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Bologna 2 agosto 1980: il buco nero del potere segreto in Italia

Bologna 2 agosto 1980, la bomba alla stazione di Bologna: il buco nero che si ingoia 85 vittime (e duecento feriti), il punto finale della strategia della tensione in Italia.

Una strage dove, diversamente dalle altre che hanno insanguinato piazze e stazioni, condizionando la vita politica di questo paese, ha dei responsabili che sono stati subito individuati e condannati.

Come quando si lancia un sasso dentro uno stagno e si osservano i cerchi concentrici che man mano si allargano, studiando le carte delle indagini (e degli storici che hanno seguito questo tragico evento), vediamo la manovalanza neo fascista (assurdamente chiamata spontaneista, braccio armato di parte delle istituzioni), i NAR di Mambro e Fioravanti, Avanguardia nazionale e Ordine Nuovo (non per Bologna, ma per Milano e Brescia).

Gli uomini cerniera tra neofascismo e pezzi dello stato, come Paolo Bellini, condannato ad aprile (in primo grado, giova ricordarlo) come quinto uomo della strage di Bologna.

E poi, un cerchio dopo l'altro, pezzi dei servizi e uomini delle istituzioni: i vertici del Sismi condannati per depistaggio, il generale Santovito e il colonnello Belmonte, Francesco Pazienza. Il prefetto Umberto D'Amato, direttore dell'Ufficio Affari Riservati.

Ancora, come un burattinaio (o forse un burattino pure lui) Licio Gelli, finanziatore dei NAR grazie alla scoperta di un pizzino, che Gelli conservava con cura, per poter ricattare lo stato italiano.

La loggia P2 che in quegli anni, tra fine anni settanta e i primi anni ottanta controllava servizi, vertici delle forze armate, guardia di finanza, carabinieri, giornali, banche. 

Ora non rimane che trovare i responsabili a livello politico, per dare finalmente una cornice unica di queste stragi, per poter finalmente riscrivere la nostra storia, dagli anni sessanta fino alla stagione delle stragi mafiose del 1992-1993 quando in Italia cambiò tutto per non cambiare nulla (dopo il crollo della prima repubblica, dopo il crollo del muro, dopo che l'esercito clandestino dietro Gladio non serviva più). Infatti molti dei responsabili di questi episodi li ritroviamo a Capaci e in via D'Amelio (come ha raccontato l'inchiesta di Report dello scorso 23 maggio): il nucleo nero del potere segreto in Italia, dentro cui è coinvolta la politica fino al collo, per le nomine dei servizi nel 1978 ad esempio (governo Andreotti con Cossiga ministro dell'Interno)

 

“.. ma io nono credo ai mandanti. Non c'ho mai creduto. Credo alle convenienze e ai dati di fatto, alle opportunità e ai gruppi di potere. Io stesso, in qualche modo e con scopi molto diversi, ne ho fatto e ne faccio parte. In quegli anni c'era gente che metteva le bombe. Sembra semplicistico detto così e forse lo è, ma alla mia età si può permettere in po' di sintesi storica. E poi i fatti lo dimostrano. C'erano organizzazioni convinte che gli attentati indiscriminati facessero parte di una strategia lecita. Anzi, non solo. Potrei dire redditizia. Ripeto, la storia lo insegna.

E dall'altra parte c'erano gruppi politici, gruppi di potere, li chiami come vuole, che pensavano di poter usare quel magma rivoluzionario, omicida e criminale per incanalarne gli effetti nella direzione voluta. Alla fine degli anni sessanta e negli anni settanta quella direzione era, tra l'altro, contenere il consenso del Partito Comunista entro confini prestabiliti, scatenando nella gente la paura, il bisogno di ordine. Magari di forza. In questo senso ne sono convinto, sia il terrorismo nero che quello rosso, hanno fatto gioco.

Non credo – e non ci crederò nemmeno se mi porteranno le prove – che ci sia mai stato qualcuno che è andato da un gruppo di estrema destra a commissionare la strage di Piazza Fontana o di Piazza della Loggia, o la strage di Bologna. O che abbia ordinato alle Brigate Rosse di rapire Aldo Moro, per parlare di terrorismo di sinistra. Allo stesso modo però - e lei lo sa – ci sono settori dello Stato che conoscono molto bene certi movimenti. Con precisione e e attenzione.

Ecco, credo che a volte si sia fatto in modo che questi settori dello Stato andassero a prendersi un caffè, si voltassero dall'altra parte, fingessero di non vedere. O magari, si limitassero a verificare che tutto andasse in un certo modo e che i responsabili, se necessario, potessero essere tenuti sotto controllo. ”

Da Il tempo infranto - Patrick Fogli Piemme editore

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