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Esonerato sarà lei

Provate a cercare su Google “modulo esonero religione”. Otterrete migliaia di risultati, buona parte dei quali portano a siti di scuole pubbliche che ancora oggi invitano a compilare una richiesta di esonero per esercitare la scelta di non frequentare una materia facoltativa, guarda caso quella sotto il controllo dei vescovi.

Un tempo in Italia c’era la religione di stato e per sottrarsi al suo insegnamento, obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado, occorreva effettivamente presentare la richiesta di esonero. Ma da quei brutti tempi sono passati più di quarant’anni, si sono avvicendate due generazioni di docenti e nelle circolari ministeriali l’odioso concetto di esonero è sparito da decenni.

Fa una certa impressione l’uso disinvolto di termini fuorvianti e denigratori da parte dei responsabili della formazione delle nuove generazioni. Si sa, è difficile cambiare le consuetudini. È tollerabile sentire ancora chiamare preside il dirigente scolastico ed elementare la scuola primaria. Per non parlare di medie e superiori al posto delle corrette diciture di secondarie di primo e secondo grado.

Altre volte le parole sono davvero importanti ed è inaccettabile che vengano usate quelle sbagliate da parte dell’istruzione pubblica e in particolare nei rapporti che questa ha con genitori e studenti. E chissà che non vengano volutamente utilizzate quelle sbagliate.

Compilare una richiesta di esonero è ben diverso da optare liberamente tra due possibilità. Si chiede l’esonero da un’attività di norma obbligatoria, documentando i motivi e restando in attesa dell’accoglimento della richiesta da parte di un’autorità deputata a vagliarla (insomma, deve esserci qualche problema per avanzare tale richiesta).

Ma niente di tutto ciò ha a che fare con la scheda B allegata alla circolare delle iscrizioni, ossia il modulo ministeriale «per l’esercizio del diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica», che nessuna segreteria può decidere di reinterpretare.

Tutti i genitori sono chiamati a compilare la scheda B rispondendo con un “sì” o con un “no”, la loro decisione è insindacabile e diventa una disposizione che la scuola è tenuta a rispettare, come sarà tenuta a rispettare l’opzione indicata nella scheda C, il «modulo integrativo per le scelte degli alunni che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica».

Non solo. Oltre al palese trattamento diseguale (non si ha notizia di moduli per l’esonero dall’ora alternativa), comunicare la necessità di presentare la richiesta di esonero diventa un messaggio paternalista da cui la scuola pubblica dovrebbe stare alla larga. Perché nemmeno tanto tra le righe direbbe che frequentare l’insegnamento religioso è la strada preferita e che solo con una procedura straordinaria può essere concesso di evitarlo.

Non è il caso di derubricare la questione a occasionale inadeguatezza del personale scolastico o a residui di un gergo risalente al dopoguerra. Sono purtroppo diffuse le segnalazioni di genitori che lamentano pressioni più o meno velate da parte di segreterie e docenti per favorire l’ora di religione. Mantenere in vita l’arcaica categoria speciale degli esonerati rappresenta un tassello del deprecabile sistema di ostacolare su più fronti chi vuole una scuola laica per i propri figli.

Ci sarà chi pensa che i problemi siano ben altri, come ad esempio la mancata attivazione dell’ora alternativa o gli atti di culto in orario di lezione. Nessuno nega che vi siano scale di priorità, ma siamo di fronte a un caso in cui la forma è sostanza. Se la propria scuola si ostina ad affibbiare l’etichetta di esonerati a bambini e bambine che non frequentano l’ora di religione qualcosa occorre fare.

Si tratta di pretendere rispetto e per ottenerlo il suggerimento è di scrivere al dirigente scolastico e chiedere di far sparire tutti i riferimenti al non più esistente esonero, sostituire la modulistica con quella ministeriale e fornire istruzioni e modulistica che facciano esclusivo riferimento alla completamente libera scelta di frequentare o non frequentare l’insegnamento facoltativo della religione cattolica.

Roberto Grendene

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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