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Censura web: un test che può fare chiunque

Quando, alcuni giorni or sono, volli verificare la censura di stato su internet mi recai presso una delle maggiori biblioteche pubbliche del Paese: la biblioteca civica.

Essa è ubicata presso un imponente stabile, su tre piani, con diversi dipendenti, guardaroba, emeroteca, sala bimbi, enormi sale lettura dotate di decine di tavoli, centinaia di sedie, e migliaia di migliaia di tomi a disposizione: ebbene in tutto questo ridondante sapere cartaceo le postazioni per quello telematico sono sei
 
Per raggiungerle si devono salire tre piani e raggiungere l’ultimo livello dell’edificio; scopro che, per tali postazioni internet, non è stato costruito nulla di apposito, né tantomeno è stata operata una qualche ristrutturazione di locali, magari obsoleti, da destinarsi a tal scopo: no, nulla di tutto ciò. Si sono semplicemente piazzati su alcuni tavolini di un settore poco utilizzato della biblioteca dei vecchi pc (completi di un antico mouse con la scorrevolezza di un aratro).

Ma proseguiamo. Mi informano che, per avere l’accesso ad internet, devo registrarmi (fortunatamente non devo recarmi in commissariato ma è un’operazione che posso effettuare presso la biblioteca stessa: come sono fortunato, penso tra me).
 
Quindi mi sottopongo a registrazione.

Ci tengo a sottolineare che tale schedatura è obbligatoria, non per chi accede nei locali, non per chi frequenta l’emeroteca, non per chi chiede in lettura (senza prestito) dei libri, bensì soltanto per chi chiede l’accesso a internet. Me ne sfugge il motivo.

Provo a domandarne il perché, in modo molto vago e affettatamente disinteressato, alla gentile signora che mi sta prendendo le generalità, e mi viene risposto che, periodicamente, "le forze dell’ordine ritirano le liste coi nominativi degli utenti di internet"... Cercando, a questo punto, di dissimulare un certo smarrimento e tentando di capire se sono sveglio o se sto sognando, le domando se conosca, per averle magari viste, le modalità di tale "ritiro". Ero curioso di sapere se la polizia si recava direttamente nei locali della biblioteca per impossessarsi, a intervalli regolari, delle liste (di possibili cyber-terroristi) o se invece fosse compito della struttura pubblica di inviare i dati rastrellati agli agenti, ma tale domanda resterà senza risposta: un elegante personaggio in giacca e papillon, che evidentemente mi aveva udito, si avvicina, mi piazza gli occhi negli occhi e, gentilmente, mi invita ad "uniformarmi al regolamento". Quando gli faccio notare che, lungi da me il non voler seguire il "regolamento", io desideravo solo avere informazioni su una prassi che credevo pubblica e trasparente, mi viene intimato, con voce molto bassa ed altrettanto ferma di "non fare domande" poiché quelle erano "informazioni riservate", e se ne va.

Mi sembra tutto alquanto grottesco.

A questo punto qualcuno potrebbe pensare che mi trovo in Tunisia o in Cina. Nulla di tutto ciò: sono in Italia, nella Biblioteca Civica di Torino centro, anche se le prassi viste finora ricordano ben altre latitudini.

Una cosa è comunque certa: sono ben sveglio, poiché, dopo qualche istante, l’assistente mi chiama per riconsegnarmi carta d’identità e lo speciale tesserino che mi aprirà le meraviglie del web pubblico. Ringrazio e mi reco verso uno dei due pc liberi; circa gli altri quattro, uno è inagibile e tre occupati. Da notare che sono le otto e mezzo del mattino, siamo in periodo di vacanze natalizie, gli studenti sono in vacanza: nonostante questo la saletta internet è praticamente al completo.

Mentre mi accingo ad accendere il pc per navigare un’assistente mi ricorda che ho a disposizione 45 minuti di tempo, poi il computer si scollegherà automaticamente, e io dovrò lasciare il posto "a qualcun altro". Nell’improbabile caso non ci fosse nessun’altro in attesa, potrei domandare una proroga, quantificatami dall’assistente stessa in "dieci o quindici minuti" extra time. Comunque, se anche non ci fosse nessun altro dopo di me, dovrei comunque abbandonare la connessione ad internet ed andarmene...

