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Chiesa e cultura: due pesi e due misure – da due millenni

«Niente di nuovo sotto il sole», ammonisce la Bibbia. Già durante la prima ondata della pandemia, il ministero della salute consentì alle chiese di restare aperte e ai fedeli di entrarvi. Ci fu, è vero, un breve scontro sul divieto di tenere messe, ma poi il film si incamminò velocemente verso un finale scontato, e le celebrazioni religiose ebbero il via libera ben prima di cinema e teatri. 

Non c’è quindi da sorprendersi se, con la nouvelle vague della pandemia, il governo abbia ritenuto di ritrasmettere lo stesso identico film. Non solo: l’ha fatto precedere dagli spot natalizi di Conte e Di Maio, che si sono solennemente impegnati a «salvare il Natale».

E dire che di sacerdoti colpiti dal virus ce ne sono stati già molti, e che le confessioni religiose sono state spesso la causa di imponenti focolai, come hanno evidenziato anche il New York Times e il Wall Street Journal. Anche in Umbria, sembrerebbe che i «grandi eventi» cattolici non abbiano aiutato a contrastare la diffusione della pandemia. Di ieri è la notizia che è risultato positivo anche il card. Bassetti, presidente dei vescovi italiani. Anche il papa non si certo è segnalato per il frequente uso della mascherina, anzi, e per questo motivo è stato rampognato persino dal Religion News Service. Soltanto negli ultimi giorni ha cominciato a fare penitenza. Ma senza troppa contrizione.

Uno studio pubblicato sull’International Journal of Infectious Diseases ha vivamente consigliato una sospensione degli eventi religiosi, vista la facilità con cui possono diffondere il contagio. Secondo un altro studio, pubblicato su Lancet Infectious Diseases, la strategia anti-Covid più efficace è vietare ogni incontro con più di 10 persone. Ma il governo una volta di più si è affidato, anziché agli scienziati, ai suoi santi protettori, e ha deciso che le messe non devono essere fermate. E nemmeno le cresime, parrebbe: se cercate online, scoprirete che la programmazione novembrina prosegue senza soluzione di continuità, dalla piccola diocesi di Vittorio Veneto alla grande basilica di San Giovanni in Laterano, sede del vicariato di Roma.

Una volta ancora, invece, devono chiudere cinema e teatri: un edificio non vale uno, se è di proprietà di chi è abituato a sentirsi al di sopra della legge. E funziona così da quasi due millenni, da quando l’impero romano divenne cristiano. Superbi edifici “pagani” furono depredati per adornare le chiese, le biblioteche pubbliche sparirono e gli anfiteatri furono lasciati andare in rovina.

I due pesi e le due misure sono talmente manifesti che li ha notati persino Walter Veltroni, ex ministro per i beni culturali e non esattamente un mangiapreti. Sono gli artisti che, tranne isolate eccezioni, non hanno invece mostrato troppa voglia di denunciare l’evidente discriminazione. Oggi come nel V secolo della chiesa bisogna tenere conto, perché è un committente danaroso. Anche se i soldi con cui paga non sono sempre tutti suoi.

E pazienza se ci andranno di mezzo i reparti di terapia intensiva, tante vite umane, la stessa tenuta del paese. In fondo, i ruderi degli stabilimenti termali, somma istituzione igienica romana, sono lì a ricordarci che la salute non è mai stata una priorità cattolica.

Raffaele Carcano

Foto: Governo.it

Questo articolo è stato pubblicato qui

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