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Anteprima inchieste di Report – le spie vere e le spie presunte, le morti di lavoro, gli attacchi ai sistemi informatici

Nel mentre in Italia si compilano liste di proscrizione nei confronti di giornalisti, storici, intellettuali, per le loro opinioni sulla guerra, Report si occuperà delle quinte colonne di Putin nel nostro paese, partendo dalla missione di aiuto della federazione russa nel marzo 2020, seguendo il caso dell’ufficiale di marina Walter Biot, accusato di aver venduto segreti militari Nato ai russi. Si parlerà anche di morti sul lavoro e di quanto i nostri dati sensibili siano a rischio.

La missione di aiuto russa in Italia

Il 22 marzo 2020 sbarcano all’aeroporto militare di Pratica di Mare 104 militari russi per una missione di aiuto chiamata “Dalla Russia con amore”: era solo una missione di soccorso per il nostro paese, alle prese con la prima ondata di pandemia oppure era un missione di spionaggio camuffata? Questi i dubbi sollevati da alcuni partiti politici nei confronti del governo Conte (finito al centro di una polemica politica) che, secondo alcuni, avrebbe consentito ai militari russi di venire in Italia per spiarci un po’.
Se lo chiede il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori: "Mi sono chiesto se tutti quei militari che accompagnavano i pochi medici erano qui soltanto per dare davvero un aiuto".

Erano le settimane successive alla mancata zona rossa, delle mascherine e dei dispositivi che mancavano negli istituti, della mancanza di coordinamento tra ATS, medici, su quali regole mettere in atto per limitare i contagi. Bergamo in quei giorni era l’epicentro mondiale della pandemia, il 18 marzo le immagini dei camion militari (dell’esercito italiano) che portavano via le bare dei morti dalla città fecero il giro del mondo.
È normale la presenza di tutti quei militari dentro una missione che aveva come fine iil portare aiuti medici e medici? Il rischio che all’interno della struttura sia arrivato anche qualche “spione” è concreto, il docente di storia delle relazioni internazionali Igor Pellicciari spiega come all’interno dell’esercito sono sempre presenti ufficiali dei servizi.

Di questa vicenda se ne è occupato il Copasir che ha sentito l’ex presidente del Consiglio Conte il quale ha precisato come il comitato abbia alla fine concluso che non ci siano elementi per pensare che questa missione abbia presentato criticità e si sia svolta fuori dall’ambito sanitario.
Gli interrogativi sul fine di questa missione nascono da fatto che a Bergamo fossero in molti, tra amministratori e dirigenti sanitari, ad essere all’oscuro dell’arrivo dei militari, con la colonna dei camion con la bandiera della federazione che sventolava al vento.
Non ne era stato informato il sindaco Gori che venne informato dalla regione Lombardia, con cui discuteva dell’apertura di un ospedale da campo.

Nel team di aiuto dalla Russia era presente anche il nome di Natalia Pshenichnaya, vicedirettrice dell'Istituto centrale di ricerche epidemiologiche: mesi dopo pubblicherà un paper sulla situazione italiana con giudizi spietati sulle iniziative messe in atto dal nostro governo, “l’assistenza sanitaria del paese non era preparata .. le misure di controllo dell’infezione non sono state attuate e hanno portato alla diffusione del contagio tra gli operatori sanitari ”

La vicedirettrice da anche un valore politico alle sue ricerche: nel settembre 2020 scrive un testo in cui dice che il coronavirus ha determinato nuovi parametri per costruire l’ordine mondiale.

È come se mostrasse il vero volto dell’operazione “Dalla Russia con amore”, è come se l’Italia venisse usata come cavallo di Troia per sbirciare dal buco della serratura per capire cosa stava veramente accadendo nei paesi occidentali, ma doveva anche servire alla Russia per arrivare prima nella corsa ai vaccini, una corsa in cui tutte le potenze mondiali si stavano confrontando.