Sto per mettermi a ridere, perché, evidentemente, si tratta di uno scherzo, ma due paginette di regolamento ("procedure per l’uso delle postazioni internet nelle biblioteche civiche di torinesi") incorniciate sul desk centrale, a pochi metri da me, mi fanno capire che è tutto vero: non solo la registrazione obbligatoria, che finisce in mano alla polizia, ma anche un tempo rigidamente contingentato, nonché l’avvertimento che (punto n.12) in caso di "uso improprio o non conforme alle disposizioni di legge, il personale della biblioteca puo’ interrompere la sessione". Non mi è chiaro quali informazioni mi vietino le leggi italiane, visto che sono maggiorenne e incensurato, almeno potrebbero illuminarmi prima, ma tant’è: forse la cosa non si capisce perche’ non deve essere capita.


Una rapida occhiata al regolamento mi permette altresi’ di leggere che (punto n. 2) "l’uso delle postazioni di navigazione in internet... è libero e gratuito"... libero e gratuito....mi sembra un caso di esilarante umorismo involontario: prima ti schedano, poi ti cronometrano, nel frattempo ti segnalano alla polizia...ma ti dicono che sei libero. Trovo che ci vuole un notevole sprezzo del ridicolo per definire "libera" una tale prassi, tanto costrittiva e vessatoria da commentarsi da sé.
 
E poi, torno a domandarmi, perche’ questo doppio standard?

Perche’ tutte queste difficolta’,? Difficolta’ che non esistono se io avessi, poniamo, domandato un qualsiasi libro? E’ cosi’ che lo stato incoraggia l’uso dell’informazione planetaria alla velocita’ della luce? Sembrerebbe piuttosto che ne abbia il terrore.

Ma finalmente inizio la mia, seppur breve, navigazione nel web, ignaro del fatto che il bello (si fa per dire) deve ancora venire.

Scopro che non posso tenere acceso il telefono, nemmeno in vibrocall. Apprendo che non posso effettuare download, cosi’ come l’audio e’ disattivato (cuffie non sono disponibili), cosi’ come non posso stampare alcunché (a dire il vero, manca proprio la periferica che servirebbe allo scopo, quindi non si pone nemmeno il problema) e non posso fermare i minuti concessimi: se dovessi assentarmi per, poniamo, utilizzare i servizi (igienici, sia chiaro, gli unici a quanto pare utilizzabili contestualmente a internet), cio’ andrebbe a decurtare l’esiguo tempo a mia disposizione senza recupero alcuno.

Mi domando perche’ ai mainstream media lo stato regala milioni di euro (contributi all’editoria), mentre a chi desidera informarsi autonomamente riserva invece un trattamento come questo (palla al piede e cronometro), ma forse la domanda contiene gia’ la risposta....



Ma torniamo a noi: ora sto navigando qua e la, sembra che tutto funzioni, a parte il mouse, un pregevole pezzo di modernariato del secolo scorso, col quale bisogna entrare in empatia con pazienti colpetti, attese e reiterati trascinamenti, invariabilmente troppo lunghi o troppo corti (Murphy docet). E dopo pochi minuti faccio l’amara scoperta: internet è sottoposta a censura. La rete della biblioteca è sotto il controllo di WEBSENSE, un software di filtraggio leader mondiale nel settore: suoi sono per esempio, i supporti tecnologici alle censure di regimi come lo Yemen e gli Emirati Arabi (naturalmente coi piu’ nobili motivi).

Da sottolineare che non ho cercato siti porno, bensi’ cose come Tor (censurata l’home page!) e ho proseguito con Anonimouse (il noto proxy) e il videogioco Operazione Pretofilia: tutto censurato.

Allora ho provato a digitare su Google la parola "free proxy server" e, come volevasi dimostrare, uno per uno, erano tutti inibiti: non appena cliccavo sopra mi appariva la finestra della censura di WEBSENSE che mi avvertiva del filtraggio.

Inoltre non c’era un segnale di avviso circa informazioni "non consentite" ma semplicemente mi si vietava la pagina richiesta, ovvero il livello massimo di censura che tali software mettono a disposizione.

Al termine della sessione mi avvicinai quindi al desk dell’assistente per domandarle come mai non fosse esplicitamente notificato agli utenti il filtraggio effettuato su internet, ma lei, a suo dire, non sapeva neppure dell’esistenza di tale censura. Quindi era anche inutile domandare se la censura si avvalesse di una listra di parole proibite, piuttosto che un blocco a livello di server (tutte le biblioteche del Piemonte usano il server CSI): era censurato anche il fatto che ci fosse la censura. (Esilarante, la Cina verrà a lezione di censura da noi).

All’uscita della biblioteca ho domandato ad alcuni ragazzi di passaggio se fossero al corrente del filtraggio in atto sui terminali: nessuno ne sapeva nulla, anche perche’ tutti usavano il proprio pc, di casa o portatile.
 
