Cinema, icone pop e società dell’immagine
Se guardiamo Delirious del 2006 di Tom DiCillo vediamo che questo film parla tra le tante cose di un ragazzo, di un vagabondo, Toby, che dopo una serie convulsa di eventi diventa un personaggio famoso dello spettacolo e della televisione. Toby nel film si innamora di K’harma Leeds, una diva pop conosciuta non tanto per caso perchè Toby da vagabondo diventa “paparazzo”. Questo film ci illustra come tanti altri film un mondo costituito da icone pop e da divi da adorare, un mondo ovattato e lontano dalla vita reale.
Ebbene la società dell’immagine contemporanea tra le tante cose propone icone pop, divi da adorare, sottoculture, mitologie e tanto altro ancora.
Il rampante e repentino successo di Toby nel film si accompagna al successo di K’harma già ben affermato da tempo: da questo doppio successo nasce anche un’amore tra due stelle che diventa anche esso vetrina mediatica.
In Natural Born Killers del 1994 di Oliver Stone succede una cosa simile (anche se tanto diversa per forme e contenuti): i due protagonisti, due criminali, Mickey e Mallory, diventano famosi e saltano agli onori della cronaca per i loro crimini. In alcune scene del film sembrano acclamati addirittura come due rockstar.
Sia nel primo che nel secondo film citati assistiamo infatti alla spettacolarizzazione mediatica. Questo fenomeno, proprio del mondo dello spettacolo, ormai ha contaminato anche altri settori: ha contaminato la politica, lo sport, l’informazione, la cronaca, ecc.
Nel film In Time del 2011 di Andrew Niccol i due protagonisti principali, Will Salas e Sylvia Weis, scatenano una rivoluzione sociale, politica ed economica in un mondo dove la moneta di scambio è il tempo. I due protagonisti sono due supereroi di una realtà fantascientifica che è molto lontana dalla nostra vita reale ma dove sono presenti fenomeni sociali che possiamo ritrovare anche nel nostro mondo, come le diseguaglianze e le sperequazioni sociali. I due supereroi dopo tanti eventi e peripezie riportano la giustizia sociale nel loro mondo e diventano per questo e per altro modelli da imitare, da adorare. Nel terzo film c’è dunque la presenza di due supereroi che alla fine del film diventano anche esempi e idoli da imitare perchè fanno trionfare la giustizia sociale.
In Bonnie e Clyde, una miniserie del 2013 di Bruce Beresford, viene raccontata la storia dei due noti criminali americani del passato, Bonnie e Clyde appunto. La miniserie ci narra la storia dei due criminali in un racconto ben romanzato e in molti punti anche non esatto. Questo film per la tv ci offre due icone del passato diventati dei simboli per la loro sfrontatezza, la loro esigenza di libertà al di fuori degli schemi della società, la loro insubordinazione agli schemi sociali che li vorrebbe magari sposati e con una grande casa e dei figli. Anche Bonnie e Clyde quindi sono icone da adorare. Nei quattro film citati naturalmente i protagonisti principali suddetti sono impersonati da divi del presente o del passato, divi che rafforzano l’immagine di icone pop che offrono tali personaggi.
Tv, spettacolo, sport, politica, moda e il cinema appunto offrono un campionario molto vasto di icone pop e divi da adorare. Icone pop che vivono in un mondo per “noi comuni mortali” irraggiungibile e perciò desiderabile.
La società dell’immagine si serve di tutto ciò per affermarsi come sovrastruttura ideologica: i supereroi, le icone pop, le mitologie, le sottoculture e tanto altro hanno la funzione nel loro insieme di creare un immaginario collettivo totalizzante e assoluto al di fuori del quale non c’è nessuna alternativa.
Foto: Flickr
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