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Bahrein, l’appello per la scarcerazione di un difensore dei diritti umani

Sedici organizzazioni non governative nazionali, regionali e internazionali hanno chiesto alle autorità del Bahrein di scarcerare Abdul-Jalil al-Singace, un difensore dei diritti umani condannato all’ergastolo che un mese fa ha intrapreso uno sciopero della fame.

La sua è una protesta contro i persistenti maltrattamenti inflittigli nel carcere di Jaw, la principale prigione del Bahrain, le restrizioni imposte a causa della pandemia da Covid-19, che limitano il contatto telefonico dei detenuti a solo cinque tra amici e familiari, e il sequestro di un libro da lui scritto in prigione che egli vorrebbe invece fosse consegnato alla famiglia.

Il 18 luglio al-Singace è stato trasferito in una struttura medica del ministero degli Interni dove gli sono state somministrate sostanze nutritive per via endovenosa.

Rispettato accademico e blogger, al-Singace ha trascorso l’ultimo decennio in prigione scontando un ergastolo, dopo aver preso parte alle proteste del 2011 insieme ad altri attivisti conosciuti come i “Bahrain 13”.

Come riconosciuto dalla stessa Commissione indipendente d’inchiesta del Bahrein, istituita nel 2011 dal governo di fronte alle proteste internazionali contro la violenta repressione delle proteste di allora, dopo l’arresto al-Singace venne tenuto in isolamento per due mesi, durante i quali venne torturato e sottoposto a molestie sessuali.

A sciopero della fame intrapreso, l’ufficio del difensore civico del Bahrein (un organismo del ministero dell’Interno del tutto privo d’indipendenza) ha negato che al-Singace fosse sottoposto a maltrattamenti dichiarando che il detenuto aveva smesso di assumere cibi soliti unicamente perché non poteva contattare i suoi familiari.

Molti protagonisti della “primavera” del 2011 in carcere sono anziani e in cattive condizioni di salute, spesso a causa delle torture subite dopo l’arresto.

Lo stesso al-Singace ha diverse malattie croniche, soffre di sindrome post-polio, vertigini e parestesia ai muscoli e agli arti. Di conseguenza, richiede l’uso di stampelle o di una sedia a rotelle. Negli ultimi quattro anni la direzione del carcere di Jaw ha sempre rifiutato di accompagnarlo agli appuntamenti con medici specialisti.

Questo quadro sanitario, insieme alla debilitazione provocata dallo sciopero della fame, rende al-Singace un soggetto particolarmente a rischio di contagio dal Covid-19 e rende urgente la sua scarcerazione.

Le organizzazioni firmatarie dell’appello per al-Singace sono: Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain, Amnesty International, Bahrain Centre for Human Rights, Bahrain Institute for Rights and Democracy, Civicus, Committee to Protect Journalists, English PEN, European Centre for Democracy and Human Rights, Gulf Centre for Human Rights, Human Rights First, IFEX, International Service for Human Rights, PEN International, Scholars at Risk, Redress e World Organisation Against Torture.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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