Concludendo:

La mia ipotesi di partenza era stata pienamente corroborata: in Italia la censura di stato su internet è capillare, tecnologica, organizzata nei particolari, abilmente dissimulata, ignorata dai mainstream media.

Il potere a parole dice che l’uso di internet è "libero"...

Poi nei fatti:

 1 obbligo di registrazione
 2 fortissime limitazioni temporali
 3  censura (non dichiarata)

Credo che, per esempio, il "caro leader" nod coreano, i generali sudanesi, la satrapia birmana, sarebbero tutti assolutamente d’accordo con un servizio pubblico internet cosi’ strutturato. Non avrebbero nulla da eccepire.

Eppero’.

Non si capisce come mai, al di là della retorica di facciata, tutta la classe politica e comunque il potere in generale, abbiano il terrore che la gente possa informarsi o comunque possa fare liberamente uso del web.

Una legislazione punitiva, unita ad una coscienza civile non abituata, per non dire aliena, ai diritti civili, una gerontocrazia politica con pochi eguali al mondo, un panorama (dis)informativo delegato ad una tv ignorante, becera e ripetitiva. Solo cosi’ si puo’ tentare di spiegare perché si è a questo punto.

Nel disinteresse generale.

Si’, perche’ uno puo’ sempre dire: "Ma chi se ne frega degli altri, tanto io ho il mio di pc, e vado dove voglio". Ed è questa musica per le orecchie di ogni regime, perché la gente divisa, atomizzata, egoista, è estremamente facile da soggiogare. Come mostra la storia.

Commenti all'articolo

  • Di fms (---.---.---.158) 13 gennaio 2009 16:18

     stessa cosa nelle biblioteche di padova e provincia. e si fanno anche pagare, alla faccia del servizio pubblico

    • Di maurizio carena (---.---.---.230) 13 gennaio 2009 17:15
      maurizio carena

       Ti ringrazio della segnalazione.
      Ne approfitto anche per fare ammenda: avrei dovuto, per rendere piu’ utile il pezzo, invitare i lettori che lo avessero desiderato a segnalare le situazioni delle biblioteche locali con un commento. Lo faccio ora e ringrazio anticipatamente chi vorra’ contribuire.
      m.c.

    • Di Danx (---.---.---.166) 22 marzo 2009 17:33

      Ciao, anche io sono di Torino ed è un’usanza credo di tutte le biblioteche.
      Prima ti registri e poi puoi navigare per alcune decine di minuti. Il bello è che, anche se hanno mouse orrendi e connessioni lente (questo almeno fino a pochi anni fa), ti dicono di sbrigarti. Ovviamente se tutto fosse ad hoc uno impiegherebbe pochi istanti. Io per inviare 2 email impiegati non so quanto!!!
      Della censura non sapevo nulla, ma immaginavo che un pò ce ne fosse, siccome dovranno pur evitare che i dipendenti pubblici si perdano guardando magari cose osè!
      Cmq volevo dirti che registrazioni e controlli varie ci sono da sempre. La prima cosa probabilmente per garantirti la postazione, senza che nessuno ti mandi via almeno per quei 45 minuti e i controlli...boh non so...un’arma in più per scovare qualche pedofilo magari.
      italiasenzavalori.blogspot.com

  • Di mabo (---.---.---.152) 13 gennaio 2009 23:12

    Questa si che si può chiamare informazione.

    Complimenti Maurizio.

  • Di cat (---.---.---.215) 14 gennaio 2009 14:46

    Veramente è cosa nota a tutti che gli esercizi pubblici di telefonia e internet debbano per legge (decreto anti-terrorismo) registrare l’identità anagrafica dei loro utenti. E’ una cosa che avviene ovunque in Europa e non mi sembra esattamente censura. Casomai possiamo discutere della legittimità dei filtri.

    • Di maurizio carena (---.---.---.230) 14 gennaio 2009 16:42

       caro "cat", prima di parlare bisognerebbe un minimo informarsi

       tu, da cio’ che dici, non sai proprio di cosa stai parlando. di piu’, forse non ti rendi nemmeno conto di vivere in un regime semi totalitario, con un’informazione indegna persino di un paese del terzo mondo. buon per te.
       comunque, cerco di (ri)spiegarmi:

      1º io parlavo del FILTRAGGIO.
      La schedatura della legge pisanu l’ho solo accennata e, comunque, si tratta di una gravissima violazione della privacy. se tu trovi normale che una decretazione d’emergenza regoli l’informazione pubblica, questo e’ un altro discorso. Io del governo ho sempre piuttosto paura e credo che vada contrastato il debordare del suo potere ( se poi consideri che, nel caso contingente, c’e’ al potere uno psico nano amico di mafiosi, vedi tu come stiamo messi...)

