Anteprima inchieste di Report – il lavoro povero, le etichette e lo smaltimento dei pneumatici
La Repubblica fondata sul lavoro povero
L’Italia è oramai una Repubblica fondata sul lavoro povero, malpagato, sfruttato, senza tutele. A dircelo sono, tutti i giorni, esperti, imprenditori, giornalisti che spiegano come non possiamo mica permetterci i salari degli altri paesi. E nemmeno possiamo permetterci il reddito di cittadinanza (in media 500 euro, con punte di 700 euro a nucleo familiare) perché andava a fare concorrenza sleale coi salari. Non sono solo gli operai delle fabbriche, a lavorare in queste condizioni, il povero Cipputi oggi è in buona compagnia: ci sono i magistrati onorari, operatori culturali (vi ricordate, il patrimonio culturale è il nostro petrolio..), i lavoratori socialmente utili agli istruttori sportivi, sono tutti lavoratori rimasti per decenni senza contributi previdenziali.
C’è poi il settore della logistica, un vero far west dove ad aziende come la BRT, DHL e Geodis, sono stati sequestrati 120 ml di euro per frode fiscale.
Avete sentito parlare della vicenda Italtrans, una delle più grandi piattaforme della logistica? Non credo, non è una notizia che acchiappa come i blitz di Ultima Generazione oppure le sparate del ministro sulla sostituzione etnica: dai capannoni della Italtrans partono i camion che riforniscono le catene di supermercati di tutta Italia. I lavoratori in appalto da cooperative esterne in appalto sono circa 700, quelli iscritti al sindacato USB chiedono maggiori salari, una mensa che non c’è e più diritti. Report ha mostrato le immagini della loro protesta, quando questi lavoratori hanno bloccati i cancelli all’ingresso, causando code di chilometri, causando l’intervento della polizia, con gli sgomberi e le manganellate. Una rivendicazione di diritti, di salari diventa, non solo con questo governo, una questione di sicurezza pubblica, da gestire con le forze dell’ordine. Una cosa grave, raccontano i rappresentanti dell’USB: “abbiamo fatto tre scioperi fuori dai cancelli e tre volte c’è stato l’intervento delle forze dell’ordine” racconta Elisa Fornoni “per sciogliere il picchetto”.
“Non siamo animali” racconta a Bernardo Iovene uno di questi scioperanti tutti dipendenti di cooperativve “siamo persone con dei nostri diritti, chiediamo il buono pasto”, perché manca la mensa, i salari dovrebbero tener conto di questo.
Il fatto di essere assunti da cooperative e non da Italtrans rende più difficile la loro lotta: ci sono dieci cooperative diverse con trattamenti diversi, pagano la malattia in modo diverso. Ci sono ancora dipendenti che dopo anni hanno ancora un contratto part time ma l’azienda pretende che si fermino a fare gli straordinari. Si parla di almeno 10-12 ore al giorno e a fine mese ci si ritrova con una busta paga da 1200 euro, quando si va a chiedere più soldi ti viene risposto “ma potevi fare straordinario”.
Per l’azienda è più conveniente avere il 90% dei lavoratori in mano alle cooperative: dopo questa protesta, dopo qualche giorno, una di queste ha mandato ai delegati USB una lettera di licenziamento immediato e un’altra di contestazione con sospensione, intercettando dei messaggi whatsapp tra i lavoratori. Così è ripreso il blocco dei tir in ingresso e uscita. A parte questa situazione di conflittualità ci sono migliaia di cooperative e società che sono serbatoi di manodopera che chiudono dopo due anni frodando sia il fisco che il lavoratore.
Report racconterà la storia di Simone, nome di fantasia, che lavora per la BRT ma attraverso una società esterna che gli ha addebitato le rate del furgone facendogli credere che poi sarebbe diventato suo. Poi gli hanno sempre consegnato buste paga che non corrispondevano al reale pagamento: quello che c’è scritto sulla busta paga non corrisponde a quanto viene versato sul conto in banca. Attualmente BRT, colosso dei trasporti, su richiesta della procura di Milano è in amministrazione giudiziaria per frode fiscale e stipula di fittizi contratti di manodopera e ha subito un sequestro da 68 ml di euro. L’operazione della procura ha colpito anche la Geotis, l’altra multinazionale della logistica e un’azienda intermediaria: complessivamente lo Stato ha recuperato 126 ml di euro.