Chi avrebbe avuto un vaccino avrebbe avuto un vantaggio strategico, specie se questo vaccino lo controllava – spiega ancora Igor Pellicciari, controllandone la produzione: “arrivare ad un vaccino per primi, in un contesto in cui lo controlla un’azienda farmaceutica che deve fare marginalità per sua stessa missione è diverso rispetto al potere geopolitico di un vaccino di Stato, uno Stato decide a chi darlo, per guadagnarci geopoliticamente.”

L’importanza del vaccino russo come strumento geopolitico sembrerebbe confermata dai documenti segreti del Dossier Center di Londra: si legge di un piano del braccio destro di Putin Kostantin Malofeev, dove nel marzo 2021 si prevedeva la creazione di una rete occulta nota come Altintern, alla quale dovevano aderire politici stranieri e dove il vaccino Sputnik doveva essere la strada per ripristinare i rapporti con i partiti euroscettici col fine di bloccare la politica sanzionatoria di Bruxelles.

La scheda del servizio: DALLA RUSSIA CON AMORE di Danilo Procaccianti

Collaborazione Federico Marconi

 

Il 22 marzo 2020 in piena pandemia sbarcano all'aeroporto di Pratica di Mare 104 militari russi. Sono destinati a Bergamo, in quel momento fra i luoghi più colpiti al mondo dal virus pandemico. Dovevano portare aiuti e medici ma erano perlopiù esperti di guerre batteriologiche. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina anche quella missione è sotto la lente d'ingrandimento del Copasir, l'organismo parlamentare di vigilanza dei nostri servizi segreti. È stata solo una missione di aiuto o i russi hanno fatto spionaggio militare e sanitario?

 

L’attività di spionaggio in Italia

In che modo si è mossa in Italia (e in Europa) la rete di spionaggio russa per carpire qualsiasi informazione utile, sulle strutture di difesa, sui nostri punti critici?

Della presenza di questa rete in Italia ce ne siamo accorti nel marzo del 2021 con l’arresto del capitano Walter Biot da parte dei carabinieri del Ros a Spinaceto (Roma): l’ufficiale è accusato passato dei documenti segreti della Nato alla federazione russa. Al momento dell’arresto era in servizio presso lo Stato Maggiore della Difesa al reparto di direzione strategica e politica delle operazioni, incaricato di gestire flussi di informazioni altamente sensibili e coperte dal segreto. Una grana diplomatica internazionale per il nostro paese che obbliga il ministro della Difesa Guecrini a riferire alle commissioni difesa di Camera e Senato: “chi è accusato di questi crimini ne dovrà rispondere di fronte alla legge ma vorrei dire che ancora una volta i valori e le esperienze delle nostre forze armate sono altro rispetto a quanto si è evidenziato in questa bruttissima vicenda.”

 

Walter Biot è stato arrestato dopo un lungo pedinamento da parte del Ros, che lo ha seguito in quel pomeriggio del 30 marzo 2021 da Spinaceto fino al quartiere dell’Eur, in cui sarebbe avvenuto lo scambio di documenti con un agente diplomatico russo, Dimitri Ostrukov. È su quest’ultimo che sono stati rinvenuti i documenti segreti, contenuti dentro una scheda microSD

A seguito dell’arresto dell’ufficiale vengono espulsi due funzionari dell’ambasciata russa, l’addetto militare Nemudrov e il colonnello Dimitri Ostroukhov, un altro diplomatico proveniente dal GRU, il servizio segreto militare. Secondo i nostri servizi di intelligence erano entrambi impegnati a cercare prove di intesa tra la Nato e il presidente ucraino Zelenski.

“Erano due diplomatici che si occupavano della questione della Difesa e della sicurezza, quindi due addetti alla difesa dell’ambasciata russa in Italia” spiega a Report Tiberio Graziani – presidente di Vision e Global Trends: Graziani non è solo un esperto di Russia ma è anche uno dei soggetti filo russi indicati da una discussa pubblicazione curata dai docenti Olga Bertelsen e Jan Goldman e distribuita dalla Columbia University, anche se in realtà Il saggio è stato in realtà pubblicato da ibidem Press, una casa editrice tedesca con sedi a Stoccarda e ad Hannover.

