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Da dove vengono gli umori secessionisti del Veneto

La storia dei secessionisti arrestati, con il loro ridicolo carro armato da strurmtruppen, se non emergeranno altri elementi da far riconsiderare la storia sotto altra ottica, probabilmente finirà presto nel dimenticatoio; e c’è da sperare che i magistrati non pesino troppo la mano contestando reati sproporzionati rispetto alla reale pericolosità di questa pagliacciata. Non abbiamo bisogno di martiri. Però la questione degli umori separatisti veneti non va presa sottogamba, non tanto per l’effettivo pericolo di una separazione di quella regione (o quelle tre regioni), quanto per le dinamiche che può innescare.

Conviene dunque cercare di capire quali siano le ragioni di questo malessere territorialmente concentrato in una regione, anzi, ad essere precisi, nel suo centro situato nel triangolo Padova-Vicenza-Treviso. Non si tratta di un fenomeno con ragioni di breve periodo, ma di qualcosa che ha radici che affondano lontano nel tempo.

Il Veneto, come tutti sanno, è sempre stato una delle regioni più cattoliche della penisola, ma di un cattolicesimo molto tradizionalista, assai poco incline al progressismo e privo della forte caratterizzazione sociale tipica del cattolicesimo lombardo. Qui, le figure del sindacalismo cattolico, come Guido Miglioli sono più rare e di minore rilievo. Il cattolicesimo veneto ha dentro di sé una istintiva diffidenza verso la politica e lo Stato ed è una delle componenti più tipiche di quella Italia storicamente antipolitica, che ha resistito alla pedagogia del Risorgimento prima, del fascismo poi, dell’antifascismo e della Resistenza ancora dopo.

Il fascismo risolse il problema mettendo in divisa tutti, anche gli antipolitici, integrandoli, con le buone o con le cattive, nel proprio sistema. La Dc fece uso di un altro strumento di consenso: la distribuzione selettiva delle risorse, di cui il Veneto fu uno dei principali beneficiari per il grande peso che i suoi esponenti ebbero in quel partito (un Presidente del Consiglio come Rumor, segretari del partito come Guido Gonella, potenti ministri come Bisaglia o Gui per non dire di De Gasperi e Piccoli che erano del limitrofo Trentino). Chi non ricorda la Pi-Ru-Bi, l’autostrada Trento, Vicenza, Rovigo, cosiddetta dalle iniziali dei rispettivi esponenti Dc, Piccoli, Rumor e Bisaglia? Così come la legislazione di favore per i coltivatori diretti, gli artigiani ed i commercianti (componenti sociali di buon peso nel Veneto degli anni Cinquanta e Sessanta) ebbe un ruolo non marginale nel soddisfare la domanda politica di quella regione. E vale anche la pena di ricordare il tentativo di industrializzazione della Regione da parte delle Ppss, al pari del sud, con l’istituzione del polo petrolchimico di Marghera.

A partire dai tardi anni Settanta, tuttavia, ci furono sempre meno risorse da distribuire, anche solo per una parte del corpo sociale, inoltre, il Veneto vedeva cadere uno dietro l’altro i suoi principali esponenti democristiani (Rumor e Gui abbattuti dal processo Lockheed nel 1976, Bisaglia annegato nel 1984) senza che emergesse nessun personaggio capace di sostituirli. Di conseguenza, i flussi di risorse che giungevano alla regione iniziavano a farsi più magri del passato. Il risultato paradossale fu che, proprio il surplus di risorse distribuite in precedenza, rese più acuta la sensazione di deprivazione relativa e, per di più, nello stesso tempo, iniziava a farsi pesante la mano del fisco. È quello il periodo in cui nasce l’immaginario di un popolo veneto che dà allo stato centrale molto più di quel che ne riceve.

A rafforzare queste tendenze contribuirono anche le trasformazioni sociali della regione, dove la componente agricola si riduceva fortemente, la politica dei grandi impianti come quello di Porto Marghera si ridimensionava e parallelamente si affermava il modello dei distretti industriali e della polverizzazione del tessuto produttivo in una miriade di piccole e piccolissime imprese: nasceva così il mitico “modello del nordest”.

Questa politica (sciaguratamente benedetta anche da Pci e Cgil) produsse una borghesia di prima generazione votata ad una accumulazione selvaggia, che mal tollerava i vincoli della legislazione del lavoro e della tutela ambientale e, soprattutto, non sopportava affatto la crescente pressione fiscale.