Iovene ha intervistato il comandante del nucleo della GDF di Milano Emilio Palermo: “BRT e Geotis utilizzavano manodopera a bassissimo costo ed in modo illecito. Spesso le buste paga sono state in qualche modo manomesse. Ma sono società costituite per avere una vita breve, non più di 3 anni, scompaiono in modo da essere difficilmente rintracciabili soprattutto per il fisco. In mezzo ci sono i nuovi schiavi…”
Benvenuti nella repubblica fondata sullo schiavismo?
Ma non c’è solo la logistica: Iovene racconterà anche dei giudici onorari, partendo dalla loro protesta di qualche anno fa in cui Raimondo Orru, un giudice onorario a Roma, ringraziava fratelli d’Italia perché appoggiava la loro protesta.
Era presente anche l’attuale presidente Meloni che, nel 2020, spiegava ai manifestanti, “da tempo abbiamo depositato una proposta semplice, la stabilizzazione per la magistratura onoraria fino alla pensione, trattamento equiparato ai magistrati togati”.
Come è andata a finire? Oggi Meloni è al governo ma le cose non sono cambiate: “siamo francamente imbarazzati a dover sapere che il ministero della giustizia continua a parlare di volontarietà della giustizia, una sorta di caporalato, nascondendo all’Europa la vera essenza della riforma Cartabia ..”
Perché a Roma e nelle altre procure ci sono ancora magistrati e giudici onorari che lavorano a cottimo, come Fabiana Pantella e Maria Elena Francone di cui Iovene ha raccolto le testimonianze: “non abbiamo previdenza, non abbiamo malattia, non abbiamo al momento alcun tipo di tutela.”
Ci sono anche giudici che dovrebbero essere stati assunti, ma sono tutti bloccati da una riforma che li tiene appesi in una situazione di precarietà: l’Europa però si era espressa chiaramente, l’ultima lettera di messa in mora di questo sistema è del luglio 2022, dove la commissione europea sosteneva come in Italia ci fosse una condizione di disparità di trattamento per i giudici onorari. Nella lettera la commissione scrive che “i magistrati onorari e i giudici togati sono lavoratori comparabili”. Quando erano all’opposizione, Meloni e l’attuale sottosegretario Delmastro ne chiedevano conto ai precedenti governi: Delmastro ha anche la delega alla giustizia, nel passato ha sempre accompagnato la protesta dei giudici onorari. Ma oggi sembrerebbe che abbia cambiato idea, “propone una gestione autonoma di Inps quando noi dovremmo avere la gestione ordinaria dell’Inps come l’hanno i magistrati” racconta al giornalista Maria Flora di Giovanni giudice a Chieti. Oggi Delmastro e Meloni tengono in vita la riforma Meloni che, dal gennaio di quest’anno, assume in diversi scaglioni per tre anni i magistrati onorari col trattamento economico dei funzionari amministrativi. Un compenso che la commissione europea ha bocciato perché inadeguato. Col rischio di incappare nell’ennesima procedura di infrazione che costerà all’Italia milioni di euro.
Anche il mondo della cultura e della tutela del patrimonio artistico non è immune a questi fenomeni di lavoro malpagato: a Verona
A Verona, città d'arte, nei musei civici, oltre ai dipendenti comunali, lavorano anche 65 operatori museali dipendenti e soci, che è vincitrice di una gara d’appalto, la maggior parte sono giovani laureati e sono pagati 4 euro l’ora, nonostante conoscano le lingue e siano specializzati nella materia dei beni culturali.
Un operatore museale che preferisce mantenere l’anonimato ha raccontato a Report la sua situazione: lavora presso la casa di Giulietta, l’Arena, Castelvecchio: il loro contratto dovrebbe essere quello di federculture, ma nessuno di loro ha questo contratto. In realtà lavorano con un contratto fiduciario, che è quello degli operatori di sorveglianza nei musei e la paga è di 4 euro all’ora. Si parla di mille, mille e cento euro al mese quando va bene: “pensavo che una paga oraria così bassa non esistesse neanche più.”.
Sono lavoratori che si sentono sfruttati, presi in giro, molti di loro sono laureati nel settore dei beni culturali e non si sentono valorizzati.
