. Nella politica, nell’economia, nel lavoro. Un anno da dimenticare.

Fine d’anno, tempo di guardare indietro e di tirare le somme. 

Per il nostro Paese le somme non possono che essere negative, non solo per il clima di recessione economica che in questi ultimi mesi ha messo a casa migliaia di lavoratori, ma anche per il clima politico che si è creato con la sconfitta del partito Democratico alle ultime elezioni di aprile.

Le speranze di una politica diversa di tipo europeo con una corretta collaborazione maggioranza-opposizione si è ben presto sgretolata a causa della protervia del Presidente da una parte e della intrinseca debolezza di una sinistra apparsa sempre incerta e divisa dall’altra.

Questo è un male per la democrazia, ed un male anche per il paese, perché solo dalla fattiva collaborazione dei due maggiori protagonisti potevano scaturire quelle riforme di sistema, quel cambiamento dei regolamenti parlamentari e quella riforma generale dello Stato che avrebbe permesso un più leggero iter legislativo, una maggiore velocità decisionale, una più incisiva azione governativa sui vari e annosi problemi che si trascinano da anni come la riforma della giustizia, gli ammortizzatori sociali, le grandi riforme della scuola e della pubblica amministrazione.

Avrebbe comportato anche finalmente l’inizio del processo di ridimensionamento della elefantiaca macchina governativa con la tanto attesa riduzione del numero dei parlamentari, il drastico se pur sofferto ridimensionamento dei loro assurdi privilegi, la diminuzione generale del costo globale della macchina pubblica non tanto e non solo per motivi di bilancio statale quanto come segnale di buona volontà e di partecipazione dei nostri rappresentanti parlamentari alla grave situazione economica di tante famiglie con seri problemi di sostentamento.

Purtroppo segnali che, se pur sbandierati continuamente in campagna elettorale da tutti i partiti, si sono dileguati e svaniti nel lodo Alfano, nella polemica sulla sospensione dei processi, nella spinosa e costosa vicenda Alitalia, nella polemica sulle intercettazioni telefoniche.

La scomparsa poi dei partiti della sinistra estrema e dei verdi ha completato un quadro che all’inizio poteva anche apparire positivo. Sembrava rappresentare infatti una semplificazione del quadro politico parlamentare, con meno partiti e quindi con accordi più semplici e meno mediati (sappiamo tutti quanto abbia pesato questo nel governo precedente), e in definitiva un’azione governativa più dinamica, incisiva, di tipo finalmente europeo. Alla luce dei fatti, invece e purtroppo, si è rivelata una semplice e dolorosa esclusione perché ritengo che in democrazia ogni opinione, anche la più diversa, abbia diritto di rappresentanza.

Un brutto anno quindi, visto che su questa crisi di democrazia politica si è instaurata anche quella economica, presentandoci un fine anno disastroso con molti lavoratori già a casa e molti altri con una grande paura per quello che può succedere l’anno prossimo.

Quello che prevale quindi in questo momento nella popolazione generale, e che condiziona fortemente l’opinione pubblica, senza grandi distinzioni, è un clima di grande incertezza, ansia e insicurezza del futuro che oramai si vive giornalmente. Lo vive l’operaio perché non sa quanto ancora la fabbrica sarà chiamata a produrre nei prossimi mesi, l’impiegato (e non solo statale) legato anch’esso all’azienda o alla inevitabile trasformazione che dovrà subire la Pubblica Amministrazione (vedi i ripetuti discorsi sul destino delle Province e delle Comunità Montane), l’insegnate di ruolo che non ha ancora ben capito se esultare o rassegnarsi alla riforma, quello precario e non di ruolo che invece lo ha capito subito, il grosso professionista che per ora sorride (il decreto Visco, che lo aveva molto spaventato, è stato subito ritirato dal Governo in carica con suo grande sollievo) ma che non sa quanto questo clima di relativa impunità potrà ancora continuare, il banchiere per ora salvato ma che sa che dovrà fare i conti in futuro con un mercato più attento, con un consumatore più attento ed esigente, e con una concorrenza delle banche estere il cui contenimento fuori dai confini nazionali appare sempre più problematico.

Una incertezza che riguarda tutti i cittadini risparmiando forse solo categorie marginali come i grandi capitalisti che comandano l’economia mondiale secondo i loro criteri di continuo accumulo di denaro, le grandi e ricche famiglie di casa nostra, troppo ricche per accorgersi della crisi, le nostre mafie ora ferite ma non ancora moribonde, i grossi politici nazionali che continueranno a fare i soliti balletti senza aspettare l’ultimo dell’anno.<br>

Ed anche una categoria a parte che continua a invitare i cittadini al consumo e alle spese per difendere la nostra economia e non si capisce se lo fa per ufficio o perché non si rende conto della gravità della situazione. Contrariamente ad altri che invece lo sanno benissimo ma se ne fregano in tutta tranquillità, cenando sui loro yacht milionari in baie esclusive o guardando la situazione italiana dai caldi posti remoti dove di solito passano le vacanze per sfuggire “al freddo inverno di casa nostra”.

Come regalo di fine anno abbiamo anche il riesplodere del conflitto arabo-israeliano con alcune centinaia di morti fra la popolazione palestinese, con molte vittime anche fra bambini e civili. E’ una guerra che sfugge ai confini nazionali e ci riguarda tutti. Che l’anno nuovo porti a queste sfortunate comunità la pace che tutti i popoli meritano e che i loro rappresentanti, al momento, non sembrano in grado di garantire.

Da una parte infatti gli israeliani che hanno bisogno di un’azione di forza a causa delle imminenti elezioni politiche (ed anche per riscattare la figuraccia rimediata nell’ultimo conflitto), dall’altra un Hamas che ha deliberatamente interrotto una fragile tregua forse solo per legittimare se stesso, per alimentare un odio contro Israele che lo rende più forte. Il prezzo di queste azioni scellerate non lo pagano gli artefici ma, come al solito, lo paga la povera gente che viene bombardata, uccisa, affamata o esplosa da un kamikaze. Una triste fine d’anno per queste disgraziate popolazioni.

Inviamo proprio a loro, con particolare affetto, i nostri auguri di un felice e diverso anno nuovo.

 

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