Da quel malcontento nacque la Liga Veneta che, nel 1983, ebbe il suo primo successo elettorale. Dopo di che, con la nascita della parallela Lega Lombarda, l’incendio divampò e, quando giunse l’ondata delegittimante di Mani Pulite, il Veneto fu in testa all’ondata populista-liberista (quella “emulsione” di cui parla Giovanni Orsina nel suo libro sul berlusconismo). Lega e Forza Italia qui raccolsero i loro più cospicui bottini elettorali. Forza Italia ha retto per un certo periodo, più in grazia delle promesse che delle effettive realizzazioni. La Lega, alle consuete promesse di una diversa politica fiscale e di una legislazione di favore per le piccole e medie imprese, ha aggiunto altre due componenti decisive per il suo consenso: l’ostilità contro gli immigrati (che coglieva la netta sensibilità identitaria di quelle comunità) e la prospettiva separatista che risvegliava antiche suggestioni. La Serenissima ha sempre animato l’immaginario veneto come una stagione di grande prosperità, sciaguratamente interrotta dal trattato di Campoformio. La Liga ripropose anche il mito di una risorgente repubblica di San Marco con la rivoluzione del 1849, magari incurante del fatto che il suo eroe, Daniele Manin, in realtà era un agente dei servizi segreti di Cavour, ma i leghisti, si sa, sono di bocca buona e mandano giù qualsiasi frottola.

A ridare vigore all’assopito immaginario della repubblica veneta, a cavallo fra i Settanta e gli Ottanta, venne anche l’esperimento dell’Alpe Adria che legava in un patto di collaborazione il triveneto con regioni austriache, slovene, croate, magiare, il che dava la sensazione di una diversa allocazione geoeconomica del Veneto. E di lì, il passo verso una diversa dislocazione statuale non era lungo.

La Lega colse, dunque, una domanda che andava nascendo e che si trattasse solo di un immaginario scarsamente fondato sia storicamente che economicamente, non aveva alcuna importanza, perché funzionò ugualmente e non solo elettoralmente.

Istanze identitarie, recriminazioni anticentralistiche, antipolitica, vulgata neoliberista, rivendicazioni economiche, mito federalista: tutto è confluito in questo miscuglio che, però, ha cementato un sentire comune andato oltre la stessa crisi leghista (prodotta dal crollo di credibilità innescato dalle vicende del Trota e di Belsito).

E la protesta dei veneti si è incanalata verso il M5s, ma non è detto che il treno si fermi qui. Nel 1990 nessuno avrebbe immaginato che il bastione democristiano sarebbe franato in così poco tempo e nel 2010 qui la Lega prese il 40% e nessuno avrebbe detto che solo tre anni dopo sarebbe franata anche lei. Il Veneto è una regione che ha svolte rapide e poco prevedibili.

Fra un anno si vota, occorre andarci con proposte forti che sappiano distinguere fra le richieste legittime e quelle da respingere, ma che soprattutto siano capaci di disegnare una reale possibilità di ripresa dalla regione. Pensiamoci perché le soprese potrebbero essere molto sgradevoli: forse non ci avete fatto caso, ma il Veneto dista dall’Ungheria di Orban solo un centinaio di Km o poco più. Non è molto.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.25) 5 aprile 2014 12:02

    A parte gli ultimi 4 paragrafi l’articolo è pieno inesattezze,non si capisce se dovute ad ignoranza o altro.

    • Di (---.---.---.149) 5 aprile 2014 12:14

      può darsi, come è possibile che ci siano cose dette un po frettolosamente che lasciano impressioni imprecise, ma può essere così cortese da segnalare di quali inesattezze parla?
      Ag

    • Di (---.---.---.25) 6 aprile 2014 00:49

      la caratterizzazione sociale cattolica in veneto è forte,il veneto insieme alla lombardia è la regione che da il maggior numero di missionari soprattutto nelle province veronesi,vicentine e trevigiane.Porto marghera è stata creata da privati,ed era al 90% privata tranne la raffineria agip e solo dagli anni 90 è diventata di proprieta’ pubblica.Riguardo alle infrastrutture la pi-ru-bi sapra’ bene che è stata solo iniziata per un tratto di 20-30 km e mai finita,come anche per la pedemontana vi-tv se ne parla da 40 anni ma ad ora neanche l’ombra di un lavoro.Per dire,del passante mestrino se ne è parlato 20 anni prima dell’inizio dei lavori e solo dopo che la situazione è diventata insostenibile con ingorghi giornalieri per anni,si è proceduto.