La cooperativa Le macchine celibi di Bologna ha vinto l’appalto con il comune di Verona applicando un contratto multiservizi, quello per gli addetti alle pulizie, già di per sé penalizzante, ma poi in corsa, senza accordi e unilateralmente ha peggiorato il contratto in quello della vigilanza, si chiama servizi fiduciari, che prevede appunto paghe da 4 euro l’ora.
Quello che indigna è che dei lavoratori oggi siano costretti a raccontare la loro situazione di sfruttamento incappucciati come fossero dei mafiosi pentiti: non ci mettono la faccia perché vengono minacciati, rischiano di perdere il posto di lavoro. E i sindacalisti? Racconta uno di questi ragazzi “le posso assicurare che non si esporrà proprio perché la paura è forte. Penso che la paura sia forte per il sindacalista, soprattutto nella direzione museale perché hanno questo sistema di minacce e di ricatto..”
Infine i lavoratori socialmente utili: dal 2020 quasi tutti sono stati assunti dei rispettivi enti pubblici dove hanno prestato servizio per 25 anni con un sussidio di 580 euro al mese. Adesso ricevono uno stipendio, in parte con un incentivo dallo Stato e la restante parte toccava ai comuni che, sempre in dissesto, non hanno soldi e dunque si ritrovano ad essere dipendenti ad ore, con lo stesso stipendio di prima, ma tassati. Lo racconta un dipendente del comune di Atella (CE): dopo essere stato inquadrato ha iniziato a prendere anche i contributi, ma lo stipendio (per 11 ore settimanali) da 600 è passato a 430 euro.
Due signore sono state assunte a 18 ore settimanali nel comune di Castello di Cisterna: lavoravano dal 1995 nel comune e ora sono state stabilizzate con uno stipendio di 618 euro, senza un passato contributivo. Si sono state fare un estratto dall’Inps e hanno visto che verrebbero a prendere 270 euro di pensione dopo aver lavorato per tanti anni in un comune.
A Fratta Maggiore il comune ha assunto i LSU a 20 ore settimanali: si arriva a 800 euro al mese, ma sono costretti costretti a fare altri lavori a nero, sono quasi obbligati raccontano a Iovene, senza preoccuparsi né delle forze dell’ordine né dell’ispettorato. Non si fa problemi questa persona, che aggiunge anche di aver subito pressioni da qualcuno per fare dei lavori nella casa di amministratori del comune. Il tutto nelle ore dell’LSU, non fuori dall’orario di “lavoro”.
L’incentivo dello Stato per i lavoratori socialmente utili ammonta a 9300 euro l’anno, poi dovrebbero esserci i soldi messi dai comuni: ma molti di questi, essendo in dissesto, hanno usato l’integrazione per coprire i loro conti.
La scheda del servizio LA BUSTA NON PAGA di Bernardo Iovene
Collaborazione Lidia Galeazzo, Greta Orsi
Le maggiori aziende della logistica utilizzano lavoratori dipendenti da cooperative e società esterne, il costo del lavoro per loro si riduce, addirittura per BRT vale solo l’8 per cento del fatturato. Le aziende esterne talvolta chiudono dopo due anni e riaprono con un altro nome a danno del lavoratore, che spesso viene pagato poco e perde i diritti dovuti. La procura di Milano attraverso la GDF ha recuperato 170 milioni di euro di oneri non pagati da BRT, Geodis e DHL, che utilizzavano questo schema impiegando manodopera a basso costo. Ma anche in vari settori della Pubblica amministrazione si aggirano contratti nazionali e livelli di retribuzione e contributi: dai custodi dei musei ai vecchi LSU, lavoratori socialmente utili che avrebbero dovuto essere assunti stabilmente; fino ai magistrati onorari, la cui mancata regolarizzazione rischia di far saltare i soldi del PNRR previsti per il ministero della Giustizia. Infine, l’esempio degli istruttori sportivi: sono decenni che svolgono l’attività professionale presso impianti sportivi pagati come dilettanti senza diritti di ferie, malattie, maternità e contributi.
Una questione di trasparenza
La guerra tra Italia e Francia non è solo quella sulla pelle dei migranti. C’è anche una guerra, meno nota sulle cronache, sulle etichette alimentari.
