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Borsellino sapeva anche sorridere

Ma Borsellino aveva saputo anche sorridere. Sempre discreto, garbato, mai sopra le righe, con un atteggiamento di costante dignità, forte delle sue idee e del suo impegno come del suo coraggio mai ostentato e messo in pratica fino alla fine. Quando l'uomo Paolo sorrideva lo faceva col cuore, donando un regalo prezioso come il suo contributo alla causa della lotta alla criminalità organizzata...

«Sono un uomo profondamente cambiato…Voi sapete perché, lo immaginate». Così Paolo Borsellino nel suo ultimo discorso pubblico ai colleghi di Marsala, il 4 luglio 1992, facendo trapelare tutti i suoi turbamenti.

Nell'occasione dell'anniversario dell'uccisione di Borsellino appare ancora più doveroso ricordare una figura di così alto profilo morale e umano. Ma Borsellino aveva saputo anche sorridere. Sempre discreto, garbato, mai sopra le righe, con un atteggiamento di costante dignità, forte delle sue idee e del suo impegno come del suo coraggio mai ostentato e messo in pratica fino alla fine.

Quando l'uomo Paolo sorrideva lo faceva col cuore, dondando un regalo prezioso come il suo contributo alla causa della lotta alla criminalità organizzata. Quando Borsellino sorrideva ancoraCosì titola un articolo apparso l'anno scorso sul settimanale “Sette” del Corriere. Il giornalista Giovanni Bianconi traccia un ritratto inedito del magistrato antimafia ucciso barbaramente dopo solo due mesi dall'attentato al suo amico e collega Giovanni Falcone.

Un racconto per immagini. I ricordi più intimi attraverso l'album di famiglia che racconta l’uomo Borsellino. « Il marito e il padre – leggiamo su “Sette” - che pure nei momenti più difficili o drammatici del suo lavoro non mancava di dedicarsi alla moglie, ai figli e agli amici con i quali amava trascorrere tutto il tempo che poteva. Con la grande carica di affetto, ironia e voglia di vivere che era capace di trasmettere».

Si parte dai primi anni di «un bambino nato nel 1940, quando l’Italia si preparava a entrare nella seconda guerra mondiale, fino alle ultime istantanee del ’92». «Mi disse che non sarebbe stata la mafia a ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi e altri a permettere che ciò potesse accadere», ha raccontato la moglie Agnese ricordando l’ultima passeggiata col marito, sul lungomare di Carini.

Il figlio Manfredi, oggi quarantenne commissario di polizia, spiega che «dopo vent’anni non c’è motivo di tenere riservate queste immagini che sono più eloquenti di qualsiasi racconto per ricordare mio padre». A volte compare anche lui, accanto al papà quasi sempre sorridente: in casa o all’aria aperta, in città o nei luoghi di vacanza. «In questa sorta – leggiamo - di foto-storia pubblico e privato si mescolano, così com’erano mescolati nella vita del giudice. Ci sono i ritratti della prima comunione, e poi le immagini della laurea, del matrimonio, dei momenti di relax, delle trasferte per lavoro. Ricordi fissati sulla pellicola con gli amici che hanno subito la sua stessa sorte, assassinati da Cosa nostra: Giovanni Falcone e il commissario Ninni Cassarà. Le foto dei funerali e quelle in ufficio, da solo o coi colleghi di Palermo e della Procura di Marsala, che Borsellino guidò dal 1986 alla fine del 1991, prima di tornare a Palermo».

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