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Bail in o Belin? La stessa pronuncia e il sospetto che significhino la stessa cosa

Con l’ingresso del 2016 è entrato in vigore, nell’ambito del sistema bancario il “Bail In” che dovrebbe significare “salvataggio interno”. Il sistema bancario europeo, dopo aver attinto oltre 800 miliardi di euro dalle casse degli stati membri, ha pensato di darsi una autoregolazione delle perdite. Non più a carico dell’erario pubblico. A rispondere dal 2 gennaio saranno prima gli azionisti, poi gli obbligazionisti e laddove ciò non dovesse essere sufficiente, comparteciperanno i depositanti con liquidità superiori ai 100.000€.

La definizione inglese di “Bail in” mi ha fatto venire in mente un nostro termine, forse poco usato ma abbastanza conosciuto, ovvero il “Belin” che in alcune aree del nostro paese è usato per indicare una stupidità. Dall’esame di questa nuova disposizione operativa, che dovrebbe garantire un minor impatto di rischiosità per le casse pubbliche, io intravedo, ancora una volta, una latente stupidità.

E’ bene, oltre che giusto che gli investitori a rischio, ovvero quelli consapevoli di investire le loro liquidità in strumenti finanziari ad alto rischio ci rimettano le penne. Altrettanto giusto che a pagare siano immediatamente gli azionisti dell’eventuale istituto di credito coinvolto nella crisi.

Trovo stupido invece la trovata di rivalersi sui conti correnti di privati cittadini e di piccole e medie imprese che dispongano di liquidità superiori ai 100.000€. Ditemi voi chi sarà da oggi così sprovveduto da detenere importi superiori ai centomila euro sullo stesso istituto. E poi dato che trattasi di liquidità non indifferente, non penso che ci siano milioni di cittadini che disponendo di 100.000€ in contanti, li tengano immobilizzati su un conto corrente che non frutterà, al lordo delle ritenute, più dello 0,25%.

Quello che poi è irritante è che si legifera in termini di coperture delle perdite, individuando azionisti, obbligazionisti e correntisti con dovizia certosina ma non si parla dei gestori della banca in crisi, di coloro che attraverso la loro gestione incauta, sprovveduta e a volte anche in cattiva fede, non siano previste sanzioni disciplinari “credibili”. Mancando un sistema collaterale di sanzioni, pesanti e severe, da comminarsi con determinazione e soprattutto certezza, il “Bail in” potrebbe essere intravisto oggi quale il Belin.

L’Italia è diventata la scuola del diritto inapplicato. Si pensano delle buone leggi, probabilmente studiate a tavolino per distrarre l’opinione pubblica, che una volta approvate vengono abbandonate nei meandri della giurisprudenza inapplicata, in quanto mancanti proprio delle disposizioni applicative.

Il “Bail in” ancora una volta è la dimostrazione di quanto anzidetto. 

Pensata la legge, se sono guardati bene di predisporre a latere le necessarie disposizioni disciplinari per coloro che attraverso la gestione non proprio corretta delle disponibilità finanziaria dell’istituto di credito ne creano il dissesto. Non solo, il controllo è ancora una volta affidato a Banca d’Italia ed ABI (Associazione Banche Italiane) venendosi così a riformulare la strategia del controllore che viene chiamato a controllare se stesso.

Quello che più di tutto continua ad irritare l’opinione pubblica è la mancanza di regolamenti disciplinari. Spesso le regole ci sono, solo che in assenza di norme severe e soprattutto chiare, i fautori di dissesti e crac finanziari vari alla fine della giostra non pagano nulla, continuano a godere delle loro faraoniche prebende alla faccia di decine di migliaia di cittadini che in buona fede, credendo nella correttezza operativa del sistema bancario italiano, ci hanno perso anche le brache. Non riusciamo ancora a capire l’ottusa miopia governativa rispetto questa prioritaria esigenza del Paese. 

 

Foto: Poster Boy/Flickr

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