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Con l’acqua alla gola

Contati gli agenti di polizia; i pensionati seduti sui muretti e sui bordi della vasca, i nonni con i nipotini e il venditore di crepes all’angolo, in piazzetta “Rino Gaetano” sabato scorso, abbondantemente dopo le 19, ci saranno state sì e no un centinaio di persone. Magari nessuno degli organizzatori si aspettava una folla oceanica; tantomeno orde di cittadini infuriati e armati di forconi; ma che il tema dell’assemblea cittadina, incentrata sulla vicenda dell’acqua a Crotone, attirasse un buon numero persone ci poteva stare. O forse c’era anticipata disillusione, circa il numero di partecipanti, giacché si è scelto di convocare i cittadini in siffatto esiguo spazio, qual è la piazzetta intitolata al compianto cantautore crotonese. Una fontana semimonumentale che non contiene un goccio d’acqua da tempo immemorabile; una statua di persona importante ma di dimensione nanetto da giardino; una strada di transito verso la passerella della “Rari Nantes”; interdetta al traffico veicolare, ma regolarmente attraversata da auto di servizio e persino dalla vettura della sposa che deve andarsi a fare il servizio fotografico sul molo con lo sfondo delle barche. Situazione logistica a dir poco paradossale per indire una pubblica assemblea. Ma è andata così; poca gente ha risposto all’invito rivoltogli da un comitato spontaneo di cittadini per discutere dell’argomento acqua pubblica, che davvero tanto e anche troppo sta penalizzando i crotonesi, sino a farli addirittura disperare. Circoli sociali, partiti, movimenti politici e sindacali cittadini (Cgil; “Progetto Crotone”: “Radici”; Movimento 5 Stelle; Cisl ; “Fratelli d’Italia - Alleanza nazionale” “Giovani democratici” e altri), facevano parte di quel comitato spontaneo formatosi, per l’occasione, sui social network. Ci sono stati gli interventi degli organizzatori, incentrati sulle ragioni dell’assemblea, che hanno precedente storico nel referendum che sancì la vittoria dei sì contro la privatizzazione dell’acqua, e sulle recenti doglianze nella tragicomica vicenda Sorical-Soakro che ha per arbitro Peppino Vallone armato di tronchesi; dopodiché ha preso la parola il sindaco di un comune del cosentino assurto agli onori della cronaca per aver fatto dell’acqua un bene comune, gestito dal Comune. Quel sindaco, emulo calabrese di Juan Evo Morales Ayma, è Mario Albino Gagliardi, primo cittadino di Saracena, un comune di 4 mila anime della provincia di Cosenza, famoso oramai in tutta Italia per aver abbattuto i prezzi dell’acqua fin sotto ogni credibile soglia, tanto che l’erario ha quasi messo una taglia sulla sua testa per presunto danno erariale. Saracena non è la Bolivia; Mario Gagliardi non è dunque Evo Morales. Eppure, ha raccontato le proprie gesta, davanti ai convenuti in piazzetta “Rino Gaetano” sabato scorso, per rendere l’acqua davvero un bene comune: un percorso fatto di minuzioso studio delle leggi e attenta disamina dei bisogni e analisi delle risorse disponibili, che ha davvero molti tratti in comune con la “Guerra dell’agua” intrapresa dal presidente boliviano contro le multinazionali per lo sfruttamento delle risorse idriche. Evo Morales diceva: “ L’acqua deve essere considerata come un diritto umano fondamentale per tutte le persone e i governi che privatizzano questo bene non rispettano tale diritto”. Un indios dell’America latina, divenuto per tre volte presidente della Bolivia, sul diritto all’acqua, come bene comune, e quindi a totale ed esclusiva gestione del pubblico, ha investito negli anni centinaia di migliaia di dollari per l’adduzione e la distribuzione del prezioso liquido in ogni angolo del suo paese. Riuscendovi pienamente e soprattutto rispendendo oltreoceano gli avvoltoi che si erano impossessati delle risorse idriche dei boliviani; e senza neppure un dollaro di risarcimento (a fronte di pretese miliardarie, da parte degli avvoltoi). Mario Gagliardi, sindaco di Saracena, ha spiegato nel dettaglio come un'amministrazione locale può interrompere quella catena di Sant'Antonio che passava dalla Cassa per il Mezzogiorno agli ambiti territoriali ottimali (Ato) e poi da questi alle varie società di gestione, rigorosamente private. Già eliminando almeno un paio di questi passaggi, la merce cala di prezzo; ma se addirittura si eliminano tutti gli intermediari, gestendo direttamente come ente comunale il ciclo dell’acqua, dall’adduzione alla fornitura e poi alla depurazione, i cittadini pagano pochissimo e il servizio è garantito. Ma, come detto, la Corte dei conti già ha richiamato all’ordine il sindaco di Saracena. Veniamo adesso alla città di Crotone. Due privati che gestiscono l’acqua, uno che la acquista dalla Regione e un altro che la rivende in ambito locale, stanno litigando per soldi come compratori di somari e, come si suole dire qui da noi: “i ciucci si m’brigano ed i varrili si scasciano”. Tradotto vuol dire che il grossista chiude l’acqua dal rubinetto principale per ritorsione contro il debitore (che non è il cittadino che le bollette dell’acqua le paga), i cittadini rimangono a secco e il sindaco deve trasformarsi in fabbro per andare a scassare catenacci e divellere cancelli di ferro. Poi l’acqua ritorna; i cittadini crotonesi tornano a sorridere ed a profumare di pulito, perché “piacer è figlio d’affanno” ma poi si ricomincia. Non c’è la forza, la costanza e la convinzione negli abitanti di Crotone per risolvere i propri problemi; se avessero avuto almeno una di queste virtù, sabato scorso in piazzetta “Rino Gaetano” ci sarebbe stata davvero tanta gente, laddove timidamente si aggiravano due giovani amministratori comunali che potrebbero trarre insegnamento dalle parole di quel sindaco calato a Crotone dalle propaggini del Pollino.

Foto: T. Geers/Flickr

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