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Vendola come Chavez: la democrazia imperdonabile

 

Quando, in seguito alla rivolta operaia di Berlino del 1953, il partito comunista della DDR (la ex Repubblica Democratica Tedesca) si dichiarò deluso da tale reazione popolare, Bertolt Brecht scrisse uno dei suoi più celebri aforismi: "poiché il governo era stato deluso dal popolo sarebbe stato necessario procedere a sciogliere quel popolo ed eleggerne un altro".
 
Se, nella vicenda di cui sopra, al posto del partito comunista si mette il PD di Bersani (e i mainstream) e al posto della rivolta berlinese si mettono le elezioni primarie recentemente tenutesi in Puglia, dove ha vinto il candidato "sbagliato", Vendola, si ottiene lo stesso quadro politico, anche se, purtroppo, non abbiamo nessun Brecht che ci apra gli occhi con un fulminante sarcasmo.
 
Al contrario, le veline della propaganda del sistema, dal Corsera a Repubblica, per non dire delle tv, ci ripetono, in tutte le salse che "non è stata capita la strategia" (Bersani), che "non abbiamo reso chiaro il messaggio dell’operazione agli elettori" (D’Alema), che si tratta di "crisi di un progetto" (S. Folli, Sole 24 Ore 26 gennaio 2010).
 
Per la Puglia, com’è noto, i vertici del Partito (sedicente) democratico (quelli che già rifiutarono la candidatura di Grillo), avevano "selezionato" (nelle stanze dei bottoni, regia di D’Alema), il futuro "candidato" alla carica di governatore nelle prossime elezioni regionali (Boccia), e avrebbero voluto precludere la ricandidatura al governatore uscente, Vendola, il quale però, non ha voluto piegarsi ai giochi di potere delle segreterie e ha preteso che a scegliere fossero gli elettori, la base, visto che la sua precedente elezione era avvenuta con l’appoggio di Prc, Verdi e associazionismo locale, e con, viceversa, l’opposizione dei burosauri della segreteria politica di quel Pds che oggi si chiama PD (meno L), per distinguerlo dal partito "avversario" ex italoforzuto e oggi PDL (cambiano solo gli acronimi... ).
 
Nichi Vendola non ha voluto farsi da parte.
 
Solo, contro gerarchi del calibro di D’Alema e Bersani. La sua politica "dal basso" contro le "grandi strategie" e le "alleanze programmatiche". Il rifiuto di posti alternativi, più confortevoli e remunerativi, più vantaggiosi.
 
Lui non ha mollato. Ha sentito che lo doveva ai suoi elettori, alla sua regione dove "in mille angoli" ha stretto "un nodo, un legame, la memoria di una battaglia" (Telese, Il Fatto quotidiano, 25 gen 2010).
 
I mainstream scrivevano che era pazzo, cercavano di ridicolizzarlo...
 
Poi Vendola, il "pazzo", ha ottenuto dal partito che il candidato fosse scelto con le elezioni e non nelle segrete stanze delle segreterie.
 
Poi Vendola, l’outsider, ha vinto delle elezioni primarie che hanno visto un record di partecipazione democratica.
 
Quella partecipazione democratica di cui i gerarchi del PD (menoL) hanno il terrore, poiché nonostante il lavaggio del cervello mediatico, non sempre la popolazione è controllabile come si vorrebbe.
 
Lo stesso Kissinger, in occasione delle elezioni cilene che videro poi vittorioso Salvador Allende, disse, in una frase divenuta poi celebre, che "non si poteva permettere che il Cile cadesse nelle mani dei comunisti per l’insipienza del suo popolo", dandoci, nel contempo, un indimenticabile esempio di cosa intenda la classe dirigente al potere coi termini "democrazia" e "libere elezioni".
 
In Italia oggi (come ieri) non è diverso.
 
Anche qui c’è il rischio che la gente "sbagli" a votare.
 
Com’è accaduto in Puglia con Vendola, dove il potere della casta potrebbe subire delle incrinature dove c’è un governatore che, mentre lo stato privatizza l’acqua, parla di eresie come l’acqua pubblica.
 
E quindi si può dire alla gente che ha sbagliato a votare. Bisogna farlo, se non si vuole perdere il potere; i media oggi servono a questo, ma bisogna saperlo fare, tra le righe: bisogna prendere la gente per mano ed istruirla, con le parole giuste.
 
A questo servono i mainstream. Per questo i direttori di testata prendono stipendi a cinque cifre.
 
 Vediamo come i mainstream traducono il concetto: "abbiamo ancora tra i piedi uno (Vendola) che potrebbe diminuire il potere e i guadagni di noi ricchi".
 
Per E-Polis, il free press del finanziere Alberto Rigotti amico di Dell’Utri e Berlusconi, "Il trionfo di Vendola manda in tilt il PD" (Garofoli pag 2, 26 gen. 2010) e Alessandra Colucci che intervista Vendola parla di "un risultato così impressionante..." (pag 4, 26 gen 2010).
 
