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Don Ferrante, Beppe Grillo e il Pd

Il Don Ferrante di Manzoniana memoria negava che ci fosse la peste nella Milano dei Promessi Sposi, spiegandone l’effetto con strani sofismi che portavano a negarne l’esistenza. Lo stesso comportamento si ritrova negli attuali vertici del Partito Democratico (PD) che stanno negando la possibilità a Grillo di partecipare alla corsa per la segreteria.

Le motivazioni che si leggono sui giornali sono le più varie. Fassino (vedi Repubblica on-line del 12 Luglio) dice che “Grillo non è iscritto al Pd e lo ha attaccato di continuo. La sua candidatura è una boutade un po’ provocatoria e non c’è alcuna ragione per considerarla una cosa seria. Bisogna vedere se noi accettiamo la sua iscrizione al partito e non penso che si possa accettare”.

E tutti quanti, con l’eccezione, per quanto mi risulta, di Marino e Adinolfi, seguono la stessa linea, affermando, in estrema sintesi, che chi ha attaccato il PD non può candidarsi alla sua guida. Tutto questo è un pessimo esempio di democrazia, ed anche di fare politica. Pessimo esempio di democrazia perché si nega, a chi ha opinioni contrarie non al partito ma ai vertici del partito, di partecipare ad una gara proprio contro quei vertici da lui criticati. Anzi, la candidatura di Grillo è, se vogliamo, coerente con quanto ha fatto sinora: invece che continuare ad inveire, provo a dimostrare che anche il tuo partito la pensa come me, e mi metto in gioco.


Impedirgli di candidarsi è, invece, un esempio di elitismo: se non appartieni alla “casta” del partito non puoi partecipare. E l’elitismo è il peggior nemico della democrazia.  Pessimo esempio di politica perché il partito, così facendo, non accetta persone che portano voti. Infatti, Grillo ha dimostrato alle passate europee e amministrative di mobilitare un numero di voti considerevole: si pensi a come De Magistris e Sonia Alfano (da lui sostenuti) abbiano avuto un numero considerevole di voti, o ai consiglieri comunali eletti nelle sue liste a Cinque Stelle (che non sono un partito). E sono persone che, di sicuro, non voterebbero mai per il PD senza che Grillo glielo consigli. Il PD, se dovesse ragionare in termini di partito, dovrebbe accogliere a braccia aperte una tale persona e anche chi la sostiene, aprendo un confronto con le loro posizioni. Non lo sta facendo, e quindi non sta ragionando politicamente. Infine, c’è chi dice che Grillo non ha programmi. Questo non è vero.

Grillo ha il suo programma: Il Parlamento pulito, l’informazione libera con il ritiro delle concessioni televisive di Stato ad ogni soggetto politico e il programma , ampliato su scala nazionale, per i Comuni a Cinque stelle (Acqua pubblica, Impianti di depurazione obbligatori per ogni abitazione non collegabile a un impianto fognario, contributi/finanziamenti per impianti di depurazione privati, Espansione del verde urbano, Concessioni di licenze edilizie solo per demolizioni e ricostruzioni di edifici civili o per cambi di destinazioni d’uso di aree industriali dimesse, Piano di trasporti pubblici non inquinanti e rete di piste ciclabili, Piano di mobilità per i disabili, Connettività gratuita, Creazione di punti pubblici di telelavoro, Rifiuti zero, Sviluppo delle fonti rinnovabili come il fotovoltaico e l’eolico, Efficienza energetica, Favorire le produzioni locali). 

Il programma, indipendentemente dalla sua condivisibilità, esiste e tratta temi di assoluta priorità: non considerarlo è, a mio avviso, colpevole nei confronti degli iscritti al PD, oltre che indice di mancanza di democrazia.  Ed ai dirigenti del PD ricordo che Don Ferrante morì, maledicendo la sua sapienza, proprio della peste di cui aveva negato l’esistenza.

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