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Brasile: crisi economica, covid19 e necropolitica

Mentre i settori più progressisti in Brasile e nel mondo difendono il reddito minimo, il governo brasiliano, la cui pessima gestione della pandemia ha causato un numero altissimo di morti, difende una certa CPMF digitale (Contributo Provvisorio per i Movimenti Finanziari) 1.

Rio de Janeiro, Brasile Eduardo Alves

Quest'articolo è disponibile anche in: SpagnoloPortoghese

 

(Credito dell'Immagine: Deva Darshan/unsplash)

Non c’è niente di comico in questa situazione già terribile a causa del virus. Le politiche di governo vanno in controtendenza, in direzione di quello che il filosofo Achille Mbembe definisce come necropolitica: “le forme contemporanee che sottomettono la vita al potere della morte”. I pesi e le misure non sono equivalenti, perché, nella geografia fisica brasiliana, c’è una disuguaglianza notevole nell’occupazione demografica degli spazi. Il Brasile ha superato lo spaventoso numero di 78mila decessi [al momento della pubblicazione dell’articolo, attualmente ha superato i 400.000 NdT] che per quantità si concentrano nel sud-est brasiliano, ma il cui impatto è devastante nel nord e nel nord-est del paese.

Non ci possono essere dubbi sulla questione che si apre per la difesa della vita. La necropolitica decide il limite della vita, esercita potere sul suo sviluppo riducendo la possibilità di studiare, di lavorare, di sopravvivere e di convivere, nelle città e nelle famiglie. Attualmente, in Brasile, la mortalità per 100mila abitanti oltrepassa il 59% al nord e il 44% a nord-est. Nel sud-est, dove ci sono i numeri più allarmanti di decessi, oltrepassa il 40% di questo conto tristemente emblematico per la popolazione. Con un impatto devastante nelle periferie, la politica della morte si presenta in questo scenario sotto un velo cupo che lascia nell’oscurità le condizioni per capire la realtà del momento attuale.

Questi numeri, che appaiono continuamente nelle notizie, non dicono niente sulle vittime, sui gruppi sociali a cui appartengono, condizionati socialmente e storicamente. Il capitalismo non ha più bisogno di un “esercito di riserva” per portare avanti il suo modo di operare lo sfruttamento? Non ha più bisogno della concentrazione e della centralizzazione del capitale e della sua riproduzione amplificata, sfruttando gli ambienti “colonizzati”, per ampliare progressivamente i suoi giganteschi guadagni? Il capitalismo, ancora una volta, sta usando la mano più che visibile del mercato, trasformando corpi in forza lavoro e disfacendosene quando sembra più interessante per il profitto. La riproduzione amplificata di questo sistema non sta forse mostrando – in modo cinico, mostruoso, nefasto e approfondito – la sua vera faccia, ogni qualvolta ci sia qualche minaccia per il profitto? Alla fine, il vettore verso il quale si rivolge il capitale non ha sempre messo il guadagno sopra la vita? E non sono sempre state le periferie quelle che soffrono il più grande impatto di questo movimento mondiale attorno ai profitti?

Salta agli occhi che, pure in contesto di pandemia, lo Stato di eccezione, creato nuovamente, continua a seguire l’estetica, il formato e le organizzazioni che lo hanno sempre supportato nella storia. Le persone che organizzano lo Stato, in capitalismo tardivo e in colonizzazione oltrepassata, lo fanno per interessi privati e attraverso l’imposizione di un potere morboso praticando, così, un movimento di limitazione della vita. Il loro discorso cerca di nascondere, come ha sempre fatto l’egemonia ideologica delle oligarchie finanziarie e politiche, la necropolitica in corso, dando la colpa alla Natura. Così, si crea uno scenario menzognero in cui la politica che governa la città, e imposta dai controllori dello Stato, scompare. Dissimulando la verità sulla politica di Stato, che sceglie il profitto a scapito della vita, si costruisce una narrativa per la quale il contagio, la malattia e la morte per covid-19 sono una fatalità della Natura e dei suoi cicli inevitabili. L’inversione ideologica continua a essere la stessa: si presenta l’interesse privato (il mantenimento dell’economia brasiliana) come se fosse l’interesse generale, nascondendo il vero proposito, ossia quello di privilegiare e garantire gli interessi delle oligarchie a scapito della popolazione più precaria e impoverita, destinata a morire. Ispirazione darwinista per le periferie, ma garanzia di risorse di salute e di vita per le élite.

È più facile, quindi, capire i motivi che portano alla malattia e alla morte. Per aggravare questa realtà storica, la grande preoccupazione del governo brasiliano, in questo contesto, è quella di voler imporre una tassazione sui redditi e sui salari e non sui profitti e i grandi patrimoni. Le lavoratrici e i lavoratori, così, sono tre volte sfruttati: dalla realtà dei loro lavori non pagati, dalle tasse non restituite in politiche pubbliche, per salvare, ora, un’economia che non funziona per la loro vita, ma al contrario per la loro morte. Sappiamo che per avere risorse che facilitino qualunque lotta contro la pandemia – risorse che hanno bisogno di sostenersi su ricerche e orientamenti scientifici – bisognerà bere dalla fonte della conoscenza e dalle sue verità storiche e relative. È necessario avere un progetto umanizzante di lettura del mondo, della vita e del contesto della pandemia, sottomettendo il profitto alla vita e non il contrario. È il profitto che deve servire la vita, non la vita che serve il profitto. In questo scenario devastante, sfruttando l’ignoranza e l’instabilità emotiva della maggior parte delle persone, attraverso false ideologie, i media danno importanza alla situazione economica, a scapito della vita. Tuttavia, per dire la verità sull’economia bisognerebbe parlare con l’opinione pubblica del concetto di COMUNE, usando tutte le informazioni necessarie. Sarebbe necessario sottolineare che la natura è stata privatizzata, senza che venisse garantito lo stretto necessario a tutte le persone. Quella stessa natura che dicono sia responsabile della situazione attuale – nascondendo la responsabilità della politica, in Brasile e nel mondo – non appare come fondamentale per nutrire e ampliare la vita delle persone. Le persone producono, le merci vengono vendute, un piccolo gruppo se ne appropria e con esse guadagna, e la stragrande maggioranza della popolazione rimane esposta allo sfruttamento e ai controlli che non fanno che amplificarsi. In tempi del genere, è facile cavalcare l’onda delle menzogne, trattare tutto quello che succede come responsabilità della pandemia. No! Non è colpa della pandemia, ma della politica al potere e della sua maniera nefasta di trattare la vita delle persone durante la pandemia. Quello che fa ammalare e uccide di più è la politica attuale, non il nuovo coronavirus.

In questo momento, chi sembra andare in controtendenza sono le persone che difendono la vita e non quelle che investono nella sua distruzione, come sta diventando norma in Brasile. Nonostante esista già un progetto di legge sul reddito minimo, nonostante il sistema giuridico già parli di REDDITO DI BASE UNIVERSALE E SENZA CONDIZIONI, la maggior parte delle persone è in lotta per una sopravvivenza macabra. La grande sfida, dunque, è e sarà sempre quella di portare avanti la radicalizzazione della democrazia e la conquista di diritti per una vita dignitosa.

 

Traduzione dal portoghese di Raffaella Piazza, Revisione a cura di Cristiana Gotsis

1- Una tassa molto odiata e controversa sulle operazioni finanziarie istituita nel 1996 in Brasile, rinnovata per 4 volte fino al 2007, successivamente abolita, che adesso il governo sta cercando di reintrodurre sulle transazioni digitali. (N.d.T.)

Questo articolo è stato pubblicato qui

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