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Adolescenti e sessualità mercificata

Oggi giorno per gli adolescenti, nativi digitali, affrontare questo percorso di vita e sostenere efficacemente la fisiologica carica energica di cui sono investiti è un compito spesso più complesso in quanto siamo dinnanzi ad una maggiore vulnerabilità da parte di un sistema familiare e sociale sempre meno disposto ad educare e ad accogliere la trasformazione, la volontà di libertà e di individuazione dei propri figli. 

Spesso, infatti, sono lasciati soli, nascondendo o riversando debolezze ed insicurezze in un mondo virtuale, sconosciuto ma liberatorio, perché quello reale è abitato da adulti spesso incapaci di assumere un ruolo formativo ed educativo, dunque sempre più sordi e ciechi davanti al bisogno dei figli di essere conosciuti, ascoltati ed accettati. Le nuove tecnologie ed il mondo della rete hanno senz’altro facilitato l’accessibilità e l’acquisizione di più ampie informazioni, annientando le distanze fisiche, rendendo tutto a disposizione e permettendo un appagamento immediato dei propri bisogni e fantasie. Specialmente per gli adolescenti, ciò ha permesso la promozione di spazi creativi e relazionali all’interno dei quali sperimentare nuove modalità di sviluppo del Sé individuale e sociale, gestire le emozioni, esprimere il disagio, e cercare una soluzione alla crisi evolutiva tramite lo scambio col gruppo virtuale e meno con le figure adulte di riferimento più significative.

Ecco allora che il bisogno di affermarsi e di essere “visti”, di fare selfie e “postarli” con fotoritocco, potrebbe non essere più una necessità tipica della loro età, ma diventare un’urgenza pervasiva, una dipendenza patologica nel mostrarsi per avere un riconoscimento (“you like me?Ergo sum”). Dunque, creerebbe situazioni di sovraesposizione virtuale e sociale con conseguenze negative per lo sviluppo psicosessuologico dell’adolescente, il quale spesso è inconsapevole delle conseguenze dell’utilizzo spropositato di strumenti (smartphone, tablet, pc) dotati di abbonamenti internet illimitati che consentono di fare abuso dei più disparati social network, siti di incontri, chat e allo stesso tempo di poter diventare bersaglio della rete, incappando nei pericoli delle sfide social, del cyberbullismo, sexting, revenge porn, adescamenti online e prostituzione minorile.

Condividere online foto e video privati o sessualmente espliciti rappresenta un modo per divertirsi, per emergere, un gioco trasgressivo per attirare, provocare e conquistare l’altro. Allo stesso tempo apre le porte al rischio che questo materiale venga diffuso sul web per motivi di rivendicazione e ricatto rovinando l’immagine della persona, oppure per creare un vero e proprio mercato di scambio di materiale pornografico, alimentando il traffico di prostituzione. Quest’ultimo è un tema delicato che spesso non viene adeguatamente attenzionato, prima di tutto perché è un fenomeno che tuttora tende al sommerso e che non presenta dati ufficiali in termini di quantità e di percentuale di prostituzione maschile e femminile. In essa rientrano non solo i casi (ufficialmente più noti) di traffico di migranti provenienti dai Paesi sottosviluppati (es. la Nigeria), vittime di una criminalità organizzata che li obbliga alla mercificazione del proprio corpo, ma anche i casi di “baby prostituzione”, recentemente emersi alla cronaca, come il caso delle “baby squillo” nel quartiere Parioli di Roma e nella città dell’Aquila (ottobre 2013) o delle ragazze immagine utilizzate in un club privato di Torino (marzo 2018).

La maggior parte sono ragazze appartenenti a ceti sociali elevati, con età media tra i 15 e 17 anni, studentesse di giorno ed escort di notte che acconsentono alla mercificazione del proprio corpo, sia con coetanei che con adulti, per ricevere in cambio regali, ricariche telefoniche, denaro e lusso. In realtà, queste sarebbero solo motivazioni superficiali, mentre invece bisognerebbe comprendere e riflettere (al fine di attivare piani preventivi ed educativi) che alla base di questi comportamenti spesso vi è la perdita di punti di riferimento e di un sistema valoriale importante, come quello familiare.