Non si capisce se la redattrice sia stupita da una partecipazione a queste primarie più che doppia (200.000 persone) rispetto a quelle precedenti, oppure che abbia vinto chi non ha rispettato gli ukase della segreteria partitica. Forse non si capisce perché non si deve capire.
 
Per Il Sole 24 Ore "Vendola ha sfruttato con abilità lo strumento delle primarie ( ...) come arma democratica (...), col che la Puglia "rischia di rappresentare il trionfo della sinistra alternativa". Inoltre "in Puglia si cercava l’alleanza col centrista Casini e abbiamo avuto la vittoria di Vendola (...) uno psicodramma ..." (...) E’ come se tutti noi assistessimo come spettatori al declino della principale forza d’opposizione"... (S. Folli, Il Sole 24 Ore, 26 gen 2010).
 
Ecco, per il direttore dell’organo di Confindustria una consultazione popolare che non rispetti i desiderata della nomenklatura rappresenta uno "psicodramma".
 
E la vergogna di un sistema che non riesce a permettere ai gerarchi d’apparato, come nella fattispecie D’Alema, di decidere i candidati da far poi votare (ratificare sarebbe il verbo giusto) alle masse, agli occhi del custode della dottrina mainstream appare come "il declino della principale forza di opposizione".
 
Non ci sono parole!
 
Solo in un regime con un ferreo controllo ideologico come quello attuale si possono osare tali affermazioni senza tema del ridicolo.
 
Se si arriva a scrivere che il PD (meno L) fa opposizione si può scrivere qualunque cosa.
 
Il regime dell’egoarca sta smantellando la Repubblica, vuole persino cambiare la Costituzione, senza che il PD muova un dito. Dove sarebbe l’ "opposizione" di cui parla Folli?
 
Ma si deve mantenere la finzione democratica. A questo servono i mainstream. Altrimenti le monadi catodiche potrebbero cominciare a dubitare e poi, forse, a capire e il regime comincerebbe a sgretolarsi.
 
Del resto la coerenza de Il Sole 24 Ore è quella di chi predica il liberismo più sfrenato e poi prende i finanziamenti pubblici per l’editoria. Nei fatti, capitalismo per gli altri e socialismo per loro. Nei loro dotti elzeviri l’esatto contrario.
 
E-Polis e Il Sole 24 Ore: due esempi di un coro vergognosamente unanime, come si addice ad una vera comunicazione di regime, (con le trascurabili eccezioni de Il Fatto e de Il Manifesto).
 
Il quadro generale può far meglio comprendere perché la voce della base risulta al regime così "impressionante".
 
Com’è noto, la casta politica si sta preparando per un appuntamento elettorale, quello che vedrà, tra pochi mesi, competere nelle elezioni regionali i due maggiori partiti nazionali (PDL e PD meno L) più l’Udc, detrito residuale del notabilato DC che, "ceppalonicamente", conta di allearsi un po’ a destra e un po’ a sinistra, con la coerenza che le è propria, a sottolineare che la politica non è occupazione del potere bensì onestà intellettuale e morale, sacrificio, idealismo, saldi principi. Quei principi che una limpida tradizione politica da Andreotti (processato per mafia) a Cuffaro (condannato per mafia), passando per Salvo Lima (ex trait d’union tra Dc e mafia), stanno lì a ricordarci quali interessi rappresenta l’Udc.
 
Nel panorama politico italiano con il referendum del 1993 si è voluto scimmiottare il sistema elettorale anglosassone e passare da una tradizione proporzionale ad un sistema prevalentemente maggioritario. Nelle intenzioni dei proponenti si voleva una maggiore "governabilità", che, tradotto, significava un maggiore potere sui partiti, maggiore potere sulle correnti, maggiore potere sui parlamentari. Maggiore potere tout court (e minore rappresentanza parlamentare).
 
E, detto per inciso, a tale regola sfuggono le primarie. Ecco perché la casta politico-mediatica strilla tanto quando è costretta a subire tali elezioni non "normalizzate" dal sistema.
 
Da alcuni autori tale involuzione democratica è stata definita magistralmente come "bonapartismo" (Losurdo, 1993).
 
Poi è arrivato il (secondo) Cavaliere e dai plebisciti in Piazza Venezia siamo passati al televoto Mediaset. Una notevole maturazione democratica.
 
Gia nell’antica Roma si sapeva che "tutte le repubbliche degenerano in tirannie". Ciò che è accaduto in Italia, dove il cosiddetto "monopartitismo competitivo" va sempre più consolidandosi.
 
Le élites al potere nel Belpaese hanno approfittato del crollo della cosiddetta Prima Repubblica per instaurare, la cosiddetta "Seconda Repubblica" (scimmiottando qui i cugini d’oltralpe).
 
