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Home page > Attualità > Crollo borsa cinese: E l’oro che fa? Verso la tempesta perfetta?

Crollo borsa cinese: E l’oro che fa? Verso la tempesta perfetta?

Il 2016 si è presentato e, dal punto di vista finanziario, non è una gran bella presentazione. In dieci giorni tre avvenimenti hanno mandato in tilt le borse di tutto il mondi: la frenata cinese, la crisi iraniano-saudita e l’annuncio della bomba coreana. Ciascuno di questi avvenimenti merita una riflessione a sé e, nei limiti del tempo a disposizione, cercheremo di farlo, per ora accontentiamoci di una rapida visione di insieme.

Cominciamo dalla Cina: per la verità questa non era certo una notizia inattesa. Anche su questo blog, nel nostro piccolo, a giugno avevamo detto che la crisi che si era manifestata ed era stata tappata, lo sarebbe stata per un po’ di mesi e che si sarebbe ripresentata a febbraio: abbiamo sbagliato di un mese e la crisi è ricominciata prima. Ricominciata, non finita: sia chiaro; abbiamo solo iniziato a ballare: per ora sono andati giù i titoli minerari, come era prevedibile (soprattutto rame, alluminio, piombo e zinco ed iniziano a scivolare verso il basso i ferrosi) e già si capisce che, in mancanza di una domanda sostitutiva, questo trascinerà l’Australia ed affonderà il Brasile, che, a sua volta, si porterà sotto il banco di Santander con una brutta ripercussione sulla City. Già si vede la strada che faremo. Certo, a fine della scorsa settimana ci sono stati segnali di inversione di rotta a Pechino grazie alla limitata svalutazione dello Yuan ed alle altre manovre, ma c’è da fare affidamento su questa controtendenza?

Il fatto è che la Cina è entrata in una fase strutturale sfavorevole: già si sentono i primo effetti del calo demografico, per cui, in breve, la popolazione inattiva supererà quella attiva, poi c’è la questione, troppo a lungo sottovalutata, del debito cinese. Per anni, si è fatto affidamento sul fatto che la Cina aveva un debito pubblico bassissimo, che, ancora oggi, è solo al 57% sul Pil (15% debito centrale, 26% quello locale e 16% le passività varie) però questo non teneva conto del debito delle imprese e delle famiglie che stava crescendo all’impazzata, dopo il 2007, soprattutto per effetto della bolla immobiliare che portava con sé il fortissimo rialzo dei mutui, con effetti micidiali per quanti avevano sottoscritto mutui a tasso variabile.

Il risultato è che il debito aggregato (che è sempre il dato decisivo) è arrivato al 282%, uno dei più alti del Mondo e cresciuto di 100 punti in soli sei anni. E c’è da capire, fra qualche anno, che fare delle decine di milioni di lavoratori che ogni anno usciranno di produzione, senza che ci sia un sistema pensionistico degno di questo nome. Poi dovremmo considerare l’obsolescenza di gran parte dell’industria pubblica e, peraltro, le tendenze mondiali non indicano un futuro roseo per le esportazioni cinesi. Infatti, le borse (stando a quanto scrive il Sole 24 ore dell’8 gennaio p.4) non si fidano granché delle mosse cinesi e restano con l’arma al piede. Peraltro, questo si intreccia con il problema dei prezzi petroliferi che stanno calando troppo (anche di questo riparleremo): se la domanda cinese resta bassa o tende ancora a scendere, i prezzi scenderanno ancora.

Poi sono arrivate le cattive notizie dal golfo persico e dal 38° parallelo a deprimere ulteriormente gli umori di borsa. Dunque, la tendenza dovrebbe essere quella ad un rialzo deciso dell’oro, classico bene rifugio. E, infatti, l’8 gennaio l’oro è tornato a 1.103,91 dollari all’oncia (da 1053 che era), con un rimbalzo ai massimi degli ultimi mesi. Ma si è trattato di un rimbalzo meno accentuato di quello che ci si sarebbe potuto aspettare. Ma c’è il dollaro forte, una bassa inflazione (se non una deflazione) per cui la cosa si può spiegare.

Temo che ad incidere ci sia qualche altro aspetto, ad esempio una andamento distonico fra oro finanziario ed oro fisico (ne parleremo a breve).

Di fatto, qui non siamo ancora alla “tempesta perfetta”, di quelle che si autoalimentano, ma un bel po’ di premesse mi pare che non manchino e, per la prima volta i fattori geopolitici agiscono in sinergia con quelli meramente finanziari. Brutto segno. Bruttissimo segno.

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