Vi è un sentimento di solitudine e di isolamento, che condurrebbe alla ribellione, alla necessità di aggregarsi e creare gruppi di “Lolite”, in cui il motto sarebbe “freghiamo la disciplina”, agendo così con inconsapevolezza e superficialità. Infatti, spesso vengono utilizzate bacheche virtuali per mostrarsi in pose sexy, con trucco eccessivo che renda incerta l’età e che alimenti il desiderio estremo di libertà ed il senso di onnipotenza. Sono ragazze purtroppo altamente influenzabili, che si svendono facilmente senza alcun rispetto per la propria identità, per il proprio corpo e per la propria sessualità, che diventa precoce, strumentalizzata, non condivisa e che annienta i concetti di pudore e intimità, confondendo altresì i confini tra privato e pubblico, tra ciò che è permesso e ciò che non lo è. Il corpo diventa una merce appetibile da prezzare ed uno strumento attraverso il quale vendere o essere venduto pur di effettuare la scalata verso il successo social. La sua mercificazione è una forma di deumanizzazione, in cui la persona viene resa strumento del piacere e del volere altrui.

I clienti spesso sono adulti (tra i 35 e i 60 anni) professionisti con buona disponibilità di denaro (disposti a pagare prestazioni sessuali che vanno dalle 300 ai 1000 euro), spesso padri di famiglia che, utilizzando il gancio della rete, si mostrano inizialmente intimiditi, ma curiosi e vogliosi di comprare, “insegnare” o effettuare una sorta d’iniziazione vampiristica consistente nel risucchiare da un corpo candido quella freschezza ed innocenza propria di una giovane donna. I clienti possono provare sentimenti di invidia e volontà di sottomettere in quanto possono nutrire il bisogno di umiliare quello che loro non sono e non possono essere, ovvero creature capaci di generare nuova vita. Da tutto ciò può derivare un sentimento di indifferenza e disinteresse per l’altro e per il fenomeno in generale, che condurrebbe anche gli stessi adolescenti a normalizzare questa mercificazione del corpo e della sessualità. Lo stesso etichettarsi ed essere etichettati dalla società come “baby squillo” significa incentivare questa banalizzazione perdendo di vista, ad esempio, che siamo dinanzi ad un vero e proprio reato punibile penalmente. Pertanto, è necessario parlare e denunciare, intervenire rendendo visibile questo fenomeno, che si dimostra essere sempre più trasversalmente in crescita. È necessario prevenirlo responsabilizzando la società e gli organi di formazione, nonché le famiglie, facendo leva sull’importanza della vicinanza emotiva, dell’autorevolezza, della credibilità e della coerenza che deve assumere un genitore nei confronti di un figlio in formazione, per far sì che vengano meno episodi di finta obbedienza e di opposizione, che, semplicemente, nascondono il desiderio disperato del figlio di identificarsi. È, altresì, importante condurre i giovani a riflettere sul valore del corpo e della propria sfera intima, apprendendo modalità migliori per interagire e relazionarsi, proteggendosi e rafforzando l’autostima e limitando il tempo da dedicare ai social media, che, se usati male, creano falsi legami e falsi sensi di realtà.

Utilissimi sono gli sportelli di ascolto e campagne informative e di denuncia, come recentemente (novembre 2018) è stato fatto mediante la pubblicazione su Netflix della prima stagione di “Baby”, una serie televisiva italiana ispirata ai fatti realmente accaduti e riguardanti lo scandalo della “baby prostituzione” nel quartiere Parioli di Roma. 

Tirocinante: Antonella Lolaico

Tutor: Fabiana Salucci

SITOGRAFIA

http://adolescienza.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/11/30/sesso-in-cambio-di-regali-adolescenti-in-svendita-o-prostituzione/?

https://www.medicitalia.it/news/psicologia/4510-baby-squillo-

https://www.panorama.it/news/marco-ventura-profeta-di-ventura/baby-prostitute-pedofilia/

https://www.youtube.com/watch?v=Z9nHErtR1Ds

 

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