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Anche la mia su "Avatar"

È su uno sfondo assai rassicurante che si stende la cascata di gemme preziose di Avatar.
 
La trama non dà scossoni e presenta tutti i crismi della fiaba hollywoodiana. Ci sono i buoni buoni, il popolo di Pandora, i Na’vi, che serbano rispetto per ogni forma di vita, vivono in armonia con il loro dio, con la loro terra, con altri popoli e specie e con le loro tradizioni millenarie.
 
 
Ci sono i cattivi cattivi (sarebbe a dire noi...), che divorano ogni sentimento e ogni umanità per la fame di ricchezza materiale, che non si fanno scrupoli ad invadere e devastare territori e culture e altrui equilibri, alla ricerca di materiali preziosi (?) in giro per il cosmo.
 
C’è anche la storia d’amore tra la principessa indigena e il marine stanco e disilluso dei falsi valori occidentali (terrestri, in questo caso), che ritrova in Pandora un’opportunità per rinascere ad una nuova (e antica) spiritualità e, nel momento opportuno, schierarsi dalla parte giusta (Balla coi lupi?).
 
 
C’è la battaglia finale, con astronavi e aerei contro dinosauri volanti, robot contro cavalieri, missili incendiari contro frecce. La potenza arida e cieca di chi odia, contro la debolezza fiera e naturale di chi sa amare.
 
 
Chiara è la critica di ogni colonialismo, antico o moderno che sia, e del consumismo e capitalismo moderni. Come chiaro è il riferimento, in particolare, all’odissea dei nativi americani. Peccato che il finale lieto (e antistorico) ci lascia troppo soddisfatti e inebetiti mentre un po’ più di realismo ci avrebbe lasciato quel mal di stomaco, quel senso di disgusto e impotenza assai più educativi e costruttivi.
 
 
Passando dal contenuto alla forma il discorso è assai diverso. Lo spettatore si perde nella Foresta di cristallo, di J.D. Ballard, in cui piante, alberi e foglie brillano di luce propria invece che riflessa. Tutti gli elementi contribuiscono a costruire un pantheon vivo, luminoso, un’orchestra di colori e movimenti che incantano. Pandora è un esplosione di bellezza psichedelica finora mai vista al cinema, una terra viva e attiva (anche grazie al 3D). E questo, se non altro, è a parer mio il più grande valore di Avatar: tornare ad un cinema che è stupore, incanto, contemplazione, sogno.

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