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Draghi alla presidenza della Bce. Ma per fare cosa?

Nelle ultime settimane si sta discutendo ampiamente, soprattutto nei giornali, del prossimo presidente della Bce, Banca centrale europea, che dovrà prendere il posto del francese Trichet, il cui mandato scadrà il prossimo ottobre. Inizialmente la candidatura più accreditata era quella dell’attuale presidente della Banca centrale tedesca. Ora sembra invece che le possibilità di Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, di sostituire Trichet crescano ogni giorno di più, anche se la scelta definitiva non dovrebbe essere presa prima di un vertice europeo che si terrà a giugno. Anche Sarkozy avrebbe manifestato, nel recente incontro con Berlusconi, il suo consenso nei confronti della candidatura di Draghi. Lo stesso governo tedesco è attualmente più favorevole a Draghi, anche se la Merkel non si è ancora pronunciata esplicitamente. Senza dubbio l’eventuale presidenza di Draghi sarebbe importante per il nostro paese. La guida della Bce rappresenta un incarico di notevole rilievo, nell’ambito dell’Unione europea, per il ruolo che la politica monetaria riveste in essa. Ma l’avvento di Draghi al vertice della Bce sarebbe importante per lo stesso istituto con sede a Francoforte, in quanto le competenze del nostro governatore sono indiscusse, tali da garantire, almeno in teoria, una gestione efficace della politica monetaria comune, mantenendo l’attuale notevole credibilità della Banca centrale europea. Quindi è comprensibile che si discuta ampiamente della candidatura di Draghi, delle sue possibilità di successo.

Suscita però stupore il fatto che, contemporaneamente, non si analizzi quale debba essere il ruolo futuro della Bce, quale politica dovrà portare avanti. Di tutto questo non si discute affatto. Quindi è ipotizzabile, ed auspicabile, che Draghi diventi presidente della Bce, ma per fare cosa? Soprattutto recentemente le scelte della Bce sono state oggetto di critiche, in primo luogo la decisione di innalzare il tasso di riferimento, in seguito alle eccessive preoccupazioni nei confronti di un’accelerazione del processo inflazionistico, per ora, decisamente poco intensa. Pertanto la Bce sembra orientata ad adottare una politica monetaria restrittiva, sulla cui opportunità però i dubbi sono piuttosto evidenti, e giustificati, in una fase congiunturale caratterizzata ancora da una forte crisi economica che richiederebbe, invece, in tutti i paesi dell’Unione europea, l’adozione di interventi volti a favorire la ripresa, tra i quali non può che essere annoverata anche una politica monetaria se non espansiva, comunque non restrittiva. La Bce invece, come già rilevato, si sta comportando diversamente. La Federal Reserve statunitense sta adottando una politica di segno opposto. Certo, è noto che tra gli obiettivi previsti dallo statuto della Bce vi è solamente la stabilità monetaria e non anche la crescita economica, come invece accade per la Federal Reserve. Ma nonostante questo, considerando che l’inflazione non costituisce ancora una minaccia per l’economia europea, mentre l’inadeguatezza della crescita è una realtà di fatto, sarebbe opportuno che la Bce non adottasse una politica restrittiva. Quindi sarebbe necessario discutere non solo dei nomi, e delle loro caratteristiche e della loro nazionalità, dei candidati alla presidenza della Bce, ma anche di quale politica il nuovo presidente dovrebbe farsi promotore. E non vorrei che la probabile presidenza Draghi, soprattutto nella fase iniziale, per non alienarsi le simpatie del governo tedesco, schierato da tempo a favore di una politica economica molto prudente, si contraddistingua per una politica in evidente continuità con la presidenza Trichet e ciò, per i motivi prima esposti, sarebbe sbagliato. Pertanto sì alla presidenza Draghi, ma per una nuova politica monetaria.

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