Tiberio Graziani è stato inserito nelle famose liste dei putiniani, pubblicate da alcune delle testate nazionale più schierate sul fronte bellicista: la sua analisi a Report prosegue


“L’Italia è stata per motivi storici in paese schierato nell’orbita occidentale che ha avuto la funzione anche di essere mediatore tra il blocco occidentale e la Russia, in particolare la Russia sovietica, ma questa tradizione, questa funzione l’ha mantenuta anche dopo il collasso dell’Unione Sovietica”.

Lo scorso marzo l’ambasciatore russo Razov nella sua conferenza stampa di fronte al palazzo di Giustizia a Roma, è tornato sulla questione dei rapporti diplomatici tra Russia e Italia: “io ho lavorato coi governi di Letta, Gentiloni, Renzi e adesso con il governo di Draghi, in tutti questi anni io e i miei colleghi abbiamo fatto di tutto per costruire i ponti. Adesso con rammarico devo constatare che quello che è stato fatto viene smontato.”

La scheda del servizio: SPY GAME Di Daniele Autieri

Collaborazione Federico Marconi

 

Il 30 marzo del 2021 il capitano di fregata Walter Biot, in servizio presso il III Reparto dello Stato Maggiore della Difesa, viene arrestato con l’accusa di aver venduto segreti militari della Nato alla Russia. Tra i documenti sequestrati anche il Reperto S, un’analisi della Nato sulle attività destabilizzanti della Russia in Ucraina. Gli uomini del Ros dei Carabinieri lo trovano in macchina con un addetto militare russo di nome Dmitri Ostroukhov, un uomo proveniente dal Gru, il servizio segreto militare di Mosca. Il giorno dopo l’arresto Ostroukhov viene espulso e insieme a lui viene espulso anche l’addetto navale dell’Ambasciata russa in Italia, Aleksej Nemudrov, il numero due dei diplomatici russi nel nostro Paese, l’uomo che aveva gestito la logistica della missione sanitaria russa in Italia del marzo 2020.

A un anno di distanza, il 5 aprile scorso, 30 diplomatici russi vengono espulsi dal Ministero degli Esteri perché accusati di condurre operazioni di spionaggio sul suolo italiano. Nel complesso, l’Europa espelle 149 diplomatici della Federazione Russa.

Che relazioni ci sono tra le attività dei due uomini espulsi nel caso Biot e i 30 addetti russi definiti dal Presidente del Consiglio Mario Draghi “pseudo-diplomatici”? E che tipo di documenti segreti nell’ambito delle attività dell’Alleanza Atlantica cercavano le spie russe in Italia?

Morire sul lavoro

In Italia si muore sui luoghi di lavoro: si muore per delle fatalità, ma si muore anche per assenza di formazione, perché i dispositivi di sicurezza vengono disattivati, per aumentare la produzione delle macchine (a chi importa delle persone, tanto?). E’ quello che è successo a Luana D’Orazio il 3 maggio 2021, inghiottita dall’orditoio su cui stava lavorando, che l’ha uccisa sul colpo. E’ quello che è successo il 5 maggio a Cristian Martinelli stritolato da un tornio verticale.. è solo una parte del bollettino di una guerra che ogni anno miete centinaia di vittime senza distinzione di sesso.

 

“Il meccanismo è sempre quello” spiega a Report Renato Delaini, esperto di sicurezza dei macchinari “c’è un macchinario che si muove e che prende la persona.” Magari hai litigato con la morosa, magari sei preoccupato per la figlia, magari hai fatto nottata il giorno prima, però il castigo non può essere la morte per una disattenzione.

 

I macchinari che popolano le nostre fabbriche hanno una forza spaventosa, racconta Giuliano Marrucci, se entri in contatto con una parte in movimento non c’è scampo, eppure il modo per renderle sicure c’è: alla Trebi di Brescia, azienda con 25 dipendenti, mettono assieme casottini come questi per la lavorazione dell’alluminio, dove la macchina è bel lontana dall’uomo.

In questa azienda non hanno mai avuti incidenti con le macchine, ad oggi hanno venduto 500 macchine in tutto il mondo: se le macchine si progettano per essere sicure, se si mette la sicurezza come standard aziendale, l’incidente non può succedere.

