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Doublefacebook. Un impolitico PDivenire?

Dopo un lungo periodo di assenza e a fronte di curiose esperienze che saranno via via oggetto di più o meno metafisiche nuove riflessioni dedicate, l’ "only real PD" è tornato a fare il battitore libero, perdendo su AgoraVox la precedente ’divina’ de-nominazione, per cercare di divenire un po’ più buono, se non di ’fatto’, almeno di nome.

Isn’t it a good idea? Oh yes, it’s verygood. But, can we do it?

http://www.agoravox.it/REINTRODUCIA...

Davvero esilarante l’esperienza flash primaverile maturata su facebook. Tre settimane ricche di retroscena e di riflessi inattesi, anche esterni al famoso social network, ivi compresi quelli provenienti da personaggi più o meno noti che hanno ritenuto di dispensare consigli in qualche caso di curiosa valenza. Un mix sufficiente a scriverne un romanzo dal sapore kafkiano. Dovuto il ringraziamento a quanti, fra i circa trecento ‘amici di tastiera’, hanno manifestato sincerità e schiettezza in poche battute; qualche perplessità circa alcuni approcci meno limpidi, forse causati da un temporaneo eccesso di hybris e di protagonismo, praticati su di un palcoscenico dalla geometria variabile e dai requisiti che paiono ancora tutti in divenire.

Solo una notazione circa il mio ‘lungo congedo‘ da facebook che, anche in ragione dei puntuali ed efficaci aggiornamenti di 0.2 presenti su http://www.agoravox.it/Facebook-non... e su http://www.zeropuntodue.it/2009/02/..., non ha assunto per il momento la forma della cancellazione, in attesa di verificare più nel dettaglio titolarità e diritti su quanto pubblicato sul social network in questione. Approfitto quindi per scusarmi con quanti hanno continuato a sollecitare la mia adesione ai vari eventi politico/culturali che via via vengono lanciati anche attraverso lo stesso facebook, confermando qui la ‘riemersione’ dal suo burrascoso mare magnum.

Un capitolo a sé stante quello sulla privacy che, in relazione alla giocosa butade di cui si dice più sotto, è sembrata divenire decisamente optional ed è stata oggetto quantomeno di qualche interferenza, per usare un eufemismo.
 
Non potendomi soffermare in un articolo su tutti gli aspetti ed i dettagli di questa piattaforma particolare dalle molteplici ed intriganti sfaccettature, mi limito ad osservare come chi ne ha concepito e sviluppato la formula ed i meccanismi interattivi, in qualche caso anche un po’ bonariamente ‘perversi’, abbia creato una realtà comunicativa che riproduce fedelmente, e direi in sé vero, tutti i diversi aspetti umani o ‘troppo umani’ che dir si vogliano.

Il ‘picco’ si è avuto, come prevedibile, quando il ‘protagonista’ ha lanciato la sua sfida al genio del premier in carica, mentre tutto il mainstream lo celebrava e ne discettava quotidianamente. Non è da escludere che alcuni avrebbero anche gradito il ‘testa a testa’, ancorché gli eventuali consensi, ove ve ne fossero veramente stati, sarebbero risultati oltremodo criptici rispetto a quelli molto espliciti che sono stati riservati alla Debora nazionale, la quale si è peraltro detta “onorata” dell’amicizia. Alla resa dei conti parrebbe che abbiano finito col prevalere le vetuste logiche di schieramento: mentre a destra e a manca si dispensavano con più o meno polemica e clamore le nuove candidature, nessuna offerta in materia ha corrisposto alla esplicita provocazione dell’only real PD, forse troppo filosoficamente in anticipo sui tempi, come sostiene Damiano Mazzotti, per poter essere tradotto in termini partitici, ivi compresi quelli del gruppo radicale, al quale il famigerato battitore libero, iscritto al Partito Radicale Transnazionale, già intervistato in tempi non sospetti dall’attentissimo direttore di AgoraVox, ha esplicitamente offerto la sua candidatura, a fronte della presentazione della lista Bonino/Pannella alle europee. Peccato, un‘occasione persa. Per chi sia stata persa in misura maggiore, è lasciato alla libera valutazione di ciascuno. Eppure, per quel 3% così rapidamente raggiunto, avrebbe potuto essere determinante l’inserimento in lista di un outsider che nel frattempo sfidava il genio del premier su facebook, riscontrando fin troppo rilevanti attenzioni. Qualcosa mi dice che manchi ancora qua e là qualche elemento di praticabilità democratica.


