La tragedia di Barletta per chi non vede la lotta di classe
Lavoravano in nero, senza contratto, per poter vivere, anzi per «sopravvivere», per pagare il mutuo per la casa o per poter semplicemente fare benzina. In quel laboratorio di confezioni dove cucivano magliette e tute da ginnastica lavoravano dalle 8 alle 14 ore: dipendeva se arrivavano o meno buone commesse. Prendevano 3 euro e 95 centesimi all'ora. Le storie delle quattro operaie morte nel crollo della palazzina di via Roma, a Barletta, è quella di donne del Sud che combattono, che si danno da fare per potersi sposare o per pagare un mutuo, per dare una mano ai risicati bilanci di famiglia
Siamo tutti classe media, come sentenzia Fofi e i nuovi (vecchi) guru dell'intellighenzia, è solo una questione di redistribuzione di reddito. Dov'è la lotta di classe in questo? Dov'è lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo in queste storie nascoste e sotterranee, che esplodono solo quanto succedono le tragedie annunciate. Nel sud toccano indigeni e immigrati al nord solo immigrati in maggioranza. Dopo pianti di coccodrillo, proclami a che questo non deve succedere, ipocrite inchieste sociologiche da libro cuore.
La realtà quotidianamente mette in evidenza le contraddizioni di chi professa la "modernità" e la fine delle ideologie ottocentesche. Occorre avere però occhi e orecchie per vedere ed ascoltare e leggere.
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