A garantire che la macchina è sicura dovrebbe essere il marchio CE: ma si tratta di una autocertificazione che rilascia il fabbricante. A questo si deve aggiungere che spesso i tecnici della prevenzione dell’ASL vanno di fretta, perché sono sempre meno per fare i controlli: dal 2008 ad oggi sono passati da 5060 a 2248 (ultima rilevazione nel 2019). E non finisce qua: anche quando il tecnico della prevenzione dell’ASL riesce ad individuare una macchina che potrebbe causare un incidente, si limita a passare la palla ad una commissione interministeriale coordinata dal min. dello Sviluppo che si dovrebbe riunire circa una volta al mese per valutare la segnalazione.

Ma per un paio d’anni la commissione non si è mai riunita, per cui le macchine sono rimaste in circolazione, racconta Susanna Cantoni della Consulta italiana di prevenzione, “è un brutto segnale.” Uno degli incidenti più diffusi è quello legato all’uso del trattore, con piccoli accorgimenti si potrebbero salvare oltre 120 vite l’anno, per esempio adottando le cinture di sicurezza oppure cabine che proteggono l’operatore in caso di ribaltamento, i costi non sono neanche tanto pesanti – prosegue Cantoni, poche centinaia di euro per le cinture e mille-millecinquecento euro per gli interventi più complessi e salverebbero più di cento vite l’anno.

“Peccato che da molti anni si aspetti il decreto che obbliga in caso di revisione ad attuare questa misura di sicurezza.” In caso di revisione controllano il freno, la freccia ma i presidi salvavita non vengono guardati.

La scheda del servizio: MACCHINE MORTALI di Giuliano Marrucci

 

Le pagine di cronaca continuano ad essere riempite da casi di morti sul lavoro dovuti a qualche macchinario industriale. E la dinamica è sempre la stessa: c'è qualche componente meccanica che si muove e qualcuno che ci rimane incastrato dentro. Se venissero rispettate le regole, non dovrebbe proprio accadere. Mai. Il problema è che a garantire la conformità dei macchinari è un'autocertificazione, e a controllarle ex post, delle 5 mila persone impiegate nelle ASL nel 2008, ormai ne sono rimaste poco più di 2000 e quando trovano qualcosa che non va, lo devono comunicare a una commissione interministeriale, che però non s'è riunita per due anni.

 

Quanto sono protetti i nostri dati sensibili

 

E’ notizia di questi giorni l’attacco di hacker sulle strutture informatiche dell’ATS Insubria in Lombardia: ma questo è solo l’ultimo di una serie di attacchi tra cui quello del dicembre scorso quando i sistemi informatici dell’Azienda Sanitaria 6 Euganea andarono in tilt a seguito di un attacco hacker. Un attacco vile, lo descrive il direttore del’ULSS 6 Paolo Fortuna, perché colpisce la sanità e dunque i soggetti più inermi, proprio nel mezzo dell’ondata di contati per covid dello scorso inverno: furono sospesi i CUP, le analisi, i prelievi, le liste di attesa per i tamponi e ovviamente anche gli hub vaccinali.

La scheda del servizio IL VIRUS DEL RISCATTO di Lucina Paternesi e Goffredo De Pascale

 

Basta un clic per consegnare nelle mani dei criminali informatici l'accesso a tutti i nostri dati. Nel 2021 si sono registrati oltre 2000 attacchi informatici gravi, il 10% in più rispetto all'anno precedente. Le cyber gang lavorano come la criminalità organizzata e gli obiettivi sono sempre più istituzionali perché l'imperativo è fare business: sfruttando le vulnerabilità dei sistemi esposti in rete riescono a risalire le reti aziendali con privilegi da amministratori e poi sferrano l'attacco ransomware, cioè bloccano macchine e dati rendendoli illeggibili per poi chiedere un riscatto. Dopo Regione Lazio, sono state vittime di ransomware anche l'Asl3 di Napoli, alcune strutture ospedaliere di Milano e, a fine 2021, anche l'Ulss di Padova. È bastato avere una copia di backup di tutti i dati per limitare i danni? Chi deve mettere al riparo i dati sensibili dei cittadini?

 

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

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