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Chet Baker Sings, it could happen to you

Chet Baker: Chet Baker sings. It could happen to you (Intermusic/Distribuzione Egea).

Chet Baker, tromba e voce; Kenny Drew, piano; George Morrow o Sam Jones, contrabbasso; Philly Joe Jones o Dannie Richmond, batteria

Stiamo assistendo ad un susseguirsi inarrestabile di riedizioni ampliate, a volte sottolineate dalla dicitura ‘The complete’, di incisioni di jazzisti celebri, ma non solo, come Miles Davis, John Coltrane, Eric Dolphy, Chet Baker. Di quest’ultimo è uscito l’album del 1958 ‘Chet Baker sings: it could happen to you’, arricchito da due titoli inediti. Ma i bonus non finiscono qui. Trovano spazio nel CD tutti i brani di una sessione vocale del 1955 che sarebbe confluita in ‘Let’s get lost’; ‘Let me beloved’, del 1956, cantata da Baker per la colonna sonora di un documentario su James Dean; tre brani del 1956 che comparvero nel suo primo LP di 12 pollici in qualità di vocalista.

La voce di Chet Baker può ricordare quella di un bambino timido, ma, emessa da un adulto, porta con sé la malinconia. Il suo fascino è poi accresciuto dal modo originale di sviluppare lo scat. Come scrive Donald Vincent nella presentazione del 2010, è sempre stato un problema cercare di tratteggiare la sua figura di artista. “Siamo di fronte a ‘un trombettista che anche canta’ o a ‘un cantante che anche suona la tromba’?“. Ciò che avvertiamo ascoltandolo è un’inscindibilità, un legame forte, tra la voce e la tromba, due espressioni di un’unica personalità, diversa da quelle di qualsiasi altro jazzista conosciuto.

Perché il suo approccio allo scat - diceva già Bill Grauer nelle note di copertina del 1958 - sta a metà strada tra il modo di suonare e il modo di cantare. Il repertorio di standard è piacevolissimo. Quanto alle diverse formazioni, avvertiamo una netta differenza qualitativa tra quelle coinvolte in ‘It could happen to you’ e le altre. Kenny Drew asseconda con accordi e assolo il lirismo di Chet, conferendogli una fresca dose di swing. Philly Joe suona 7 brani - 5 con George Morrow e 2 con Sam Jones -; Dannie Richmond 5 e tutti con Sam Jones. Non si nota una differenza di carisma, nonostante Philly Joe avesse lavorato a lungo con Davis, mentre Richmond fosse ancora una promessa.

Entrambi mostrano un carattere deciso, un’abilità ritmica ricca di accentazioni e conferiscono colore e limpidezza alle diverse esecuzioni del leader, sia nei momenti strumentali, che in quelli vocali. Richmond esegue una trascinante introduzione ad ‘Old devil moon’, un brano di 32 misure che ne alterna 8 in tempo di swing ad 8 di medium bounce, ed è fantastico nei rilanci, togliendo la cordiera al rullante, stimolando la vocalità di Chet e lanciando l’assolo di Drew.

Ma ritorniamo a Baker. Sia la tromba che la voce emanano calore e introducono una situazione di intimità. Sembra che Chet stia suonando solo per te che lo stai ascoltando in quel preciso momento. Il modo di interpretare le ballad è altamente rilassante, anche se sei preso da un’inspiegabile, naturale, dolce tristezza. E allora pensi a come stai vivendo e al tempo che passa inesorabilmente veloce.

Se sei triste, ascoltando Chet, pensi alla tua tristezza, ma nello stesso tempo riesci a trovare un po' di conforto, un salvagente a cui aggrapparti. Se stai vivendo un momento di felicità, la musica di Chet ti fa sentire ancora più felice.

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