      2º la "vergogna pisanu" (legge nº155 del 31.7.2005) obbliga, tra l’altro, CHIUNQUE VOGLIA FORNIRE ACCESSO pubblico NON SOLO a "registrare l’identita’ dei loro utenti", ma altresi’ a CONSERVARE FINO 5 ANNI ANCHE TEMPO DI CONNESSIONE, FREQUENZA E LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICA DELL’UTENTE, SITI VISITATI, MESSAGGI E INTERVENTI EFFETTUATI, E MAIL INVIATE E RICEVUTE e, insomma, TUTTO CIO’ CHE DI STRETTAMENTE PRIVATO SI E’ FATTO AL TERMINALE. per capirci, e’ come se ti ficcassero il naso nella posta di casa, tutti i giorni, elevato a potenza. naturalmente coi piu’ nobili motivi.... se a te sta bene non lo so. a me no. io vorrei un governo che non fa la guerra, un governo che aiuta i deboli, non questi guardoni elettronici governativi che si fanno i ca..i degli italiani, instaurando un orrendo PANOPTICON NAZIONALE sempre piu’ perfezionato. cio’ mi fa ORRORE. te lo ripeto: chi ci governa in tal modo, subdolo e totalitario mi fa orrore: hanno il dna dei nazisti, e non e’ un’iperbole.

      3º LA SCHEDATURA DI MASSA DEL GOVERNO bERLUSCONI DEL 2005 HA POCHI EGUALI NEL MONDO.
      dire che essa "avviene ovunque in europa" e’ una totale sciocchezza, che dimostra solo il ferreo controllo ideologico del potere in italia.
      Prova ad andare in un internet cafe tedesco, francese o olandese e vedrai se ti schedano per 5 anni.
      nemmeno negli usa post 11 settembre vige la schedatura. di piu’: negli usa recentemente alcune biblioteche del New Hampshire hanno rinunciato ai fondi federali per il web, pur di non dover sottostare al filtraggio: si sono ribellati alla censura. Per noi italiani, con ben altra tradizione (fascista) e’ difficile anche solo immaginare gesti del genere.
       secondo te, se no, perche’ non ci sarebbero internet cafe’ o internet point in italia, caso unico in europa? credi che sia un caso? No, non e’ il caso: questa vergogna ha nome, cognome e indirizzo, ovvero i ministri cialtroni di un governo di indagati, pregiudicati e inquisiti.

      4º non perdo invece il mio tempo a discutere della "legittimita’ " dei filtri. Per me il governo migliore, come diceva Thoreau, e’ quello che governa meno, figurati lasciargli ficcare il suo sporco naso nei fatti miei.








    • Di (---.---.---.5) 21 gennaio 2009 09:55

      ciao, a parte che continui a disquisire sulla registrazione cosa che mi sembra più che giusta, poi parli di filtri ma nel tuo articolo menzioni restizioni solo a siti tendenzialmente non di informazione, porxy tunnel, giochini siti erotici e quant’altro non credo si possano intendere informazione!!! Essendo un servizio pubblico sono ben contento che ci siano queste regole e questi limiti, molto grave e praticamente solo accennato nel tuo articolo è il fatto per esempio che non si possa stampare.

    • Di maurizio carena (---.---.---.230) 22 gennaio 2009 15:14
      maurizio carena

       1º nell’articolo non si parla di siti porno.
      2 º tu non sei nessuno per dire agli altri qual’e’ l’informazione. E’ questo, anzi, il punto centrale dell’argomento, ovvero che ognuno dovrebbe essere libero di informarsi come e dove meglio crede. ma tu non hai evidentemente capito di cosa si stava parlando.
      3º le tue pseudomotivazioni troverebbero daccordissimo il regime cinese.
      4º non hai il coraggio di firmarti, quindi usi anche tu l’anonimato che vorresti negare agli altri. complimenti: la tua coerenza e’ seconda solo alla tua "intelligenza.

    • Di Alexs (---.---.---.227) 27 gennaio 2009 10:07

      ma non è assolutamente vero che ovunque in europa chi usa internet in posizioni pubbliche debba essere registrato! queste sono le favoline che il governo racconta al popolo bue per controllarlo più facilmente

    • Di maurizio carena (---.---.---.230) 27 gennaio 2009 11:28
      maurizio carena

       ma dove ho mai scritto cio’? io parlo dell’Italia. Leggere prima di parlare...
       m.c.

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