    • Di (---.---.---.149) 6 aprile 2014 07:19

      1. la caratterizzazione cattolixa del veneto: siamo d’accordo ma in cosa rettifica l’articolo? mi pare che le cose stiano perfettamente insieme, e non capisco il dissenso
      2.Porto Marghesa: giusta la correzione, perchè avevo scorrettamente antedatato la proprietà pubblica, centrando il ricordo solo sulla raffineria Agip, anche se un discorso andrebbe fatto sul modo in cui la Montedison era privata (ma è cosa da discutere separatamente)
      3. La Pi.Ru.Bi: non ho detto che sia mai stata completata, la ricordavo solo come esempio di intervento clientelare localistico,
      Insomma, le numerose imprecisioni si riducono ad una dovuta alla fretta, ma non ho difficoltà ad ammetterla.
      cordialmente
      Ag

    • Di (---.---.---.149) 6 aprile 2014 07:19

      1. la caratterizzazione cattolixa del veneto: siamo d’accordo ma in cosa rettifica l’articolo? mi pare che le cose stiano perfettamente insieme, e non capisco il dissenso
      2.Porto Marghesa: giusta la correzione, perchè avevo scorrettamente antedatato la proprietà pubblica, centrando il ricordo solo sulla raffineria Agip, anche se un discorso andrebbe fatto sul modo in cui la Montedison era privata (ma è cosa da discutere separatamente)
      3. La Pi.Ru.Bi: non ho detto che sia mai stata completata, la ricordavo solo come esempio di intervento clientelare localistico,
      Insomma, le numerose imprecisioni si riducono ad una dovuta alla fretta, ma non ho difficoltà ad ammetterla.
      cordialmente
      Ag

  • Di (---.---.---.109) 5 aprile 2014 12:19

    bellissimo articolo! 

  • Di paolo (---.---.---.149) 5 aprile 2014 13:52

    Non obietto sulla ricostruzione storico politica delle pulsioni indipendentiste del Veneto , la prendo per buona non avendone piena contezza .

    Tuttavia caro Aldo Giannuli , mi sembra che tu dimentichi di citare l’elemento fondamentale dal quale scaturisce la reazione separatista non solo del Veneto ma di tutto il Nord d’Italia .
    Questo elemento si chiama Sud o meridione d’Italia .
    Pretendere che chi lavora duramente e tira la carretta per conquistarsi un benessere (legittimo) debba sobbarcarsi l’onere di una metà del paese che vive di sussidio ed è ancora alle prese con una delinquenza culturale e territoriale da tardo ottocento , non solo è una pretesa irragionevole ma è totalmente ingiusto .
    E’ questa disomogeneità , questa speraquazione contributiva alla causa comune che determina l’insofferenza di chi vive al Nord , ma direi anche al centro-Nord .
    Poi che le reazioni di gruppi di strampalati siano al limite del grottesco frutto di una sottocultura tipica di aree descolarizzate a causa del precoce avvio al lavoro , aggravate da una proponsione ai saccaromiceti , non deve però sottacere il problema di fondo .

    O i meridionali si danno una regolata e cominciano a costruire una società in linea con gli standard europei e la smettono di succhiare risorse che puntualmente finiscono nelle tasche dei soliti noti ,oppure questo fenomeno nel tempo si aggraverà sempre di più ,diventando legittima insfferenza .
    C’è poco da girarci intorno.
    ciao

    • Di (---.---.---.239) 5 aprile 2014 14:34

      Stai scivolando in uno sciocco qualunquismo leghista. Dov’è finita tutta la tua intelligenza di fisico? perché non cominci ad aprire qualche manuale di storia per andare oltre le stupidate leghiste? Eppure Giannuli ti ha fatto un esempio concreto di come si affrontano certe questioni, andando alla radice del fenomeno e osservandone l’evoluzione nel tempo.

    • Di paolo (---.---.---.149) 5 aprile 2014 19:32

      Non c’entra nulla il qualunquismo leghista . E’ la fotografia asettica di una realtà che è sotto gli occhi di tutti . Poi che ci siano responsabilità storiche generali dall’unificazione ad oggi è un altro paio di maniche . Questo compito lo lascio agli storici e difatti non ho criticato l’analisi di Giannuli ,ho solo detto che mancava l’elemento chiave sul quale si è innestata la propaganda leghista .
      Semmai a colpa della Lega è stata (ed è ) quella di avere derubricato un fenomeno sociale reale al rango di pagliacciata da baraccone , caricandola di simbolismi e di contenuti ideologici che hanno stravolto i significati.