Del resto sono e rimangono proprio i connotati partitici che andrebbero ormai dialetticamente superati verso categorie ed aggregazioni meno strumentali e ideologicamente fisse, più aperte ad affrontare e gestire le continue trasformazioni e le contraddizioni di una società sempre più complessa ed in veloce trasformazione. Non a caso i soliti sondaggi prevedono tempi ancora ‘biblici’ per uno svecchiamento della politica italiana la quale, come sosteneva Gianni Agnelli, dà al ‘popolo’ i governanti che merita. Vedremo se, mentre qualche formula pubblicitaria sembra intanto aver raccolto e ‘cavalcato’ a modo suo il senso del CoSì di cui al mio primo articolo su AgoraVox, vi sarà spazio per l’auspicio contenuto nella lettera aperta a Walter Veltroni e il libero ‘pensattore’ potrà fornire il suo contributo al cambiamento di paradigma.

A proposito di paradigmi, un discorso a parte va già qui accennato al ‘fenomeno’ verygod che, intanto, a fronte del rischio di qualche possibile fraintendimento o eccesso di zelo, si è ritradotto in termini che non prestino il fianco ad interpretazioni che potrebbero rivelarsi in qualche caso un tantino forzose. Dunque da verygod, il quale aveva ormai fatto il suo tempo e la sua critica semina invernale, è maturato lo spostamento o la torsione verso il più democratico verygood al quale, con tutta evidenza, il primo rimandava già nei classici termini di un ‘bene’, più o meno platonico che si voglia, ancorché sganciato dalle versioni dominanti del god. Il tutto è stato posto ‘in essere’ appunto per spostare l’accento da un centro dominante i cui ‘requisiti’ sono rimessi ormai sempre più in discussione, ad una sua più diffusa ritraduzione. Chissà, forse un riflesso tardivo di quell’elogio al pudore del quale trattavano all’epoca i pensatori cosiddetti deboli ed al quale rimanda probabilmente il labirinto di cui titola un recente libro di Eco.

Peraltro, onde non rinnegare del tutto la famosa ‘materia’ con cui qualche lettore si è forse cimentato e tediato lo scorso inverno, preme citare l’osservazione che segue rilasciata a The Guardian dallo storico Eric Hobsbawm, ripresa qui. Afferma l’accademico britannico il 13 maggio scorso: “Sotto l’impatto di quello che vedeva come la rivitalizzazione economica thatcherista, il New Labour, a partire dal 1997, si bevve tutta l’ideologia, o piuttosto la teologia, del fondamentalismo del mercato libero globale”. (Corsivo mio) Ogni tanto, invero molto di rado, anche i battitori liberi, i cui anticipatori argomenti sono stati costantemente bistrattati dalla cultura nostrana, raccolgono qualche piccolo riscontro ‘ufficiale’ circa l‘attendibilità della storia che andavano da tempo raccontando. Ma, come noto, nemo profeta in patria e, da quando la patria è divenuta a tutti gli effetti il globale Villaggio, ivi compreso quello fantozziano di cui parlavo qui, sì e no che ci resteranno le nuove terre emerse di una geografia da 2012... Al riguardo, colgo l’occasione per attestare l’apprezzamento a quanto Macri ne scriveva qui.

In termini provvisori ed in attesa della maturazione di qualche nuova good idea, l’impegnativo lavoro del concetto prosegue alla ricerca del modo più sano e saggio per veicolare in pratica il buon senso, anche politico, di quel centrale medium la cui ‘vera matrice’ resta storicamente sempre in divenire. Intanto, al di là delle sacrosante verifiche di quanto è già stato fin qui fatto, a mio modesto avviso parrebbe che vadano ormai superate le obsolete categorie di opposizione partitica, spesso efficace strumento nelle mani di chi come noto nel dividere impera, per abituarsi a condurre a tutto campo un’analisi ed una comunicazione trasparenti e globalmente integrate. Richiamando Husserl e quindi operando da filosofi dilettanti, come egli si definiva, magari anche con sguardo attento alle dissacranti critiche degli italici PD con o senza L, siamo chiamati a rilanciare una scommessa ‘postpolitica’ che traduca il passaggio dal capitalismo all’ Apparato scientifico tecnologico di cui scrive da tempo Severino, in termini che davvero non si rivelino eccessivamente umani. Della platonica Repubblica dunque, parrebbe sempre più urgente individuare, al cuore del labirinto e di tutti i suoi echi, quale sia la più intima Res.

Appena identificata la Res, sottoponiamo quella ai popollare voto ed eleggiamo il suo papavero o il ’relativo’ antipapavero.

Isn’t it a good idea? Oh yes, it’s verygood. But can we do it ?

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