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La papolatria ha ingranato la quarta

Doveva essere un evento spettacolare, e così è stato. Quantomeno nel senso che la società dello spettacolo ha dedicato ore e ore e ore di trasmissione alla canonizzazione di due papi in presenza di altri due papi (e magari anche di qualche futuro papa tra il pubblico). È stato un happening dai tanti risvolti e quindi da commentare: ma a mente fredda e a ragion veduta.

Che Giovanni XXIII dovesse diventare santo era ritenuto scontato da tanti: è stato forse il pontefice più amato di sempre. Ma non è stato comunque facile, per lui: padre Pio ci ha messo meno tempo, e già questa circostanza la dice lunga sulla salute della Chiesa post-conciliare. A complicare il cammino verso la santità ci si è messa anche il suo utilizzo improprio: Roncalli è stato infatti trasformato in una sorta di sdoganatore di papi impresentabili. Divenne beato, il tre settembre 2000, insieme a Pio IX, ed è divenuto santo il 27 aprile 2014, insieme a Giovanni Paolo II.

Già, Karol Wojtyla. Quando morì (sono passati solo nove anni, e sembrano molti di più) i fedeli lo acclamarono “santo subito”. E la machine vaticana li ha velocemente accontentati: vox populi, vox dei, dunque. Ma soprattutto vox papae. Quello di Giovanni Paolo II fu già un pontificato all’insegna delle canonizzazioni di massa, spesso discutibili (Stepinac, Escrivà…), in un ritorno al passato che rifiutava la modernità dei diritti civili, ma non certo quella dei mass media. I suoi anatemi in materia bioetica e familiare, contro i diritti delle donne e degli omosessuali, andavano di pari passo col suo odio per l’ateismo, equiparato al comunismo: sua l’affermazione secondo cui “la negazione di Dio priva la persona del suo fondamento”, quel fondamento che a suo dire avrebbe persino l’embrione. Karol Wojtyla fu altrettanto discutibile politicamente: dalla “balconata” con Pinochet al riconoscimento immediato della Croazia, in barba a quanto era successo qualche decennio prima e in barba a quello che prevedibilmente sarebbe successo in seguito. Senza dimenticare l’autentica omertà nei confronti del fenomeno dei preti pedofili (che peraltro ha coinvolto anche Roncalli), giustamente stigmatizzata dal New York Times.

Tutto questo è però passato in secondo piano rispetto alla strategia del Vaticano. Dopo secoli in cui i papi non venivano di norma canonizzati (con l’eccezione dell’inquisitore Pio V e l’antimodernista Pio X), negli ultimi decenni si è assistita a una vera e propria inversione di tendenza. Dati alla mano, si può dire che la Chiesa tende ora, di norma, a canonizzare tutti i papi. Sulla rampa di lancio ci sono ora Paolo VI, Giovanni Paolo I e persino l’altro super-impresentabile Pio XII, al quale il suo successore Giovanni XXIII non potrà più dare una mano. È una strategia che prevede il superamento delle regole che la stessa Chiesa si era data (il superamento dei cinquant’anni dalla morte e l’attribuzione di un secondo supposto miracolo), che si attua qualunque sia il papa pro tempore vigente, ed è curiosamente invalsa dopo il Concilio Vaticano II: che secondo le anime belle avrebbe democraticizzato la Chiesa. Ma la Chiesa non è, non può e non vuole essere democratica, e il potere del papa è sempre più ampio e incontestato. Ormai il papato è considerato santo per definizione e deve essere quindi santificato chiunque salga sul trono di Pietro. Non lo diciamo solo noi: lo si legge anche nel mondo cattolico, per esempio tra i cattolici di base di Noi siamo Chiesa.

  • Il bergoglismo reale

Il ruiniano Sandro Magister ha anche sottolineato la gestione sempre più centralistica e verticistica del Vaticano nell’era di Francesco. Benché di concreto abbia sinora combinato poco, si è già conquistato la fama di rivoluzionario nell’immaginario collettivo. È un papa che, se organizza eventi a sorpresa con i clochard, ha sempre un fotografo nei pressi. Uno che, se il cardinal Bertone si riserva un attico prima stimato a 700 mq, fa trapelare sulla stampa la sua presunta ira, ma si guarda bene, pur avendo il potere di farlo, dal togliergli la disponibilità di quell’attico. E infatti proprio Bertone, ha precisato che l’attico è di soli 350 mq, che ha pagato lui per la ristrutturazione e soprattutto che il papa — dipinto come pauperista e arrabbiato contro la ricchezza — gli ha persino fatto una telefonata di “solidarietà” e “affetto” per gli “attacchi” ricevuti per l’attico-gate. Evidentemente, a Bergoglio non dava così fastidio. L’ennesimo esempio di come i media drammatizzino, sulla base di non meglio precisate voci, delle contrapposizioni interne nella curia con narrazioni volte a esaltare un Francesco umile e semplice. Come se questi fosse un intruso e non, come racconta la sua storia, piuttosto un “migliorista” ben dentro l’apparato vaticano, proveniente da una delle fucine più attive del cattolicesimo.