      Più si apre la forbice tra Nord e Sud e più questi fenomeni tenderanno a diffondersi e a radicalizzarsi , non ci sono santi . Dalla rinascita culturale ed economica del Sud dipendono le sorti dell’intero paese .
      Capisco che è dura da digerire per chi è nato e vive nel Sud , soprattutto per chi combatte ogni giorno contro il malessere sociale e la piaga della malavita organizzata , ma non è con il negazionismo che si risolve un problema che ,ripeto , è di tutta evidenza.
      ciao

    • Di (---.---.---.223) 6 aprile 2014 00:15

      Insisti sul Sud e non ti vuoi accorgere che l’antipolitica, le mafie, le massonerie, la corruzione, l’’evasione fiscale il clientelismo, sono tutti fenomeni nazionali, che riguardano l’intero popolo italiano con diversi gradi di intensità da città a città. Ma quando capirai che la Lombardia è la terza regione mafiosa d’Italia, che fascismo, leghismo, berlusconismo e grillismo sono tutti fenomeni politici deleteri nati al Nord ?

      Quando la smetterai con i luoghi comuni territoriali ? Se sei capace Trovami un paese avanzato al mondo dove lo sviluppo economico è uniformemente distribuito sull’intero territorio

    • Di (---.---.---.149) 6 aprile 2014 07:22

      Iltema è molto delicato e non va affrontato con quattro battute. Prometto un articolo ad hoc in cui rispondere a queste osservazioni

    • Di paolo (---.---.---.121) 6 aprile 2014 19:22

      O sono io che scrivo in maniera incomprensibile o sei tu che ti rifiuti di vedere la realtà .

      Il titolo dell’articolo è : Da dove vengono gli umori secessionisti del Veneto . Manca il punto di domanda perché Giannuli spiega la sua versione dei fatti , facendo una cronistoria politica .
      Ma davvero tu e Giannuli pensate che il mondo leghista sia cosi’ acculturato da trarre la loro ispirazione secessionista da una analisi storico politica della società italiana dopo l’unificazione ?
      A parte Gianfranco Miglio ,il teorico della prima ora , veramente pensate che questi trogloditi abbiano somatizzato il loro pensiero secessionista sulla base di analisi evolutive della società italiana ? State scherzando !?

      Il motivo scatenante è soltanto quello economico . I veneti e i lombardi (ma non solo ) ritengono che non sia più possibile sobbarcarsi il peso di un Sud al traino . In tempi di vacche grasse la cosa era sotto traccia ,con l’attuale crisi è esplosa e andrà sempre peggio.

      Mi chiedi di citarti un paese (partendo dall’Europa ) che abbia una totale omogeneità economica . E’ una domanda pleonastica ,senza senso . Forse la Svizzera o l’Austria ma certamente neanche la Germania ,la Francia o l’Inghilterra . Il punto però è l’entità del differenziale economico , che in Italia sta nel rapporto 1: 3 e anche 1: 4 in certe aree del paese e,soprattutto ,il fatto che nessuna nazione ( del mondo avanzato ) ha un terzo del paese fuori dal controllo dello Stato e governato da istituzioni colluse con le mafie .
      Hai fatto un mix tra leghismo , fascismo , lobbismo e fenomeni mafiosi . A parte il fascismo che ha un fondamento storico ideologico ,gli altri sono tutti fenomeni legati ad interessi economici o di controllo territoriale .
      La mafia (leggi ’ndrangheta ,camorra ecc... ) non è arrivata al Nord piovendo dal cielo e se mi citi il berlusconismo cadi dall’albero come un pero perché è legato a doppio filo con questi fenomeni , a partire dalla fondazione di Forza Italia ( Dell’Utri , Mangano ecc.... ) .
      ciao

    • Di (---.---.---.239) 7 aprile 2014 18:11

      "O sono io che scrivo in maniera incomprensibile o sei tu che ti rifiuti di vedere la realtà ."

      Né l’una né l’altra, sei tu che per tua formazione culturale sei incapace di comprendere l’approccio storico a un fenomeno socio-politico, che è l’unico in grado di porre in evidenza le cause di fondo che lo hanno generato e pertanto di individuare le giuste soluzioni.

