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Emerito a chi? Oltre la papofilia contemporanea

Decisamente impossibile non accorgersi della dipartita di Joseph Ratzinger, ex (pardon, emerito) papa Benedetto XVI morto nella mattina dell’ultimo giorno del 2022.

Preannunciata la dipartita con un paio di giorni di anticipo dallo stesso papa in carica, non c’è stato telegiornale o canale televisivo che non abbia iniziato lo stucchevole e non inaspettato profluvio di servizi speciali, autorevoli commenti, ricordi strappalacrime di quello che è stato sicuramente il pontefice con meno appeal mediatico dell’ultima terna. Schiacciato, si dice per nulla a caso ma con prava voluntas di chi di marketing se ne intende da duemila anni, tra la santità annunciata di Giovanni Paolo II e il sorrisone rassicurante del latino Bergoglio, il pastore tedesco dall’accento a volte quasi macchiettistico osannato oggi come fine teologo e quasi padre della Chiesa è stato sicuramente anche ictu oculi un onesto e diretto rappresentante del conservatorismo ecclesiale.

Anche sotto il profilo fashion, diciamo così, Benedetto XVI ha rispolverato nei primi anni del terzo millennio camauri, mozzette, mantelline ermellinate che farebbe sorridere ben più di quelle famigerate scarpette rosse di nota stilista per le quali da alcuni è ricordato e che non sembra però indossare nella necrofila immagine del cadavere che gentilmente ci è stata subito concessa urbi et orbi da tutti i principali mezzi di informazione.

Cadavere non imbalsamato ma opportunamente trattato (la cosiddetta tanatoprassi) per resistere incorrotto una decina di giorni, sufficienti a “ricevere l’abbraccio dei fedeli” in questi giorni di macabra esposizione, abbraccio anche questo ovviamente trasmesso in continuativa diretta streaming.

Eppure, a non aver proprio la memoria del pesce rosso, chi scrive pensava che a sparar su Ratzinger fossero al massimo cinquanta punti, come si suol dire. E invece… In effetti a pensarci bene e con tutta la valenza simbolico-legislativa che ne deriva, nelle nostre aule giudiziarie a usarne la sagoma come bersaglio per le freccette si viene condannati in sede penale.

Ne sa qualcosa anche Oliviero Toscani, condannato in primo grado per avere ricordato in diretta radio il ruolo del dimissionario nella diffusione dell’Hiv nel continente africano. «L’Aids non non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi aumentano i problemi», tuonò Benedetto XVI in occasione della sua prima visita apostolica in Angola, paese all’epoca con più di mezzo milione di sieropositivi adulti.

Ma dicevamo, qualche voce in più fuori dal coro osannante e deferente di addii lacrimosi sembrava legittimo anche aspettarsela. Perché Benedetto XVI ne ha dette e fatte per attirarsi gli strali di intere comunità. E senza volersi nemmeno troppo addentrarsi in quegli interna corporis, i fatti della Chiesa in se stessa, affatto immune da scomuniche e contro scomuniche (si veda coi lefebvriani…), partiti e correnti che, si dice, covino sotto la cenere di rancori, pardon, divergenze teologiche mai sopite e che siano pronte a scatenarsi dopo la dipartita dell’Emerito.

Anche al di fuori, nella cosiddetta società civile, non si può dire ci sia andato leggerino, l’ex papa. Non solo quel «aborto e matrimoni gay segni dell’Anticristo» che parte del mondo LGBTQ sembra aver dimenticato, e chi se ne ricorda lo fa giusto per salameleccare il confronto con l’attuale pseudo accoglienza argentina. Non solo quegli interventi di fuoco a gamba tesa che hanno contribuito non poco a rendere l’Italia praticamente ultima nel riconoscimento delle unioni same sex.

Ma persino la stessa comunità di fedeli, quella cosiddetta progressista o quanto meno non turbata dal Concilio Vaticano II, qualche turbamento lo ha avuto, nel vedere susseguirsi instancabili molteplici inchieste, giornalistiche e giudiziarie, che lo hanno visto coinvolto come vescovo, cardinale, papa e persino fratello (di sangue).

E infine come capo di Stato estero, dato che è con questa mutevole definizione che Ratzinger scendeva dalla cattedra di Pietro e scappava, letteralmente, dalle rogatorie internazionali che lo hanno visto a più riprese coinvolto, principalmente per la copertura di fatto e di diritto della endemica piaga della pedofilia ecclesiale. Pedofilia che dal ancora per poco cardinale e presto papa fu attribuita a una sola causa: al collasso morale del ’68.

Con noi non credenti è stato sicuramente diretto: «Là dove Dio viene negato, si dissolve la dignità dell’uomo», secondo quello che ci pare non esattamente un chiarissimo esempio di profondità e finezza teologica. Ma chi siamo noi per giudicare, direbbe qualcuno. Certo che risulta difficile vederci quel papa del dialogo propagandato in queste ore, lo stesso che per legare scienza e fede subordinava direttamente la prima a quest’ultima: «la ragione ha bisogno della fede per arrivare ad essere totalmente se stessa».

D’altronde bisogna capirlo: si è visto passare parecchi attentati a matrice religiosa e da fine teologo niente di meglio che rivoltare la frittata sull’ateismo “pratico”, «modo di vivere distruttivo che allontana da dio». Dio a sua volta unico garante dell’esistenza di un mondo buono e presenza ineludibile del “vero” umanismo (parente della “vera” laicità, supponiamo). Il terrorista che uccide al grido di Dio è grande è, semplicemente, un ateo inconsapevole. Ti pare che non era colpa nostra.

Sicuramente Benedetto XVI lascia dietro di sé un florilegio di scritti, opere, sintetiche citazioni, limpidamente reazionari più che conservativi e che poco si sposano con l’immagine zuccherosa dell’emerito vecchietto dedito al benessere spirituale della Chiesa madre (e forse pure un po’ matrigna, sempre dimissionario era…) che ci viene propinata a ogni istante di queste prime giornate del 2023.

E quei pochi distinguo sono tutti a favore dell’attuale pontefice, libero dalla strana coabitazione, seppur non convivenza, ma libero anche di continuare imperterrito l’opera dottrinale della chiesa, esattamente come ha fatto, semplicemente con meno sorrisi e meno social media manager, il suo predecessore.

Adele Orioli

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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