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Cristo si è fermato a Ebola

Nuova Guinea, L'Ebola torna a uccidere”. Peccato che questo titolo, pubblicato stamani dal prestigioso quotidiano online lettera43 sia l'ennesima dimostrazione di come per l'italiano medio la geografia sia un optional (qui il link). Sì, perché in realtà nell'articolo si parla dell'epidemia che starebbe scoppiando in Guinea, Liberia e Sierra Leone, cioè nell'Africa occidentale.

Il titolo però parla di “Nuova Guinea”, una grande isola che sta a nord dell'Australia, accanto all'Indonesia. Il giornalista che ha scritto il pezzo lo sa molto bene che sta parlando della Guinea, in Africa, ma il titolista, il redattore che scrive i titoli, ha deciso di fare di testa sua. Evidentemente era distratto mentre leggeva il pezzo, oppure le sue competenze in geografia non si discostano molto da quelle dell'italiano medio.

Un peccato veniale, certo. Però a noi italiani ci piace andare verso l'indistinto. Ci piace sottolineare che siamo italiani quando ci troviamo all'estero, però nel momento in cui ci troviamo di fronte a persone provenienti da altri paesi, tranne che non siano i nostri vicini spagnoli o tedeschi o francesi o inglesi (e una manciata di altri paesi), riusciamo solo a distinguere persone di nazionalità “extracomunitaria” (se non “clandestina”) o “dell'est” o “cinese” (qualche illuminato li distingue dai giapponesi). Australiani e sudamericani non pervenuti. A Palermo, ad esempio, da sempre crocevia di popoli e culture, lo spettro si assottiglia sempre di più. Gli stranieri sono “i turchi” o per dirla alla palermitana, “i tuicchi”, tout court. Naturalmente sto semplificando, ben sapendo che esistono delle eccezioni, come voi che state leggende queste righe nomadi, senza sapere dove stiamo andando a parare. Il fatto è che dell'allarme Ebola si parla anche a proposito delle persone “di nazionalità extracomunitaria” che vengono scortate a Lampedusa e in Sicilia.

E siccome ormai viviamo in un “villaggio globale”, come direbbe Marshall McLuhan, stamattina leggo un altro titolo: “Papua, caccia alle streghe in villaggio: 6 vittime tra cui due bimbe, 180 arresti” sul sito di Repubblica. Nell'articolo si racconta che a Papua, stavolta veramente in Nuova Guinea (tanto sapevate già dove si trovava), diverse centinaia di persone hanno invaso un villaggio vicino cercando le “streghe” che a loro avviso causano malattie, morti e disgrazie. Anche due bambine sotto i cinque anni domani non vedranno il sole a causa dell'ignoranza che genera la violenza. Ignoranza che è spesso figlia della propaganda, anche quando prende la forma di un passaparola da bar della sport.

Sì, perché l'espressione “caccia alle streghe” è stata usata molte volte anche in Italia e spessissimo a proposito dei processi di comunicazione che trasformano i migranti in clandestini e poi velocissimamente in criminali. Se poi ci si mette anche l'allarme Ebola, allora è quasi automatico che qualcuno tirerà fuori il discorso degli “untori” di manzoniana memoria. L'equazione sarebbe “migranti uguale untori”. Fuor dalla retorica de “I promessi sposi”, e dalle incertezze pandemiche, bisognerebbe ricordare anche che “I promessi polli” è stato un film andato in onda solo qualche anno fa. Erano tempi di aviaria, l'influenza dei polli; tutti i paesi occidentali hanno comprato milioni di dosi di vaccino Tamiflu, distribuito dalla Roche, multinazionale svizzera che solo nel 2009 avrebbe incassato con questo farmaco più di due miliardi e mezzo di euro. Un vaccino inutile per debellare una pandemia che non è scoppiata. Un vaccino che è stato immagazzinato in grandi quantità da tanti paesi che si sono dissanguati per acquistarlo e che poi è anche scaduto nei magazzini e infine magari bruciato, messo al rogo, come le streghe uccise nei secoli e ultimamente in Nuova Guinea. Errare è umano, perseverare è un business.

Questa storia dimostra che l'ignoranza non conosce confini e i creatori di streghe spesso nascondono interessi che solo col senno del poi diventano chiari. Quando questi “poi” si ripetono e non si impara nulla, vuol dire che un certo oscurantismo di stampo medioevale continua a diffondersi ad ogni latitudine, più pericoloso del peggior virus che la natura (o qualche laboratorio farmaceutico) possa sviluppare. Contro la stregoneria, anche la geografia può essere utile, a patto che non la si studi su FarmVille.

 

Foto: Flickr (un bambino della Nuova Guinea. Quella vera)

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