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Bologna: "suicidio" in questura, nulla da archiviare

Perché il questore – incapace di garantire le telecamere – si deve dimettere. 

di Vito Totire (*)

Dal “sorvegliare e punire” descritto da Foucault siamo passati al “neanche sorvegliare…”. Il questore di Bologna si deve dimettere.

Fin dal momento del tragico evento in cui è morto Cheikou Oumar Ly (**) abbiamo manifestato la necessità di adottare una politica di prevenzione del suicidio che evidentemente oggi a Bologna non esiste.

I nostri comunicati sono stati ignorati da molti. Ora prendiamo atto della decisione di “archiviare”.

In verità non c’è niente da archiviare e ne spieghiamo i motivi:

  • fin dall’inizio era chiaro il rischio che gli agenti in servizio divenissero capri espiatori; le strategie di prevenzione vanno ben oltre la capacità di vigilanza e di custodia da parte dei singoli; un sistema di prevenzione non può fondarsi sulla richiesta di performances sovrumane da parte di operatori sovraccarichi; dunque l’indagine sugli agenti è partita col piede sbagliato;
  • indagare sugli agenti ha avuto l’effetto di un rito (“inconscio”) con cui l’istituzione totale si autoassolve avendo individuato potenziali capri espiatori, opportunamente poi non perseguiti, per quello che era però chiaro fin dall’inizio;
  • una stupefacente trasparenza ha connotato la diffusione dell’esito dell’autopsia: molte le informazioni (non c’era segreto istruttorio?) che hanno presentato una dinamica fulminea con la quale non sarebbe stato umanamente possibile interferire. Conclusioni: la “democratica” città di Bologna può dormire sonni tranquilli: è stato un evento luttuoso e drammatico che non si poteva prevenire…
  • non è stato fatto nessun accenno alla necessità di prendere in carico la persona con la stessa attenzione che si è cominciata a riservare, dopo una serie enorme di suicidi, ai “nuovi giunti” nelle vere e proprie carceri. Questa attenzione deve riguardare solo i detenuti o una semplice riflessione sul tema porta a valutare ad alto rischio anche i “nuovi giunti” in questura ? Magari anche per le persone interrogate in questura e rilasciate; la vicenda drammatica della signora Vera Guidetti non ha indotto le necessarie riflessioni sul tema della prevenzione;
  • perché dunque la condizione di Oumar Ly Cheikou non è stata valutata da uno psicologo clinico, da un mediatore culturale e/o da un esperto di prevenzione? Avendogli sottratto i lacci delle scarpe non si può dire che il rischio di suicidio – per la stessa istituzione che lo ha trattenuto – era impensabile: la prevenzione riguarda dunque solo i lacci delle scarpe o è qualcosa di più complesso? Sappiamo che non si fanno miracoli e che l’adempimento formale di procedure, pure valide, può non essere sufficiente: lo dimostra il fatto che l’ultima persona suicidatasi a Parma era stata considerata “non a rischio” dal perito incaricato dal tribunale (non abbiamo saputo chi fosse) anche se qualcun altro (parliamo sempre di Parma) ha avuto la capacità di individuare alcuni fattori di rischio suicidogeno di tipo ambientale presenti in quel contesto penitenziario. SE DUNQUE UN CONCRETO PIANO DI PREVENZIONE NON PUO’ DARE CERTEZZA DI BUONA RIUSCITA AL 100%, COSA DIVERSA E’ CHE UN PIANO DI PREVENZIONE NON ESISTA NEPPURE.
  • è stato valutato ogni altro fattore di rischio suicidogeno, oltre che soggettivo, anche ambientale? Perché i luoghi di detenzione non sono stati mai inclusi dal 1975 nel rapporto semestrale sulle carceri? E’ troppo scomodo confrontarsi andiamo proponendo – DAL 2004 – ogni 6 mesi, cioè a ogni commento del rapporto semestrale della Ausl sulle carceri? Osservando de visu le condizioni concrete possono emergere spunti per la prevenzione o sul come favorire la velocità dei soccorsi e/o rendere meno lugubri e meno rischiose le celle?
  • il massimo della rimozione è la “belle indifference” con cui ancora oggi – a settimane dall’evento – viene archiviato il problema della videosorveglianza: NON FUNZIONAVA, anzi non funziona… Allora vorremmo capire: da decenni centinaia di operatori e preventori (a cominciare da Basaglia, Antonucci e altri) stanno lavorando per superare il sistema custodialistico che induce emarginazione, cronicità, morte; QUI ADDIRITTURA NON SI GARANTISCE NEPPURE LA CUSTODIA. SE LA QUESTURA dI BOLOGNA NON E’ IN GRADO DI RIPARARE LE TELECAMERE SI AUMENTI IL PERSONALE DI VIGILANZA E SOPRATTUTTO SI ADOTTI UN PIANO DI PREVENZIONE CON LA COLLABORAZIONE DELLE STRUTTURE SOCIO-SANITARIE PUBBLICHE
  • INFINE NON E’ FACILMENTE COMPRENSIBILE CHE IL QUESTORE DI BOLOGNA NON SI SIA DIMESSO O NON VENGA DIMISSIONATO DAL MINISTRO MINNITI.

Prendiamo atto degli articoletti “tranquillanti” della stampa locale ma per quale motivo il signor questore è ancora al suo posto è cosa che sfugge alle nostre capacità di “prevenzione” e su questo presentiamo istanza al Prefetto di Bologna. Ha commesso reati ? Pensiamo di no ma le dimissioni sono un atto politico per il cambiamento di una situazione intollerabile.

Bologna, 17.10.2017

 

(*) Vito Totire, medico del lavoro/psichiatra, è portavoce del circolo “Chico” Mendes e del Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria Francesco Lorusso

(**) cfr qui Bologna: un suicidio?Bologna, morire in questura e quiBologna, ancora sul «suicidio» di Cheikou

Questo articolo è stato pubblicato qui

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