      I trogloditi cui ti riferisci non fanno alcuna analisi storica, si sentono molto semplicemente estranei allo Stato italiano e ostili al ceto politico nazionale, su questo sentimento (in presenza anche di altri fattori contingenti) si innesta la pulsione separatista.

      Ora il problema è: come evitare lo spappolamento dell’unità nazionale italiana?

      La risposta immediata è quella di risolvere i fattori contingenti, la crisi economica, ma è una risposta che non elimina il sentimento di antipolitica di fondo, attenua e rinvia ma non risolve.

      Pertanto, capire perché in Italia l’antipolitica è così forte e radicata (diversamente dalla Francia ad esempio) e a ogni crisi esplode tragicamente con drammatica puntualità, è la condizione necessaria per poter elaborare soluzioni atte a risolvere il fenomeno una volta per tutte.

      Spero di essere stato chiaro.

       Il problema è che per te il passato è passato, morto e sepolto, ciò che conta è il presente e le interazioni che vi avvengono. Ma non è così, tutto ciò che ci circonda è il frutto del passato, capire perché nel passato si sono fatte certe scelte e non altre serve a capire il presente.

    • Di paolo (---.---.---.121) 7 aprile 2014 23:55

      Sei stato chiaro ma non sei convincente .
      Benissimo le analisi sociologiche e le interazioni storico politiche con il passato , ma il punto è che l’antipolitica , che comunque non si identifica con il secessionismo , è il frutto dell’assenza e/o del gattopardismo della politica degli ultimi decenni . Non risolvendo il problema Sud si è creato , per effetto simpatico , il problema Nord . Le pratiche politiche (volute in primis dalla DC ) di spalmare sul territorio nazionale mafiosi e ’ndranghetisti hanno inquinato regioni che non conoscevano fenomeni di questo genere . Ed è stata una chiara scelta politica voluta da istituzioni che dalle mafie ricevevano i consensi per governare .

      Per quanto concerne il secessionismo , nessuno nega che pulsioni , in determinate aree siano sempre esistite (pure la Sicilia non ne è esente ),ma a parte il fatto che è un fenomeno pur sempre ascrivibile ( per ora )ad una stretta minoranza , tuttavia non si può negare che il malessere a cui stiamo assistendo è legato unicamente a motivazioni economiche e ad una fiscalità generale che , per ragioni di equilibri nazionali , necessariamente penalizza le aree più produttive .
      E per quanto io non abbbia alcuna simpatia non mi sento neanche di accusarli di egoismo territoriale , né tanto meno di razzismo fine a se stesso.

      Ergo gli ideologi e i propagandisti del secessionismo stanno cinicamente sfruttando questo malessere per portare farina al loro sacco.
      La dimostrazione è che questi indipendentisti del Veneto come primo provvedimento intendono adottare lo "sciopero fiscale " .
      D’altra parte la prova del nove che questo fenomeno sia poco attinente al corso storico culturale e molto al dato economico contingente è il fatto che nei decenni in cui il Veneto marciava con incrementi a doppia cifra , a parlare di secessione erano soltanto quei quattro fessachiotti che conosciamo e che sanno niente di storia e cultura ma hanno cervelli fini per riempirsi le tasche.
      ciao

    • Di (---.---.---.197) 9 aprile 2014 19:01

      scusa il ritardo, ma quest’ultima risposta te la devo, poi basta (per me).

      "...l’antipolitica ... è il frutto dell’assenza e/o del gattopardismo della politica degli ultimi decenni ...". Dici.

      Non è proprio così, l’antipolitica nasce con l’unità nazionale, come effetto della mancata partecipazione delle masse popolari (eccetto i siciliani) al processo di costruzione del nuovo Stato. Guardati questo articolo e capirai il senso di questa mia affermazione. http://mafiepolitica.blogspot.it/2012/05/antipolitica.html .

      Mi sembra di avertelo già detto (ma non ricordo), ti consiglio caldamente di leggerti il saggio di storia politica italiana di Massimo L. Salvadori "Storia d’Italia. crisi di regime e crisi di sistema 1861 2013" Il Mulino. E’ una lettura scorrevole che ti dimostrerà come i fatti del lontano passato pesano sul presente e ti fornirà una straordinaria chiave interpretativa della politica italiana.

  • Di (---.---.---.239) 5 aprile 2014 15:18

    Egregio dottor Giannuli condivido la sua analisi, penso che lei abbia centrato la questione di fondo che avvelena la politica italiana sin dalla nascita dello Stato unitario: l’antipolitica. Questa nasce, come si sa, dalla esclusione di masse sterminate di contadini e proletari dal processo unitario e dall’avvento del liberalismo. Decisivo fu il ruolo deleterio della chiesa cattolica e la protervia di una piccola borghesia rapace, il cui primo tradimento fu il negare la riforma agraria ai contadini siciliani che - unici - si erano battuti in massa (costituivano la maggioranza dell’esercito garibaldini nella battaglia del Volturno) per lo Stato unitario. L’estraneità delle masse popolari al proprio Stato ha la sua origine qui e si protrarrà fino ai nostri giorni, adeguandosi alle mutate condizioni.

    Giolitti non riuscirà a eliminare l’estraneità dei cittadini italiani al loro Stato con il quasi suffragio elettorale universale, Mussolini non lo supererà con la retorica nazionalistica, la DC (e in buona misura anche il PCI) con il clientelismo sfrenato (fatto per singoli, per categorie sociali e per aree territoriali). L’antipolitica è stata la carta in più del fascismo, di Berlusconi e Lega, e oggi di Grillo/Casaleggio.

    L’analisi che lei conduce sul Veneto può essere riportata pari pari per l’Italia meridionale peninsulare e ancora più aggravata per la Sicilia. Quest’ultima è un tale groviglio di problemi che scoppierà al primo cenno di porre un freno allo sperpero del denaro pubblico che li viene operato, non nel senso di riorientare la spesa verso settori produttivi - come sta tentando l’attuale presidente - ma di drastica riduzione delle erogazioni statali.

    Riconciliare i cittadini italiani con il proprio Stato dovrebbe essere a mio avviso il centro di ogni iniziativa politica. Questo comporta una sorta di mini rivoluzione che elimini corruzione, clientelismo, mafie e massonerie occulte, oltre a una riorganizzazione della pubblica amministrazione che restituisca ai cittadini i propri diritti costituzionali.

    Le scorciatoie alla Grillo sulla democrazia diretta sono una buffonata che non serve a nulla.

    Ne servono concessioni sul piano dell’autonomia. Le regioni a statuto speciale ne hanno parecchia di autonomia, ma a che è servita???

  • Di (---.---.---.83) 5 aprile 2014 21:05

    Ma chi la dovrebbe fare questa auspicata "mini-rivoluzione", se si esclude l’unica forza politica che sta tentando di farlo senza corruzione, clientelismo, mafie e massonerie occulte? Ed in quale maniera? Forse con i carri armati leghisti?

    Alla fine, anche tu ti iscrivi di diritto alla folta schiera dei "benaltristi" di professione, di coloro che giudicano con gli occhi di chi è immerso da sempre in un’ottica di apparato e, mentre auspica una sterzata del Paese, si ostina a negare le novità vere che sono sotto i suoi occhi perchè non rientrano nei canoni della pseudo-democrazia dei partiti tradizionali.
    Vuoi cambiare la mentalità degli Italiani e pensi che si possa fare dall’oggi al domani, a colpi di decreti governativi? E giudichi buffoni chi tenta strade nuove ancorchè oneste: bisogna proprio avere occhi ed orecchie foderati di prosciutto!
    • Di (---.---.---.223) 6 aprile 2014 00:26

      E chi sarebbe il nuovo Grillo/Casaleggio ? una forza politica diretta da una coppia che mi fa venire in mente il peggior dittatore del novecento dopo Hitler, cioè Stalin ?

      E quale sarebbe la novità il ritorno alla lira per un impoverimento definitivo e così incaminarci sulla via della "decrescita felice"??

      E in quale parte del mondo è all’ordine del giorno la democrazia diretta? giusto i gonzi possono credere in una favola del genere.

      E poi sulle cose concrete lo spettacolo che sta dando il gruppo dei cittadini-deputati è semplicemente ridicolo.

      Meglio il poco che riesce a offrire Renzi che voi di M5s. Chiaro?!?!

    • Di (---.---.---.149) 6 aprile 2014 07:27

      Non appartengo al M5s ma sto iniziando a conoscerli per via delle collaborazioni in atto. Posso dire che la realtà è molto più complicata di quel che sembra ed i deputati del movimento, inizialmente molto ingenui, lo ammetto, stanno crescendo molto rapidamente. E’ giusto formulare critiche al M5s (che le merita in buona parte) però attenti ai luoghi comuni. La realtà è sempre meno netta di come spesso la si dipinge

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