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Dagli anni ’60 all’"estasi"

Cosa è cambiato dagli anni ’60 ad oggi? I giovani sono diversi?

"1 agosto 1969. Guardo il soffitto e penso al tempo che butto via a pensare, meditare mentre dovrei agire, fare, rivoluzionare, cambiare le cose. Allora mi alzo ed esco a cambiare il mondo”. Leggo tutto questo da un vecchio quaderno dove ero solito annotare le mie prime esperienze di vita. Domanda: “Saranno così anche oggi i giovani? Pensano, agiscono?”.
 
Mi ritrovo in un Pub assieme ad amici. Una fiumana di giovani affollano accalcati il locale Chi seduto e chi in piedi, riuniti in un vociare assordante ed una musica troppo alta. Trovo tutto questo fastidioso all’istante. “Non si riesce neppure a parlare” - penso.
 
Però ammetto che dopo un po’, tra una birra ed un’altra, quel ciacolare continuo e quella musica assordante non mi danno più fastidio, ed osservo rapito un gruppetto davanti a me che ride gioioso. Sono convinto che non sanno neppure loro del perché. Però ridono e probabilmente a modo loro comunicano. Scopro che anch’io non ho nulla da dire e questo stupisce i miei amici (chi mi conosce sa che non sto zitto più di 10 secondi). Allora i miei occhi cadono su un visino dolce contornato da un caschetto di capelli scuri. La ragazzina, rapita, fissa languida, ma senza timore, un tale appoggiato al bancone. Ad un tavolo un gruppetto di persone non più giovanissimi, chi tra il serio e chi tra lo svanito, si muove al ritmo della musica, ognuno a fissare lontano chissà cosa.
 
Mi viene da domandarmi: “Ma non sentono il desiderio di parlare, di spiegarsi, di raccontare qualcosa? Possibile che nessuno di loro abbia il desiderio di ascoltare, di commentare o di dare un proprio giudizio su questo o su quello?”. Probabilmente si. L’incapacità a costruire nuove ideologie o sposarne una esistente, e la mancanza di una cultura di base lascia il campo libero al qualumquismo e alla divinazione di personaggi creati dallo spettacolo. Voglia di esibizionismo. Condivido pienamente la voglia di emergere ma solamente se questa è accompagnata da una finalità costruttiva e proiettata verso un ideale od un arricchimento del proprio bagaglio interiore. L’esibizione fine a se stessa o rivolta unicamente ad uno scopo estetico (quando si dice “per farsi vedere”) procurerà solo una gioia momentanea lasciando poi un vuoto interiore. Credo proprio che la caduta dei vecchi ideali hanno creato molta confusione tra i giovani. Oggi i genitori (mi riferisco ai quarantenni) devono fare i conti con una società che rispetto a qualche anno fa ha cambiato radicalmente il proprio modo di vivere. La donna presa dalla conquista dei suoi spazi ma non sempre convinta di volerli o di saperli gestire; e l’uomo a sua volta incapace di cogliere questa metamorfosi, invece di incoraggiare, per incapacità e pregiudizi, arroccandosi dietro l’io maschile in adorazione di se stesso, hanno finito per trasmettere ai propri figli una nuova cultura: qella che io definisco del “ Fai da Te”, dove tutti attribuiscono le colpe dei loro gesti alla società.
 
Da quel che si vede il giovane oggi resta in famiglia più che può, utilizzando la struttura familiare “come diritto naturale” senza assumersi quasi nessuna responsabilità, accollando ai genitori l’obbligo di provvedere “vita natural durante” a tutte le esigenze fino a quelle della gestione dei nipoti.

A cavallo tra gli anni ’50 e ’60 la famiglia era governata dal padre, leader indiscusso al quale dovevano fare riferimento tutti i componenti la famiglia. L’autoritarismo imposto dal “pater familia” era spesso frutto di grandi discussioni in seno alla stessa. Molti giovani, con l’avvento dei “Figli dei Fiori” (fenomeno tipicamente americano che con il mega concerto di musica pop “Woodstock” aggrega migliaia di giovani che col pretesto della contestazione nei confronti della guerra del Vietnam ambivano affermare nuove identità) assieme alle ideologie socialiste portate dai tanti movimenti che andavano nascendo in quel tempo, diedero luogo prima a “Re nudo” eppoi alle “Comuni”. Quest’ultima era, ripetizione riveduta e corretta del fenomeno avvenuto successivamente la “Rivoluziuone francese” e la presa della Bastiglia, il luogo di aggregazione dei giovani che rifiutavano in modo netto tutto ciò che la società imponeva ai suoi membri: il conformismo, il perbenismo, e la messa in discussione di valori morali e comportamentali. Insomma un luogo dove tutto era lecito e permesso.

Sull’onda dei “Figli dei Fiori”, la “Comune” diviene il luogo dove è permesso l’uso di hashish e marjuvana prima, e droghe più pesanti come LSD e eroina dopo.
Molti gruppi musicali e musicisti sessantottini stranieri come i Beatles, i Cream (gruppo voluto da Eric Claspton per fare un solo concerto, probabilmente per ripetere una nuova “Woodstock” nell’Isola di Man), Bob Dylan, Donovan, J. Betz, e gli italiani, trasgressivi molto in apparenza ma meno nella sostanza, Claudio Rocchi, I Nomadi, I Corvi, Guccini e tanti altri, ispiravano i giovani alla ricerca di nuove esperienze, soprattutto tra la fine degli anni ‘60 ed i primi degli anni ’70, suggerendo l’adozione di religioni orientali, rivelatesi in un secondo tempo inadeguate al mondo occidentale.
 
La “Comune” ha rappresentato per molti giovani un modulo di vita che sostituiva la famiglia patriarcale. Ogni membro pensava ed agiva senza essere ostacolato dagli altri. La “regola” era Il rifiuto di qualsiasi regola. Alcuni giovani, senza ideali politici, rimasero chiusi nella “comune” fino a spappolarsi il cervello di droga rifiutando qualsiasi alternativa e proposta politica. Altri cercarono di trasferire l’esperienza della “comune” nelle scuole, raggruppati nel “Movimento Studentesco”, e nelle Università, i cosiddetti “Katanghesi”, arricchita di ideali “marxisti-leninisti”, mentre quasi subito qualcuno di questi preferisce confluire nel “Movimento Anarchico”, rifiutando lotte ed attività politiche attive. Quante speranze passavano nelle menti di quei giovani e quante illusioni, poi, andavano morendo quando il potere costituito per mano di “Kossiga” vide bene di cavalcare la “tigre” della contestazione estremizzando il problema fino a metterlo nelle mani delle terribili “Brigate Rosse”. Ma questa è un’altra storia.

Anche se i giovani furono traditi nei loro ideali, diedero fil da torcere ad una società che dovette comunque mettersi in discussione, anche se i risultati non furono tra i migliori. Ma una cosa è certo, quei giovani hanno vissuto, hanno dato, hanno avuto il coraggio, nel bene o nel male, di modificare moduli oramai logori.
 
Oggi l’”estasi” è il prodotto commerciale fine a se stesso, mezzo di quello “sballo” illusorio e momentaneo per sprigionare l’esibizionismo e nascondere la propria impotenza nell’affrontare una realtà che non è poi così brutta come la si vuole sempre descrivere. Oggi l’estasi è un prodotto che aiuta i governanti a tenere lontani la gente dai problemi reali del paese.

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