Papa Francesco unisce in una sola persona le due caratteristiche più “vincenti” dei papi dell’ultimo secolo: l’approccio pastorale di Roncalli e l’uso spregiudicato dei media di Wojtyla. Può così continuare a coltivare un’agenda conservatrice (vedi la beatificazione dei “martiri” franchisti) presentandola però con un linguaggio liberale e moderno. Un po’ Renzi (la politica degli annunci) e un po’ Obama (che sarà ricordato soprattutto per le campagne elettorali) ha in realtà davanti a sé un compito alla Gorbaciov: ma la glasnost e la perestrojka restano per ora ancora sulla carta. Nel bergoglismo reale è ancora la dottrina fredda a prevalere.

Una freddezza glaciale di tradizionalismo, dietro la facciata paciosa, come ha dimostrato in maniera lampante la doppia udienza concessa l’11 aprile da Bergoglio al Movimento per la Vita e alla delegazione dell’Ufficio internazionale cattolico per l’infanzia. Davanti a centinaia di integralisti anti-aborto e i loro figlioletti, il papa ha lanciato un attacco (prevedibile) contro l’interruzione di gravidanza, inserendosi nel solco dei predecessori e rifacendosi in particolare alla Evangelii Gaudium. E dando una legittimazione senza precedenti al Movimento per la vita, di cui ha plaudito l’opera di “difesa” della vita “fin dal suo concepimento”. L’aborto è tra i “delitti abominevoli”, pari all’infanticidio, ha tuonato. Non solo: “Ogni diritto civile poggia sul riconoscimento del primo e fondamentale diritto, quello della vita”; “occorre pertanto ribadire la più ferma opposizione ad ogni diretto attentato alla vita, specialmente innocente e indifesa, e il nascituro nel seno materno è l’innocente per antonomasia”. Non è mancato l’aneddoto personale di un medico che effettuava aborti ma, pentito, ha “trovato il Signore” e avrebbe consegnato i ferri proprio a Bergoglio.

All’ufficio cattolico per la tutela dei diritti dell’infanzia ha dichiarato di farsi carico del male che “alcuni sacerdoti” hanno causato per gli abusi sessuali su minori. Dopo la strigliata dell’Onu per la violazione della convenzione sui minori, a parte la strombazzata apertura di una commissione con tanto di vittima di preti pedofili, l’irlandese Marie Collins, non pare essere cambiato molto. Tanto che le nuove linee guida Cei menzionano ora solo un vago “dovere morale”, ma non c’è l’obbligo di denuncia per i vescovi che venissero a sapere di certi episodi. E tornando all’Irlanda, nonostante le promesse di Francesco, le congregazioni di suore che hanno gestito le lavanderie Magdalene, dove venivano segregate le ragazze “immorali”, non hanno intenzione di dare risarcimenti. Cosa che ha suscitato le proteste del governo locale, con tanto di lettera inviata dal ministro della Giustizia, Alan Shatter, per chiedere spiegazioni dal Vaticano.

In più, durante l’udienza è arrivata la stoccata, neanche tanto velata e in nome della “difesa dei bambini”, contro le coppie gay e in generale l’educazione più aperta e tollerante verso nuove forme di famiglia. Un mood che riecheggia sinistramente negli ambienti cattolici specie dopo la censura degli opuscoli Unar anti-omofobia e di cui si tenta l’applicazione in politica, come dimostra il triste “save the children” del consigliere comunale di Trento, Claudio Cia. Così — “in positivo” ça va sans dire — va dato ai bambini il “diritto” di “crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva”, nel confronto con “ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva”. Tradotto, i bambini possono crescere bene, senza scompensi, solo in una coppia sposata formata da padre e madre. La stoccata esplicita è a quella che chiama “sperimentazione educativa con i bambini”, che accosta alla “manipolazione educativa” e al “pensiero unico” dei totalitarismi del XX secolo. Riferisce, evidentemente esprimendo sintonia, quello che un “grande educatore” gli avrebbe detto: “A volte, non si sa se con questi progetti si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione”. L’allusione all’attualità non poteva essere più chiara.

