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Debutto in Mali per Africom, il comando militare USA per l’Africa

Dal 3 novembre 2008 la Repubblica del Mali, in Africa occidentale, è sede di un’imponente esercitazione militare (“Flintlock 2008”) che sancisce l’esordio operativo del comando per le operazioni delle forze armate statunitensi in Africa (Africom), insediatosi a Stoccarda (Germania). All’esercitazione, oltre a Stati Uniti e Mali, partecipano militari di alcuni paesi africani alleati della regione; è inoltre previsto lo schieramento nell’aeroporto di Bamako, degli aerei da trasporto C-130 “Hercules” e dei nuovissimi velivoli a decollo verticale CV-22 “Osprey” del Comando per le Operazioni Speciali dell’Us Air Force, già sperimentati in Iraq. L’esercitazione si concluderà il 20 novembre.

Flintlock è la principale delle esercitazioni militari che gli Stati Uniti realizzano nell’ambito del Programma Trans-Sahara Counterterrorism Partnership (TSCTP), l’iniziativa del Dipartimento di Stato e del Pentagono per “prevenire i conflitti” ed “assistere i governi islamici moderati e le popolazioni della regione nella lotta contro l’ideologia estremista ed il terrorismo”. Secondo il Comando Africom, “il principale scopo di Flintlock 2008 sarà quello di assistere le nazioni partner a stabilire e sviluppare l’interoperabilità militare e il rafforzamento delle relazioni regionali, in supporto di future congiunte operazioni umanitarie, di peacekeeping ed intervento in caso di disastri”.
 
Già lo scorso anno, nei mesi di agosto e settembre, il Mali aveva ospitato l’edizione 2007 di “Flintlock” condotta dal 3° Special Force Group dell’Us Army con sede a Fort Bragg (Nord Carolina), a cui avevano partecipato militari di Algeria, Burkina Faso, Ciad, Francia, Gran Bretagna, Marocco, Mauritania, Niger, Nigeria, Olanda, Senegal e Tunisia. Flintlock 2007 doveva limitarsi all’addestramento preventivo ma uno strano “incidente” avvenuto il 13 settembre ha rivelato come le forze armate statunitensi siano invece il direttamente coinvolte nel conflitto che vede contrapporsi nella regione settentrionale del Mali, l’esercito nazionale ed i movimenti Tuareg della cosiddetta “Alleanza per il cambiamento”. Allora un velivolo Usa C-130, “utilizzato per sostenere le unità anti-insorgenti del Mali” – secondo quanto poi ammesso dal Pentagono – ingaggiò un combattimento contro le forze Tuareg”. L’Hercules fu pure colpito alla carlinga, ma poté fare rientro a Bamako. Non si trattò di un evento isolato: proprio nei giorni della grande esercitazione multinazionale, i militari del Mali sferrarono diversi attacchi contro i ribelli Tuareg nella regione desertica al confine tra Algeria e Niger. Vere e proprie operazioni di guerra dunque, giustificate dalla lotta a tutto campo contro il “terrorismo islamico”, anche se l’Alleanza al cambiamento dei Tuareg è un’organizzazione che in più di un’occasione ha operato d’accordo con il governo di Algeri contro il Gruppo Salafista per la Predicazione e il Combattimento (GSPC), ritenuto da Washington e dai partner Nato come l’entità pro-al Qaeda più pericolosa nella regione.
 
 
Il Mali trampolino di guerra degli Stati Uniti
 
L’asse militare Usa-Mali è uno tra i più consolidati nel continente africano. Negli ultimi due anni, il Pentagono ha trasferito al paese tecnologie militari per un valore di 7.727 milioni di dollari, mentre grazie al programma “ATA Anti-Terrorism Assistance”, la polizia del Mali è stata equipaggiata con armi leggere per un valore di 564.000 dollari. Dal 2006 lo scalo aereo di Senou, Bamako, è stato messo a disposizione delle forze armate statunitensi come “base operativa avanzata per il combattimento, la sorveglianza ed altre operazioni militari”.
 
I primi contingenti degli Stati Uniti sono giunti in Mali nel 1992, dopo la fine della prima Guerra del Golfo: si trattò allora della Guardia Nazionale dell’Alabama e del Tennessee che fu impiegata nell’addestramento delle forze armate locali. L’anno di svolta fu il 1997 quando gli Stati Uniti effettuarono in Mali due esercitazioni bilaterali e la prima esercitazione multinazionele “Flintlock”, sotto il coordinamento del 96° battaglione Us Army di Fort Bragg. Nello stesso anno, l’Us Air Force assicurò il trasporto di 680 soldati maliani in Liberia nell’ambito della controversa operazione di “peacekeeping” nel paese lacerato dal conflitto civile.
Nel 2000, grazie ad un contratto sottoscritto dal Pentagono con un contractor statunitense privato, furono consegnati i primi aiuti militari alle forze armate del Mali (armi e componenti elettroniche per gli aerei DC3). L’anno successivo, il Mali ospitò l’edizione annuale di Flintlock, a cui parteciparono ancora una volta i reparti speciali dell’esercito Usa e una componente dell’Us Navy inviata dal Comando navale Usa di Napoli. Nel marzo 2004, militari del 10° Gruppo Aviotrasportato delle Forze Speciali dell’Us Army (di stanza a Fort Carson, Colorado e Stoccarda), addestrarono in tre località del paese (Bamako, Gao e Timbouctu) le forze armate di alcuni paesi del Sahel, in operazioni “guerra al terrorismo”. Quanto appreso fu messo immediatamente in pratica in occasione di un’azione congiunta sferrata nell’aprile 2004 dalle truppe di Ciad, Mali e dalla “Joint Task Force JTF Aztec Silente” (la forza Usa d’intelligence, sorveglianza terrestre, aerea e navale con sede a Sigonella, Sicilia), contro il Gruppo Salafista per la Predicazione e il Combattimento. Nei combattimenti al confine tra Algeria e Mali persero la vita 43 presunti salafisti.
 
È stata realizzata in Mali quella che è considerata come la più imponente delle esercitazioni eseguite dagli stati Uniti nel continente africano dopo la seconda guerra mondiale. Nel giugno 2005, ancora una volta sotto le insegne di “Flintlock”, oltre 700 militari del 20° Gruppo Speciale della Guardia Nazionale (Alabama) e delle forze speciali dell’esercito giunti direttamente dall’Iraq, conducevano l’addestramento delle truppe d’elite di Algeria, Ciad, Mali, Marocco, Mauritania, Niger, Nigeria, Senegal.
 
Nel novembre 2006, la località di Kali ha pure ospitato un training di tre settimane del 10° Gruppo delle Forze Speciali dell’Us Army e dei reparti di volo del 352° Special Operations Group dell’Us Air Force di base a Mildenhall (Gran Bretagna). Si tratta, quest’ultimo, del gruppo che potrebbe essere trasferito a medio termine in Spagna o in Italia a supporto delle future operazioni di Washington nel continente africano. 
 
 
Neoliberismo ed economie di guerra
 
Agli interventi militari di routine in Mali, l’amministrazione Bush ha affiancato un milionario piano di “aiuti allo sviluppo” coordinato da USAID, l’agenzia per la cooperazione degli Stati Uniti che riveste il ruolo di componente “civile” del Comando Africom. Oltre ad operare nella prevenzione e nella lotta all’Aids e alla malaria, USAID finanzia la costruzione di scuole e centri sanitari e l’installazione di centinaia di emittenti radio. Tutte infrastrutture gestite da privati, ovviamente, nel nome del neoliberismo più sfrenato. “Sul fronte economico – scrive soddisfatto Alex Newton, direttore USAID in Mali – l’economia sta crescendo di circa il 5% l’anno, in larga parte grazie alle politiche di alleggerimento incoraggiate da USAID, come lo smantellamento di molte grandi imprese statali e l’introduzione di nuove varietà di riso e più recentemente di grano e sorgo”.
 
“Sotto il nuovo programma IICEM di USAID – aggiunge Newton - stiamo lavorando con piccoli imprenditori e il governo per sviluppare in nuove aree le coltivazioni destinate all’esportazione, come ad esempio fatto con il mango destinato principalmente all’Europa, la cui produzione è raddoppiata. Con la recente impennata mondiale nel prezzo del cibo, cosa positiva per i produttori nazionali, e lo stimolo che ciò può dare alla produzione, il Mali potrebbe divenire un esportatore di vertice di cereali alla regione”.
 
Il Mali è inoltre tra i paesi prescelti da Washington per il Millennium Challenge Corporation, il piano per “l’affermazione della libertà economica in Africa”, e sta ricevendo 461 milioni di dollari per un dissennato programma d’irrigazione di circa 15.000 ettari di terreno convertiti alla produzione intensiva di riso, congiuntamente all’ammodernamento dello scalo aereo di Bamako per consentire il trasferimento della produzione risicola al mercato internazionale.
 
Aiuti vincolati allo smantellamento dell’industria statale e alle monocolture per l’esportazione dunque, in un paese che è già il trampolino avanzato delle forze armate (e del capitale) statunitense in Africa occidentale, mentre il 60% della popolazione è condannata alla morte per fame.

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