Come racconta l’anteprima: “Il Nutriscore è il sistema di etichettatura di origine francese che funziona come un semaforo per aiutare i consumatori a fare acquisti consapevoli. L'Italia ha proposto la Nutrinform Battery come più esplicativa. Cosa ne pensano i consumatori? ”
Report ha chiesto ai clienti di alcuni consumatori di confrontare tre scatole di cereali in base ai valori riportati sull’etichetta “Nutrinform Battery ”. Quella più chiara è quella col semaforo, che non è quella italiana.
La scheda del servizio: LA BATTAGLIA DELLE ETICHETTE di Lucina Paternesi e Giulia Sabella
Con il 59% della popolazione in sovrappeso e il 23% affetto da obesità, dal 2020 l’Unione Europea ha intrapreso la strategia “Farm to Fork”, alimenti più sostenibili e abitudini più sane a tavola anche grazie a un’etichettatura comune in tutti i paesi membri. Tra le proposte più quotate c’era il Nutriscore, il sistema di etichettatura fronte pacco di origine francese che funziona come un semaforo: cinque lettere dalla A alla E, e cinque colori, dal verde scuro all’arancione intenso, per aiutare i consumatori a fare acquisti consapevoli e limitare il consumo di quegli alimenti che potrebbero avere un impatto negativo sulla salute umana. Il voto definitivo, però, è slittato anche grazie alle proteste dell’Italia, da sempre contraria all’etichetta a semaforo, perché ritenuta ‘discriminatoria’ nei confronti dei prodotti tipici italiani. Sotto la bandiera della difesa del Made in Italy si sono coalizzate associazioni di categoria, lobby e politici di tutti i colori. Nasce così la proposta italiana, il NutrInform Battery, un’etichetta che non valuta gli alimenti con un colore, ma spiega la composizione nutrizionale attraverso 17 diversi numeri e percentuali e, soprattutto, fa contenti i produttori. Ma quali studi scientifici hanno validato la proposta italiana e chi li ha fatti? Tra conflitti d’interesse e timori corporativi l’Italia rischia di perdere uno strumento utile di salute pubblica in nome della tutela degli interessi delle lobby?
Lo smaltimento dei pneumatici
Chi gestisce lo smaltimento degli pneumatici deve raccogliere il 95% del peso di quelli immessi sul mercato l’anno precedente perché l’usura del pneumatico è stimata nel 5%, ma il peso di questo è una sorta di autodichiarazione fatta dai soci del consorzio (la Combat Tyre, in questo caso). Servirebbe un registro informatico che tracci tutti i nuovi pneumatici immessi nel mercato, questo servirebbe a controllare l’attività sia di chi immette sul mercato gli pneumatici sia lo smaltimento. Avrebbe dovuto essere attivato dal ministero dell’ambiente entro la fine del 2021: sono a buon punto, racconta un dirigente della divisione di economia circolare. Senza il registro la vigilanza del ministero è fallace visto che ogni anno quelli da raccogliere sono molto di più di quelli censiti mandando in tilt il sistema di raccolta e le autofficine dove le gomme esauste invece che essere ritirate si accumulano. In assenza del registro e di un vero sistema di tracciamento il ministero ha invitato chi ha in mano la gestione dei rifiuti a raccogliere il 20% in più delle tonnellate annue prestabilite, con un costo a carico della collettività.
La scheda del servizio: A RUOTA LIBERA di Antonella Cignarale
Collaborazione Marzia Amico
Se il sistema di smaltimento degli pneumatici non funziona a regola chi paga? Per ogni pneumatico immesso sul mercato va pagata la quota del contributo ambientale per lo smaltimento. Produttori e importatori sono responsabili del servizio di raccolta e smaltimento e il costo del servizio è a carico del consumatore finale. I dati dell’Osservatorio sui flussi illegali di pneumatici e PFU in Italia, però, registrano 12 milioni di euro di contributo ambientale evasi. Le soluzioni potrebbero essere a portata di legge: strumenti per garantire un’efficace tracciabilità delle gomme, incentivi all’uso di materiale prodotto con gomma riciclata, eppure non ci sono sanzioni neanche per i rivenditori di pneumatici che non applicano ed evadono, al momento della vendita, la quota del contributo ambientale.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox