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Yulia Timoshenko condannata in Cassazione a 7 anni di carcere

La corte di cassazione ucraina rigetta il ricorso dell'ex primo ministro Yulia Timoshenko, condannandola in via definitiva a 7 anni di carcere. La difesa ha inoltrato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo. 

Secondo il presidente della giuria, Oleksandr Elfimov, "i giudici sono arrivati alla conclusione che l'appello della Timoshenko in corte di Cassazione non può essere accolto".

Arrestata il 5 agosto 2011, l'ex premier e capo dell'opposizione ucraina è stata condannata lo scorso ottobre a 7 anni di prigione. L'accusa, gravissima, è di abuso di ufficio e abuso di potere. La Timoshenko avrebbe fatto pressioni riguardo la firma di un contratto di forniture di gas con la Russia

Gli accordi, secondo quanto sostiene l'accusa, avrebbero gravemente svantaggiato gli interessi dell'Ucraina a vantaggio di Mosca. La difesa, ed i numerevoli sostenitori della "lady di ferro" dell'opposizione riformista, sostengono invece che si tratti di un complotto orchestrato dall'attuale Primo Ministro, Viktor Janukovič, da sempre acerrimo rivale della Timoshenko. 

Il caso della Timoshenko è stato all'origine di una grave crisi diplomatica tra il governo di Kiev e l'Europa. La Giovanna D'Arco della Rivoluzione arancione, come viene definita dai suoi compatrioti, ha interpellato la Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha cominciato ieri la verifica del processo.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.116) 31 agosto 2012 20:21

    Con tutto il dovuto rispetto per chi si è battuto, anche a livello istituzionale, e continua a lottare affinchè la Timoshenko venga rimessa in libertà, vorrei che qualcuno mi spiegasse se rientra, in genere, nelle prerogative di un Primo Ministro impegnare, in prima persona, le finanze già abbastanza dissestate del proprio Paese, stipulando direttamente contratti di fornitura con un altro Stato, senza, tra l’altro, acquisire preventivamente neppure il consenso degli Organi istituzionali a ciò deputati dalla Costituzione ivi vigente. Ma vi immaginate cosa sarebbe successo in Italia se il Berlusca, a suo tempo, in uno dei tanti momenti di crisi di autoesaltazione, avesse di sua iniziativa stipulato accordi commerciali con il suo “amico” Putin? Magari pure vantaggiosi ma negoziati certamente senza alcun rispetto delle regole che qualsiasi Paese civile impone di osservare a garanzia del rispetto dei vari ruoli istituzionali ma soprattutto per assicurare trasparenza e legittimità all’azione di governo. Si potrà forse discutere allora sulla sola equità della pena inflitta.Viene però spontaneo chiedersi se sette anni di carcere non sarebbero richiesti anche in Italia da qualsiasi PM, a fronte di reati di una certa gravità...............Qualcuno si ricorda di “mani pulite”? Forse no. In fin dei conti, in Italia l’impunità è la regola, la condanna l’eccezione e la certezza della pena una mera chimera. Ne consegue che la memoria, facilmente.....sfuma.

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