La più significativa differenza tra le due l’ha data Beppe Grillo quando ha detto che "nella Prima Repubblica i politici diventavano ladri mentre nella seconda i ladri diventano politici".
 
Aggiungerei che nella "repubblica" attuale di "repubblicano" non c’è quasi più nulla.
 
Tremonti, per fare un esempio paradigmatico, ha recentemente privatizzato anche l’acqua e la gestione della "cosa pubblica" è quanto di più opaco, nepotistico e antidemocratico si possa immaginare.
 
Si ricordi poi che in Italia il 95% dei mainstream (tv e cartacei) sono in mano a oligarchie politico-economiche e per di più a libro paga del regime stesso (canoni e/o finanziamenti all’editoria), per non parlare del sesquipedale conflitto d’interessi del plurinquisito a capo del governo, un caso quasi unico al mondo.
 
Si rifletta sul fatto che nella penisola la casta al potere ha recentemente tolto nelle elezioni generali la "preferenza". Quindi attualmente si votano solo delle segreterie, dei gruppi di potere élitari dove a decidere chi siederà nelle assemblee come il Parlamento sono i capi di tali gruppi e non gli elettori, il "gregge confuso" (Lippmann) che va educato e condotto dai leader.
 
E sempre Lippmann, nella "teoria progressiva della democrazia" affermava che nel sistema cosiddetto democratico vi sono due classi di cittadini; coloro che pensano e prendono decisioni e gli spettatori che, periodicamente, possono dare il loro consenso a qualche esponente della prima categoria e poi devono tornare al loro ruolo di spettatori.
 
Lippmann, come ci ricorda Chomsky  ("Il potere dei media", Vallecchi 1994), sostiene che "se lasciamo che la maggioranza ignorante e intrigante interferisca negli affari pubblici avremo seri problemi".
 
Per questo i vertici del partito non volevano le primarie pugliesi. Per l’attuale regime le masse popolari sono un pericolo, la partecipazione popolare una calamità, un leader (come Vendola) che appoggi le istanze della base un traditore.
 
Come ci ricorda Travaglio (Il Fatto, 25 gen 2010), Michele Vietti dell’Udc ha dichiarato che "Il PD o abolisce le primarie o si suicida". Non sappiamo a quale titolo egli si arroghi il diritto di insegnare la democrazia agli altri partiti ma il suo linguaggio è illuminante sulla sua concezione della stessa: una concezione diciamo "kissingeriana" applicata però al suo stesso paese.
 
Essere più reazionari del macellaio dell’Indocina americano è un’impresa che è riuscita a pochi, ma non al gerarca dell’Udc. Peccato che tali illuminanti frasi non siano sulle prime pagine dei mainstream.
 
E’ quindi evidente, ad una anche alla più semplice delle analisi, che in Italia, oggi, non c’è nulla né di repubblicano né di democratico.
 
Ed è anche evidente perché i mainstream fingano stupore e sorpresa di fronte ad una manifestazione democratica partecipata ed attiva come le primarie.
 
Viene da domandarsi solo come possa la gente tenere ancora una tv in casa, comprare i quotidiani (sempre meno, per la verità) e recarsi a votare.
 
Ho un ricordo recente di Nichi Vendola, un ricordo di parole che mi hanno colpito per il coraggio e la chiarezza.
 
A chi gli chiedeva sulla disponibilità della Puglia allo sciagurato nucleare governativo prossimo venturo, rispondeva che "finché io sarò governatore, per fare le centrali nucleari in Puglia serviranno i carri armati".
 
Parole che mi riportarono alla mente quelle di un altro grande leader popolare, che ha vinto una dozzina di elezioni in dieci anni e che ha rinazionalizzato metà del suo Venezuela, per arricchire il suo popolo invece delle multinazionali straniere: parlo di Hugo Chavez, che, in una conferenza stampa, all’indomani dell’ennesima nazionalizzazione, alla domanda del giornalista che gli chiedeva se non temeva per le eventuali ripercussioni sulla borsa, rispondeva testualmente: "Cadrà la borsa, non il Venezuela".
  
Laggiù è da più di un decennio che il popolo venezuelano continua a "sbagliarsi", ma solo dal punto di vista dei mainstream occidentali.
 
Certo, Chavez e Vendola sono difficilmente comparabili eppure, sulle cose importanti, sui principi, sugli ideali, mi paiono molto vicini. Credo che se si incontrassero si capirebbero con uno sguardo.
 
Potremmo dire, parafrasando Chavez: "cadrà il PD, non le istanze di giustizia sociale, di uguaglianza, di dignità", che gli uomini come Vendola rappresentano.
 
E finché ci sono uomini come Nichi Vendola che, mentre tutti gli altri si chinano a dire di sì, non mollano e restano in piedi a difendere il loro no, forse c’è ancora speranza.
 

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