  • Il pellegrinaggio dei media

Parole pesanti come macigni, che gli stessi che ora esaltano Francesco e la sua “rivoluzione” non avrebbero mai perdonato a Ratzinger. Che invece passano sotto silenzio grazie a mass media compiacenti nel collaborare alla costruzione dell’immagine candida del neo-papa. Non sono affari nostri, beninteso. Almeno finché non si producono indirettamente effetti anche sulle nostre vite. Cosa che purtroppo avviene spesso, con la papolatria che ormai impera in Italia e che può quindi dilagare indisturbata (basta confrontate i followers del papa su Twitter in lingua italiana con quelli delle altre lingue). I politici italiani hanno fatto a gara per essere presenti alla canonizzazione e trovarsi quindi seduti vicino a noti dittatori quali Robert Mugabe e Teodoro Nguema Obiang Mbasogo. C’è entusiasmo soprattutto tra le fila di chi dovrebbe essere più laico, ma che spesso è poco edotto delle cose di Chiesa: si veda l’articolo scritto da Vannino Chiti su Europa. Se Magister vede un papa sempre più re, il senatore ed ex ministro Pd ritiene che stia finendo la monarchia pontificia. Ma deve anche ammettere che “parole, gesti, decisioni del nuovo papa” hanno fatto (solo) “intravedere un progetto di rinnovamento”. Una situazione analoga si è vissuta sabato sera a Otto e Mezzo, con l’ateo bergoglista Dario Fo opposto al tradizionalista cattolico Pietrangelo Buttafuoco, assai più disincantato nei confronti del papa. Una situazione paradossale che rende ancora più difficile la realizzazione di un’agenda laica.

Sempre a Otto e Mezzo, domenica sera, è stata ospite anche la nostra Adele Orioli. Si è così potuto ascoltare, su una rete nazionale, di quanto sono state cannonizzate le casse pubbliche con l’evento. Il sindaco di Roma Ignazio Marino, intervistato da Radio Vaticana a gennaio, aveva preventivato cinque milioni di visitatori, e nemmeno un mese fa stimava la spesa pubblica per l’evento in cinque milioni. Alla fine i pellegrini sono stati 800.000, ma i costi sono saliti fino a 11 milioni: si sarà trattato anche in questo caso di un “miracolo”. Il solo budget dell’Ama per la gestione di servizi igienici, decoro e pulizia è salito in tre settimane da 1,8 milioni di euro a 4,7. Una spesa necessaria: l’orda è in effetti passata lasciando una città in condizioni pietose, come le tante foto diffuse in questi giorni dimostrano. Non solo, ma la nottata precedente diverse migliaia di questi visitatori hanno bivaccato per le strade del centro dirigendosi verso San Pietro, fino a costringere la sicurezza ad aprire le transenne per farli confluire all’interno della piazza circondata dal colonnato del Bernini.

LEGGI ANCHE: Papi santi: il business profano della canonizzazione

Il Vaticano, di suo, ci ha messo soli 500.000 euro, peraltro coperti da sponsor — e nemmeno sempre privati: i maxischermo sono stati per esempio offerti dall’Eni. Le forze dell’ordine sono state chiamate a mettere a disposizione addirittura 3.500 unità aggiuntive. Un impegno enorme che non ha provocato alcun evidente ritorno economico per la capitale: i pellegrini erano per la maggior parte embedded (viaggio, vitto e alloggio attraverso strutture ecclesiastiche), mentre gli albergatori hanno per contro segnalato una “fuga” di turisti, preoccupati del prevedibile caos organizzativo. Il ritorno economico spesso decantato d’altronde per tali eventi è inferiore alle aspettative, visto che questo tipo di turista non si distingue per le spese folli e i consumi, ma tende ad essere parsimonioso, non si dà allo shopping e si accontenta spesso di un pranzo al sacco. È pur vero che la Confartigianato segnala un 30% in più, rispetto alla stessa settimana dell’anno scorso, di consumi in hotel, ristoranti e negozi nella Capitale. Ma non è una cifra stratosferica rispetto alla massa di turisti che è affluita a Roma, tra l’altro per una toccata e fuga.

A guadagnarci davvero (anzi, a lucrarci) sono stati venditori di ombrelli, di rosari non griffati, di bottigliette d’acqua pagate anche 5 euro l’una e altri ambulanti per simili acquisti spiccioli, nonché i negozi nei dintorni del Vaticano specializzati in ninnoli sacri e libri edificanti e gli albergatori che ne hanno approfittato per far schizzare i prezzi delle camere alle stelle. Appare imbarazzante che gli apologeti esaltino la canonizzazione anche perché farebbe girare l’economia locale, riducendo la questione al mero consumismo — che in teoria combattono in frangenti “laici” — tant’è che il pellegrino, magari idealista ed entusiasta, si ritrova a far la parte del pollo da spennare.

Tanto accade nel terzo millennio. Una Chiesa in crisi ha trovato in Francesco un’ancora di salvezza, scivolando però in una deriva carismatica ed esponendosi a un doppio rischio: una forte disillusione, se agli annunci non seguiranno i fatti, e comunque un calo di interesse, se lo spettacolo non sarà sempre all’altezza delle aspettative. Che il salto dello squalo e la “pope delusion” siano ormai dietro l’angolo? Ma un problema ancor più grande è che a questa Chiesa si sta affidando una classe politica in crisi ancora più profonda. Il risultato è che l’isteria papolatrica ha potuto martellarci per giorni a reti pressoché unificate, e imporre una spesa enorme a tutti i contribuenti. Come può essere questo un modello da cavalcare?

 

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